Philip Zimbardo

La sessualità ai tempi di Internet

Più i giovani vivono il loro primo approccio con i sentimenti e il sesso nel cyberspazio, e meno si formano alla realtà e alla magia di due corpi che si toccano.

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Computer e smartphone rivestono un ruolo sempre più centrale nella nostra vita, al punto che è ormai difficile affrontare una giornata (o anche solo immaginare di farlo) senza questi “fedeli compagni”. Prolungamenti del sé, strumenti attraverso i quali monitorare e presenziare: questi oggetti, sofisticati e belli a vedersi, sono sicuramente un po’ tutto ciò. Oggetti che crediamo di possedere, ma che in realtà finiscono col gestirci – in molti casi, purtroppo, senza che di questa nuova forma di schiavitù ci sia reale consapevolezza. Se tutto questo è vero per la stragrande maggioranza delle persone, ancor di più lo è per i giovani, specie per quelli di sesso maschile. Per loro, il computer e lo smartphone rappresentano – oltre a quanto già accennato – anche molto altro, porte d’accesso a un mondo virtuale sentito come protettivo, luogo sicuro in cui ritirarsi per un tempo sempre più lungo. Nel virtuale, infatti, non c’è minaccia, non è necessario avere particolari competenze relazionali. Tutto è di facile e immediata accessibilità, e spesso anche in maniera gratuita. Gli amici sono lì, alcuni sono tali anche nella realtà, mentre altri li si conosce solo in maniera virtuale, per cui uscire di casa significherebbe, paradossalmente, ritrovarsi in giro da soli. 

Il cyberspazio seduce, inoltre, perché non ha regole, o perlomeno ne ha molte meno di quelle imposte dalla realtà sociale, consentendo una gestione del tutto autonoma del tempo e delle attività. Tipicamente, un adolescente trascorre diverse ore al giorno al computer o davanti allo smartphone – nei casi più severi, la letteratura psichiatrica parla di Internet Addiction Disorder, cioè di Dipendenza da Internet – girovagando su Facebook, chattando e giocando, in un passaggio dall’una all’altra attività che potremmo definire compulsivo. 

La conoscenza di questo trend potrebbe già da sola essere sufficiente a generare un certo allarme circa il benessere dei più giovani e le prospettive della nostra società. Tuttavia, a destare particolare preoccupazione è il rapporto che i ragazzi hanno con la pornografia all’interno del cyberspazio. Accedere a contenuti pornografici oggi è estremamente facile, al punto che per molti l’incontro con la “sessualità” avviene in età precoce, mediato dall’infinito materiale esistente in Rete. Una sessualità che ovviamente si presenta monca di sentimento e sensualità, e che si eleva a parametro di riferimento per chi, come un giovanissimo, non ha in repertorio esperienze altre. I nativi digitali, molti di loro almeno, in quelle immagini vedono “la realtà”. Quel tipo di sessualità, come in una sorta di imprinting, diventa “la sessualità”. I ragazzi credono che tutto ciò che osservano sia la norma – dalle dimensioni del pene alla frequenza dell’atto sessuale –, interiorizzando un modello di “homo eroticus” certamente lontano dal vero. Un modello con il quale non si può competere, e per questa ragione generatore d’ansia. Cosa non meno grave, i giovani finiscono presto col pensare che le ragazze, come quelle dei video, abbiano quei desideri e si approccino al maschio in quel modo. La sessualità diventa l’ennesimo ambito in cui fare a gara e dimostrare qualcosa, a se stessi prim’ancora che agli altri. Consequenziale è l’insorgere, in molti casi, di problematiche sessuali già in età adolescenziale.

In questa immersione totale nel cyberspazio, come dicevamo quotidiana e prolungata, i ragazzi non hanno modo di esercitarsi per imparare le competenze di base della comunicazione sociale, non hanno la possibilità di affrontare le paure e i rischi di un “no” da parte di una ragazza, non si allenano a flirtare, non hanno modo di provare il batticuore che tipicamente accompagna la richiesta di un appuntamento. Analfabeti sociali e sensuali, questi ragazzi temono di essere respinti, possibilità che naturalmente nel cyberspazio non esiste, per cui preferiscono andare sul sicuro della pornografia e del sesso virtuale. Si chiudono, insomma, facendo crescere la già folta schiera dei timidi sociali. L’ansia del confronto e la voglia di dimostrare sono invece dietro l’angolo per coloro i quali dovessero vivere realmente la propria sessualità. Il piacere e la magia dello scambio sessuale diventano in questi casi poco più di un epifenomeno. 

Al cospetto di tale scenario, presente in ogni Paese del mondo in cui esista un libero accesso a Internet, in che modo è possibile intervenire per aiutare i giovani a venir fuori dalle sabbie mobili del virtuale? Cosa fare per far sì che vivano un sano processo di crescita emotiva e relazionale pur in un’epoca in cui non si può più prescindere dall’utilizzo del computer e dello smartphone? Posto che non si tratta di una problematica che nasce all’interno dell’individuo, ma nel più ampio sistema sociale – e che, sottolineiamolo, non riguarda la totalità dei giovani ma una loro significativa parte –, in quali zone della società bisogna muoversi per provare a cambiare marcia? 

Quel che è certo è che la scuola, come fondamentale agenzia educativa, ha in questo senso un ruolo di primaria importanza. Lontano dal limitarsi a veicolare concetti, essa dovrebbe anche introdurre i giovani al tema della sessualità. Non è azzardato affermare che, insieme a figure genitoriali non sempre presenti (su un piano fisico e/o emotivo), la scarsa attenzione mostrata dalla scuola nei confronti dell’educazione sessuale è da annoverare oggi tra le principali cause del ritirarsi dei ragazzi nel mondo virtuale. Attualmente troppo poco viene fatto per prepararli in un ambito della loro vita di sicuro tra i più delicati e importanti. L’insegnante dovrebbe essere posto al centro di un continuo dialogo con gli studenti, un dialogo aperto al confronto e all’ascolto dei dubbi e delle nuove problematiche che emergono nel corso della crescita. Non basta che qualcuno, sensibile al tema, per iniziativa personale sacrifichi parte delle proprie ore per discutere di sessualità. Una simile modalità educativa dovrebbe da eccezione diventare regola, considerato che in gioco c’è non solo il benessere dei nostri figli, ma, come dicevamo, anche il futuro della nostra società.

Philip George Zimbardo, professore emerito all’Università di Stanford, è uno psicologo statunitense noto a livello internazionale. Tra i suoi ultimi libri tradotti in italiano, L’effetto Lucifero. Cattivi si diventa? (Raffaello Cortina Editore, 2008).

Salvatore Cianciabella, psicologo e formatore, è autore di articoli scientifici e volumi. 


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Zimbardo P., Coulombe N. (2015), Maschi in difficoltà. Perché la nuova generazione ha sempre più problemi e come fare per aiutarla (ed. it. a cura di S. Cianciabella), Franco Angeli, Milano, in corso di stampa.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 259 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui