Anna Oliverio Ferraris

Storia di un transfert

Il primo incontro è un momento cruciale per l’inizio di una psicoterapia: se si crea un transfert negativo, essa rischia di interrompersi prima di cominciare.

Storia-Di-Un-Transfert.jpg

Fin dalle prime battute, lo psicoterapeuta si rende conto che non sarà facile interagire con la coppia che ha di fronte. Pur non essendo un principiante, si domanda, preoccupato, se riuscirà a gestire il transfert.

Lei, esagitata nella voce, nei gesti e nella mimica del viso, accusa il marito di averta tradita con una «sgualdrina da quattro soldi». Lui, sforzandosi di tenere un tono di voce basso, ma muovendo una mano come se stesse allontanando una mosca fastidiosa dal viso, non fa che ripetere: «È stato un episodio senza importanza… acqua passata… finito, tutto finito».

Questo suo modo minimizzante di interloquire irrita la moglie che, rivolta al terapeuta, spiega che, sì, la cosa è finita, anche grazie a lei che, esasperata, ha affrontato quella donna un giorno al mercato sotto casa, ma che lei continua a immaginarsi i due a letto insieme: un’immagine da cui non riesce a liberarsi. Senza contare che, abitando nello stesso quartiere, le capita spesso di incrociarla per strada. Anche se continua ad amare suo marito, la donna non riesce a dimenticare e men che meno a perdonare.
«Se non me ne importasse più niente, mi separerei e basta» afferma mentre col dorso della mano si asciuga una lacrima. «Non capisco come sia potuto accadere. Tutto filava liscio, tra noi, anche a letto; ma lui si è messo con quella, che, tra l’altro, è pure brutta, oltre che antipatica. Mi spiace di non avere una foto di quella donna, così anche lei, dottore, si renderebbe conto con chi è andato a fornicare mio marito».

Il marito non dà spiegazioni, ma è palesemente sulle spine. E quando il terapeuta si rivolge a lui per sentire l’“altra campana” esordisce con tono brusco, quasi offensivo: «Mi ci ha portato lei, qui. Io non ci sarei mai venuto. È contrario alle mie convinzioni. Non vedo il motivo per cui dovrei raccontare i miei fatti privati a uno sconosciuto. Mi scusi», continua con un sorrisetto ironico, «ma lei non ci conosce, non sa nulla della nostra vita, come può giudicare?».

«Potrò giudicare quando avrò più elementi. Cerchi di darmi lei qualche elemento in più; di illustrarmi il suo punto di vista» ribatte il terapeuta con tono conciliante. «Che cosa è successo tra voi? Condivide il racconto di sua moglie?».

«Sono pettegolezzi… cose senza importanza. Cose di cui non vale la pena parlare».

«Pettegolezzi?» interviene la moglie inviperita, a queste parole. «Mi ha tradita platealmente, nel quartiere lo sanno tutti, e lui lo chiama pettegolezzo?».

«Be’, allora diciamola tutta» sbotta lui. «Per anni sei uscita con le tue amiche e i tuoi amici mentre io restavo solo a casa. Dicevi che andavi a giocare a carte, ma non ho mai capito bene con chi ti incontravi veramente…».

«Chi vuoi che incontrassi? Amici a cui piace giocare a burraco, un gioco che tu hai sempre detestato» ribatte lei con tono tagliente.

«Quanto tornavi a casa eri troppo su di giri per aver passato una serata soltanto a giocare a burraco. Bevevi, anche, e puzzavi di fumo. Pensi che non mi sia accorto che avevi un debole per quel tizio che ti telefonava?».

«Ma quale tizio?! E perché non hai mai detto nulla? Solo ora ti lamenti?». Poi, rivolgendosi al terapeuta: «Lo vede, dottore, com’è mio marito? Cerca di ritorcere tutto contro di me e di farmi sentire in colpa per non doversi sentire in colpa lui. Si difende accusandomi».

Ne nasce un battibecco violento in cui entrambi cercano di colpevolizzarsi a vicenda. Sembra che non abbiano nessuna intenzione di cercare una via d’uscita. O comunque non ci riescono. È come se si fossero cristallizzati in un mare di accuse reciproche, senza però che né l’uno né l’altra manifestino chiaramente l’intenzione di separarsi. Anzi, non perdono occasione per ribadire, sia lei che lui, di amarsi ancora. «Nonostante tutto».

Nell’ascoltarli mentre si riversano addosso rimproveri e accuse, il terapeuta ha la netta sensazione che si stiano coalizzando contro di lui, o meglio contro la situazione terapeutica che li porta a dare il peggio di sé. Essi si trovano infatti nella situazione, per loro umiliante, di due adulti che, non riuscendo a risolvere i propri problemi di coppia, sono costretti a chiedere aiuto a una terza persona: una condizione psicologica che man mano li porta a rivolgere contro il terapeuta i propri risentimenti.

Come uscire da questa impasse? si domanda il terapeuta. Come aiutarli? Come evitare che il transfert negativo della coppia nei suoi confronti ponga fine alla terapia prima ancora d’iniziare? Se i due restano in questa posizione di reciproche accuse per tutta la seduta, è molto probabile che non ci sarà un secondo incontro: non tanto per volere di lei, che ha sollecitato l’intervento, quanto soprattutto da parte di lui, che lo ha svalutato fin dalle prime battute.

Nel tentativo di contrastare i sentimenti negativi – umiliazione, diffidenza, colpevolezza – e al fine di instaurare un clima di fiducia nei suoi confronti, il terapeuta decide di capovolgere la situazione, di spezzare cioè quel circolo vizioso di accuse reciproche da cui i due sembrano incapaci di uscire. Lo fa invitandoli a riferire quello che di buono c’era nella loro vita di coppia prima che le nubi della colpa e della gelosia si addensassero su di loro e provocassero quel cataclisma da cui ora non sanno come liberarsi.

Dopo qualche esitazione, prima lei e poi lui cominciano a raccontare di attività e progetti condivisi. Di gusti in comune e di una buona intesa sul piano sia fisico che intellettuale. Piano piano emerge un’altra coppia, di cui entrambi vanno fieri, ben diversa da quella che tra mutue accuse hanno rappresentato fino a quel momento. Via via che parlano degli aspetti positivi della loro vita in comune, l’atmosfera si fa progressivamente più distesa e l’ostilità nei confronti del terapeuta diminuisce fino a scomparire. Ora che hanno la percezione di avere riacquistato la propria dignità agli occhi di costui, sono meno diffidenti verso di lui e più disposti a iniziare un percorso di collaborazione.

Fisseranno un secondo appuntamento e la terapia potrà così avere inizio.

 

Anna Oliverio Ferraris, docente universitaria, scrittrice, psicoterapeuta, collabora con questa rivista dal 1975. Scrive sulle riviste Mind, UPPA, Conflitti e tiene la rubrica «Gli anni della crescita» sulle sue pagine Facebook. Pubblicazioni recenti: Chi manipola la tua mente? (Giunti); Più forti delle avversità (B&B); Piccoli bulli e cyberbulli crescono (BUR); Tutti per uno (Salani), un romanzo che parla di un gruppo di adolescenti in psicoterapia.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 272 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui