Dan Vèlèa

Bigoressia: quando lo sport dà dipendenza

Da una ventina d’anni articoli scientifici e divulgativi si concentrano sul tema delle dipendenze non legate al consumo di sostanze.

Bigoressia: quando lo sport dà dipendenza

Negli anni Novanta l’idea faceva sorridere molti, ma in seguito ha trovato conferma nella ricerca internazionale. Oggi si parla regolarmente di dipendenza dal gioco, da Internet e anche dallo sport, di cui mi sono occupato in diversi lavori.

La bigoressia, la dipendenza dall’esercizio fisico, viene definita dallo psichiatra William Glasser “dipendenza positiva” per distinguerla dalle “dipendenze negative” come l’alcolismo e le tossicodipendenze. Un’attività fisica come il jogging diventa una vera e propria dipendenza quando è praticata al di là dei limiti posti naturalmente dallo sforzo, dalla noia, dalla stanchezza.

L’OSSESSIONE DI ESSERE BELLI

Attualmente il concetto è confermato sia dalla ricerca scientifica, sia dalla testimonianza di sportivi che si riconoscono in questa descrizione. L’aspetto compulsivo della pratica atletica è rinforzato da vari fattori. La liberazione di endorfina procura una sensazione di benessere, un’euforia spesso descritta dai maratoneti.

Come in tutte le dipendenze, si attiva il sistema cerebrale della dipendenza dopaminergica. Anche l’autostima è rafforzata, quando lo sportivo prende coscienza delle sue prestazioni e della sua capacità di resistenza. Inoltre, è gratificato dalle modificazioni fisiche prodotte dall’esercizio. La dismorfofobia, paura ossessiva di essere brutto, è un disturbo comune, per esempio, fra chi pratica il body-building. Nella dipendenza all’ultimo stadio l’esercizio diventa compulsivo. Il soggetto perde totalmente il controllo della pratica fisica, che dilaga senza freno. 

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Questo articolo è di ed è presente nel numero 253 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui