Giuseppe Riva

Gli psicologi del futuro: il ruolo crescente delle nuove tecnologie

Vediamo insieme gli scenari che si profilano sull’evoluzione della figura dello psicologo in una realtà sempre più sospesa tra virtuale e materiale.

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Da quasi trent’anni la psicologia in Italia è una professione protetta, ossia riservata agli iscritti a un albo professionale. E nel primo articolo della Legge 56/89, che ha riconosciuto l’esclusività della professione psicologica, ne troviamo chiaramente definiti i confini: «La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito». 

Eppure, nonostante la chiarezza di questa definizione, essere psicologi oggi è molto diverso da quello che era trent’anni fa, e sarà ancora diverso per gli studenti che iniziano ora il loro percorso di formazione. Che cosa è cambiato e cambierà ancora? ll ruolo crescente della tecnologia nella nostra vita quotidiana. Secondo gli ultimi dati di comScore, oltre 39 milioni sono utenti di Internet.

E ciascuno di loro utilizza Internet su PC per una media di 6 ore al giorno, mentre in media altre 2 ore sono passate usando Internet dal proprio cellulare. Ovviamente un uso così massiccio delle tecnologie digitali sta portando a cambiamenti significativi nel modo di comunicare, relazionarsi, lavorare, studiare, giocare e fare acquisti. 

NUOVE SFIDE PER LO PSICOLOGO

Perciò la prima sfida dello psicologo del futuro è quella di comprendere i cambiamenti in atto, per valutare e sostenere gli individui all’interno di questi nuovi contesti. Infatti, accanto a problemi classici, come i disturbi d’ansia, lo psicologo del futuro dovrà essere in grado di diagnosticare e proporre soluzioni per problemi nuovi, come il cyberbullismo e la dipendenza da Internet, da videogiochi o da giochi d’azzardo online.

Ma lo psicologo del futuro non deve solo comprendere la tecnologia, bensì anche utilizzarla efficacemente nella propria pratica quotidiana. E qui, probabilmente, nascono i problemi maggiori. La psicologia è sempre stata un’attività relazionale, in cui la spinta alla riflessione e al cambiamento nasce all’interno della comunicazione profonda tra psicologo e utente.

Tuttavia oggi, sempre di più, anche questo processo comunicativo si sviluppa attraverso le nuove tecnologie. Come sottolineato nel recente documento «Digitalizzazione della professione e dell’intervento psicologico mediato dal web» redatto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi - CNOP, la tecnologia permette già di separare l’intervento psicologico dalla compresenza fisica dei soggetti interagenti, mediante l’erogazione online delle prestazioni psicologiche.

Questa nuova situazione, che non è stata prevista dal legislatore trent’anni fa, ha spinto l’Ordine degli Psicologi ad aprire un dibattito tra i propri membri su due dimensioni: la verifica dell’efficacia di tale approccio e la necessità di definire delle linee guida per tali interventi.

Per quanto riguarda la prima dimensione, la verifica dell’efficacia, esistono numerosi lavori scientifici che supportano l’intervento psicologico online. Per esempio si veda la recente review di Andersson, che riassume i risultati di oltre 100 trial clinici effettuati tramite piattaforme web.

Per la seconda dimensione, preso atto della mancanza di indicazioni generali in grado di supportare il lavoro online dello psicologo, il CNOP ha elaborato delle linee guida proprie, riassunte in 15 articoli, che affrontano le dimensioni di adeguatezza, competenza, aspetti legali, riservatezza, consenso e gestione delle crisi degli interventi psicologici offerti online. In quest’ottica, lo psicologo del futuro non potrà prescindere dalla conoscenza delle tecnologie di terapia online e dei processi necessari per potersene avvalere correttamente ed efficacemente.

Ma lo psicologo del futuro dovrà affrontare una nuova sfida: quella delle tecnologie cognitive, come intelligenza artificiale, robotica, realtà virtuale e realtà aumentata, che richiederanno un ulteriore cambiamento nel modo di proporre i processi di sua competenza, come la prevenzione, la diagnosi o le attività di riabilitazione e di sostegno. In effetti, analizzando i prodotti e servizi di molte società tecnologiche – da IBM a Google – è possibile notare una serie di offerte commerciali che nei prossimi anni potrebbero avere un impatto significativo sulla professione psicologica.

TECNOLOGIE COGNITIVE E PSICOLOGIA

Un esempio è Watson, la tecnologia cognitiva realizzata da IBM. Watson nasce nel 2005 come tentativo di creare un’intelligenza artificiale in grado di rispondere direttamente a domande non strutturate, come quelle presentate nel gioco a quiz “Jeopardy”, una specie di “Chi vuol esser milionario” americano.

Attraverso dieci anni di sviluppo e oltre un miliardo di dollari di investimento, oggi Watson integra al suo interno una serie di strumenti di analisi del linguaggio naturale (Natural Language Processing - NLP), strumenti per l’analisi statistica di dati non strutturati e strumenti di intelligenza artificiale accessibili per mezzo di un’interfaccia visuale di tipo grafico.

Sono moltissime le applicazioni disponibili, a cui dal 2016 si è aggiunto uno strumento specifico per la valutazione psicologica: Personality Insight. La brochure di presentazione lo descrive in questo modo: «Ottieni ritratti dettagliati della personalità. Utilizza l’analisi linguistica per comprendere le caratteristiche della personalità degli individui, inclusi Big Five, bisogni e valori, dalle comunicazioni digitali come e-mail, blog, tweet e post sul forum».

In pratica, Personality Insight, a partire da un testo non strutturato di 500-1000 parole (è in grado di fornire un responso a partire da 100 parole), è capace di dare un profilo di personalità basato sulle stesse variabili del Big Five Questionnaire, il classico test di personalità usato quotidianamente da migliaia di psicologi. Per avere personalmente un’idea della qualità dell’analisi è possibile provare gratuitamente il servizio qui.

A differenziare Personality Insight dalla versione classica del Big Five Questionnaire sono due fattori chiave. Il primo è la possibilità di ottenere il profilo di personalità senza l’intervento attivo del soggetto. Infatti, è possibile avere una valutazione a partire da un qualsiasi testo prodotto dall’utente, compresi testi presenti online. L’unica limitazione al momento è il linguaggio del testo – inglese, spagnolo o coreano –, ma l’italiano è previsto per la metà del 2018. Il secondo fattore è il costo. Se un profilo completo realizzato mediante il questionario costa 50 euro, Personality Insight lo offre a meno di 10 centesimi.

Watson è solo uno degli strumenti in grado di effettuare in maniera automatica una valutazione di tipo psicologico. Un altro esempio sono i Servizi cognitivi di Microsoft , che a costi irrisori e senza richiedere competenze psicologiche sono in grado di svolgere compiti di valutazione complessi, come l’analisi del contenuto o delle emozioni.

In particolare, i Servizi cognitivi sono capaci di analizzare in tempo reale sia testi che immagini o video e di riconoscere i contenuti presentati, incluse le emozioni dei soggetti tramite l’analisi delle espressioni facciali o l’analisi semantica dei testi. È possibile provare personalmente la capacità del sistema di intelligenza artificiale nel riconoscere le espressioni facciali e le emozioni ad esse collegate qui

Accanto al mondo della valutazione psicologica, le tecnologie cognitive cominciano ad avere un ruolo importante anche nell’ambito del supporto psicologico. Un primo esempio è Woebot , un’app che integra un “bot” (programma simulante le capacità conversazionali di una persona) preposto ad ascoltare, comprendere e rispondere alle domande di un utente, con l’obiettivo di monitorare e migliorare gli stati emotivi.

Creato da una serie di psicologi dell’Università di Stanford e basato su diverse tecniche cognitivo-comportamentali, di recente è stato testato in un trial clinico controllato che ne ha verificato l’efficacia nel ridurre i livelli di ansia e depressione in un campione di studenti. Dietro i consigli e gli strumenti forniti da Woebot non c’è l’intervento in tempo reale di uno psicologo, ma solo l’attività di un complesso sistema di intelligenza artificiale. Se Woebot è un’app che comunica con l’utente solo attraverso il testo, esistono anche strumenti più avanzati in grado di colloquiare con l’utente attraverso il linguaggio vocale.

UN TERAPEUTA VIRTUALE

Il più interessante è forse SimSensei, prototipo realizzato dall’Institute for Creative Technologies per il Ministero della Difesa degli Stati Uniti. SimSensei integra la realtà virtuale con l’intelligenza artificiale per realizzare un vero e proprio terapeuta virtuale capace di effettuare un colloquio preliminare con i veterani di guerra a rischio di stress post-traumatico. Il risultato finale è stupefacente, come si può vedere in questo video disponibile su Youtube.

Il sistema non solo comprende perfettamente il linguaggio naturale, ma è in grado di analizzare efficacemente la comunicazione non verbale, riconoscendo automaticamente le espressioni facciali e i cambiamenti nello sguardo e nel tono di voce. SimSensei, oltre a comprendere il soggetto, utilizza un motore cognitivo per fornire un supporto individualizzato che tiene conto delle risposte del soggetto e del suo stato emotivo.

Questi strumenti e la loro crescente diffusione mostrano chiaramente come le tecnologie cognitive pongano agli psicologi del futuro molte domande: dal ruolo dello psicologo nei processi di assessment e supporto psicologico alle modalità di creazione di nuovi strumenti di valutazione e intervento.

Da una parte, le tecnologie cognitive sembrano relegare lo psicologo del futuro a un ruolo marginale: Watson consente a qualsiasi soggetto, inclusi i non iscritti all’albo degli Psicologi, di ottenere una valutazione psicologica immediata. Mentre sia Woebot che SimSensei offrono una forma di supporto psicologico digitale che non prevede in alcun modo l’intervento dello psicologo.

In realtà, come sottolineato recentemente da numerosi studi, questi strumenti possono rivelarsi un’opportunità per gli psicologi del futuro. Una serie di ricerche hanno infatti mostrato che l’uso di app e di servizi automatizzati non restringe ma allarga gli utenti interessati a un supporto psicologico. Infatti, vengono usati principalmente da utenti che comunque, nella maggior parte dei casi, non si sarebbero rivolti a uno psicologo in carne e ossa.

Non solo: la maggior parte di queste applicazioni hanno una maggiore efficacia quando proposte in modalità “blended”, cioè associando il supporto automatizzato a quello di uno psicologo in grado di motivare il soggetto e di sostenerlo nelle fasi più difficili dell’intervento. 

Dall’altra parte, per lo psicologo in grado di conoscere e impiegare le tecnologie cognitive si apre la possibilità di creare strumenti di valutazione e intervento del tutto nuovi, maggiormente ecologici e meno invasivi. Ciò però richiede al sistema formativo, e in particolare alle università e alle scuole di psicoterapia, la capacità di integrare la comprensione e lo studio di questi strumenti all’interno dei propri curricula formativi. Tuttavia, le sfide da affrontare non sono poche.

Da un lato, non è facile modificare esami e programmi dei diversi corsi di laurea che sono definiti a livello centrale. Dall’altro, la maggior parte degli psicologi, e di conseguenza anche dei docenti di psicologia, non ha elevate competenze tecnologiche e in tanti casi non conosce nemmeno le potenzialità offerte dalla terapia online e dalle tecnologie cognitive.

Non è un caso che all’interno dell’offerta attuale dei corsi di laurea in Psicologia ci sia una sola laurea magistrale a includere esplicitamente le tecnologie nel titolo e nel proprio programma di studi: la laurea in “Psicologia per il benessere: empowerment, riabilitazione e tecnologia positiva” dell’Università Cattolica di Milano.

È peraltro probabile che la situazione cambierà nei prossimi anni. Se ciò accadrà, lo studio dell’intelligenza artificiale e della comunicazione digitale potrebbe presto accompagnare nei piani di studio degli psicologi del futuro materie classiche come psicologia clinica e psicologia sociale.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 267 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui