Giuseppe Castellani

Le malattie ambientali: sindromi in via di definizione

Vediamo alcune caratteristiche e alcuni risvolti psico-giuridici delle cosiddette malattie ambientali, così denominate per il rapporto che hanno con l’inquinamento.

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La Sensibilità Chimica Multipla (MCS) o sindrome immuno-neurotossica ambientale, la fibromialgia, la Sindrome da Fatica Cronica (CFS) – chiamata anche encefalomielite mialgica – e l’elettrosensibilità fino a pochi anni fa erano annoverate tra le malattie rare, per la loro ridotta incidenza nella popolazione generale; da qualche anno sono indicate invece con l’espressione Malattie Ambientali (MA, tornando così a una prima definizione di quella che sarebbe poi diventata la “MCS”, coniata nel 1956 dall’allergologo statunitense Theron Randolph) per il riferimento diretto che tali patologie hanno con l’inquinamento e per l’aumentata presenza epidemiologica. In effetti, poiché è ancora aperta la disputa tra chi le considera come un prodotto squisitamente psicopatologico, ossia l’espressione di un disturbo all’origine psichiatrico che riverbera i suoi conflitti organicamente, e chi sostiene invece l’ipotesi di danno derivato da una pluralità di fattori, tra cui quelli genetici, abbiamo più denominazioni per la stessa malattia, a indicare che la questione eziologica non si è ancora risolta in via definitiva.

 I DANNI NEUROPSICOLOGICI 

Le malattie citate hanno in comune alcune caratteristiche sintomatiche, tra le quali spiccano i danni neuropsicologici che convergono in difficoltà della memoria (soprattutto di quella a breve termine), dell’attenzione, della capacità di concentrazione, fino ad arrivare, nelle forme più gravi e di maggior durata temporale, anche a deficit delle funzioni esecutive. Il meccanismo patogenetico di tali alterazioni potrebbe risalire a una ipereccitabilità dei neuroni centrali attraverso vari neurotrasmettitori sinaptici e attività neurochimiche compromesse, come la letteratura propone con il concetto di “sindromi da sensibilità centrale”; ma la questione rimane ancora aperta, a ulteriore dimostrazione della complessità presentata da queste malattie.

Comunque le si vogliano spiegare, resta il fatto clinico che queste sindromi procurano alterazioni peggiorative nelle facoltà sopra enucleate – e in ciò sono tutti d’accordo –, tali da essere prese seriamente in considerazione in ogni formulazione diagnostica come elemento chiave. Le metodologie d’indagine mano a mano diventano sempre più perfezionate tecnicamente; è dunque possibile rilevare per via strumentale sui soggetti affetti da MA non solo la presenza dei danni citati, ma anche la loro individuale gravità, e questo nella direzione di valutare i danni neurocognitivi per la loro presentazione alle commissioni d’invalidità dell’INPS, quale ulteriore elemento accrescitivo per l’inabilità complessiva avuta dal soggetto, accanto ai danni principali descritti all’inizio.

In due pubblicazioni recenti (Castellani, 2017; 2018) – che costituiscono l’ideale continuum di una prima, primordiale indagine da me effettuata nel 2008 (Castellani, 2008) – ho mostrato come i soggetti colpiti da MA subiscano dei deficit rilevanti in quella che viene definita “attenzione concentrativa” e come tutti cerchino di utilizzare strategie compensatorie alternative per sopperire a questo danno, che limita grandemente il loro adattamento alla vita di ogni giorno. Infatti, le maggiori difficoltà derivate dai danni neurocognitivi riguardano azioni comuni, quali il ricordarsi una lista della spesa, un compito da eseguire, il leggere un giornale o un libro senza dimenticarsi le pagine precedenti, il seguire per intero un programma televisivo o un film, il partecipare normalmente a una conversazione senza perderne il filo, il potersi concentrare su un compito anche solo lievemente complesso per più di un tempo di applicazione ridotto; tutti comportamenti dalla cui mancata esecuzione deriva l’impossibilità di condurre un’esistenza adeguata, visto che molto spesso per chi ha malattie del genere è assai arduo anche trovare o conservare un posto di lavoro senza incorrere nel rischio di un licenziamento. Altre difficoltà lamentate, e rileva­­te, sono quelle relative alla qualità del sonno.

 IL RICONOSCIMENTO MEDICO-LEGALE 

Al di là delle discussioni teorico-scientifiche, l’interesse pragmatico è rivolto alle possibilità terapeutiche per tali sindromi nonché al riconoscimento del danno e alla sua percentualizzazione in sede d’invalidità civile (INPS, INAIL). Non essendo le MA ancora ufficialmente riconosciute dal Ministero della Salute, né quindi inserite nei LEA (Livelli Essenziali d’Assistenza), il dibattito amministrativo e giudiziale si presenta sempre complesso e articolato, soprattutto per la “resistenza” al riconoscimento dell’entità del danno. È fondamentale la precisa conoscenza delle normative che regolano la materia, poiché in sede di discussione – soprattutto giudiziale – sono da esporre bene le motivazioni medico-legali che giustifichino il riconoscimento e l’entità delle malattie in questione.

A scopo illustrativo, nei due box presento il responso su due casi approdati in CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio disposta dai rispettivi giudici in ricorso giudiziale) dopo il diniego delle rispettive commissioni INPS, seguiti dal sottoscritto in qualità di CTP (Consulente Tecnico di Parte) delle ricorrenti. Si tratta di due soggetti di sesso femminile, entrambi affetti da una pluralità di MA, tra le quali spiccavano MCS e fibromialgia per la maggiore gravità. Segnalo le conclusioni nelle parti salienti.

Dunque, benché ancora manchi il riconoscimento ufficiale, si vede come è possibile la dimostrazione dei danni che colpiscono le persone affette da MA. Sul piano giuridico, grazie alla instancabile attività di molte associazioni di pazienti, sono in essere tavoli tecnici in tutte le regioni per il riconoscimento e l’inserimento nei LEA. Alcune regioni hanno da tempo destinato un sostegno economico (segnaliamo la Regione Marche fra tutte) da erogarsi per prestazioni sanitarie, ivi comprese quelle diagnostiche, anche psicologiche e neuropsicologiche, per le persone che dimostrino diagnosi accertata di MCS e di fibromialgia. Molte regioni hanno presentato progetti e delibere sempre dirette al sostegno riconoscitivo di queste malattie, evidenziando un’accresciuta sensibilità alla questione; ciò nondimeno, la risoluzione amministrativa appare ancora lontana.

Anche a livello ministeriale si discute su una proposta di legge riconoscitiva, ma a tutt’oggi non siamo giunti a conclusione. Gli ostacoli sono rappresentati dall’obiezione tuttora presente che le MA sono causate principalmente da disturbi psichiatrici (e per questi esistono già le classificazioni ufficiali) e per le inevitabili ripercussioni sul piano delle “risorse” pubbliche che comporterebbero l’inserimento nei LEA delle MA. Quest’ultimo punto ci è stato comunicato anche in audizione alla Commissione Sanità del Senato, nell’ottobre del 2018.

 Consulenza Tecnica d’Ufficio, Lazio 2019 

La CTU ha avuto luogo nel Lazio nel febbraio del 2019; il Consulente Tecnico d’Ufficio ha riconosciuto la gravità della condizione della signora e l’entità del danno neuropsicologico al suo interno, assegnando l’invalidità richiesta e l’assegno ordinario: «Con la somministrazione di vari test neuropsicologici l’esaminatore rileva il possesso, da parte della esaminanda, di un livello intellettivo medio-superiore ma, dopo l’esposizione a campi elettromagnetici, la medesima mostra un progressivo abbassamento delle facoltà mnesiche, neuro-cognitive e comportamentali, con arrossamento del viso, eloquio incerto, riduzione della mimica facciale. Nelle conclusioni diagnostiche finali si evidenzia come lo stress chimico e lo stress psicologico, visto il vissuto ed il grave trauma emotivo da lutto vissuto dalla paziente, si intersecano e si potenziano; emerge un quadro gravemente invalidante che limita notevolmente la vita lavorativa e riduce a meno di 1/3 la capacità di lavoro dell’Assicurata in occupazioni confacenti alle sue attitudini».

 Consulenza Tecnica d’Ufficio, Abruzzo 2019 

Qui la CTU ha avuto luogo in Abruzzo, sempre nel 2019, per la richiesta di convalida di un assegno mensile d’invalidità: «Al colloquio, disponibile e collaborante, è presente un’ansia di fondo che a volte condiziona la fluidità del discorso e la memoria. […] Test neuropsicologici del […] 2018 (deposito prima del giuramento) […] Dal coordinamento dei dati anamnestici e clinici e dall’analisi della documentazione sanitaria, la Sensibilità Chimica Multipla è stata posta nel passato ma non per questo può essere definita pregressa. Vale a dire, non può essere definita una patologia che si è risolta. Sicuramente le attenzioni poste nel mantenere la paziente lontana da possibili interferenti, ma in posizione di semi-isolamento, ha attenuato, non eliminato, la probabilità di venire a contatto con le sostanze multiple nei cui confronti c’è una ipersensibilità. C’è da rilevare, d’altra parte, che la stessa necessità di non condurre una vita comparabile con quella di una persona comune determina una marcata limitazione della capacità lavorativa. Per tali patologie è presente una riduzione dell’autonomia personale in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, e pertanto la Sig.ra XX è portatore di handicap grave ai sensi dell’art. 3,c. 3, della L. 104/92. Per tali patologie, la Sig.ra XX presenta le condizioni sanitarie per il riconoscimento del diritto all’assegno mensile di invalidità, ex art. 13 L. 118/71, avendo una capacità lavorativa ridotta in modo permanente pari all’85%».

 POSSIBILITÀ DIAGNOSTICHE, TERAPEUTICHE E PSICOTERAPEUTICHE 

Un problema di non poco conto è costituito, poi, dalla difficoltà di pronunciare diagnosi certe per le MA. La storia clinica e la sintomatologia descritte dai soggetti sono le basi iniziali; ma dopo, per una diagnosi attendibile, è necessaria una serie di esami e analisi che spesso nel nostro Paese sono di difficile reperimento. Basti pensare che per l’MCS si dovrebbero compiere anche 30-40 esami, tra cui lo studio dei metalli e delle sostanze scatenanti presenti nell’organismo.

Per la fibromialgia, lo specialista reumatologo procede per esclusione da altre malattie analoghe, come per esempio l’artrite reumatoide: si individuano i tender point (punti sensibili alla digitopressione, individuati in 18 parti classificate del corpo) e la loro presenza in numero elevato costituisce lo step importante per formulare la diagnosi differenziale.

Purtroppo, a tutt’oggi sono incerte le cure mediche che possono risolvere o alleviare la condizione patologica derivata dalle MA. Non avendosi ancora biomarcatori sicuri né conclusioni eziopatogenetiche altrettanto certe, la terapia d’elezione per quanto riguarda l’MCS e l’elettrosensibilità resta l’allontanamento dagli agenti patogeni o la loro limitazione quanto più ampia è possibile. Anche in tal modo non si eliminano tutti i rischi, ma almeno questi soggetti possono evitare il rischio maggiore, costituito dallo shock anafilattico, che li esporrebbe addirittura al pericolo di vita.

Un’ulteriore fonte di difficoltà per l’assunzione di farmaci è costituita dal fatto che i medicinali contengono sostanze chimiche e che dunque la loro eventuale assunzione causa innumerevoli problemi sia a chi li dovrebbe prendere sia a chi li deve prescrivere. Per un malato di MCS, anche un banale mal di gola o una semplice influenza assurge a evento complicato. Davvero, per chi non conosce questa patologia può essere estremamente difficile comprendere a quali privazioni, obblighi e rischi è costretto il paziente. Al momento attuale, per tutta la vita.

Per la fibromialgia e la sindrome da fatica cronica, la terapia medica è analoga all’MCS quanto a mezzi e risultati: esistono solo palliativi al dolore muscolo-scheletrico costante, costituiti da farmaci antinfiammatori, antidolorifici, cure termali e poco altro ancora, risorse che comunque, quando va bene, alleviano solamente per un ridotto lasso di tempo la sintomatologia presente, e nemmeno per tutti i pazienti. Da citare l’ossigenoterapia e quella a base di cannabis. Quest’ultima viene giudicata positivamente da molti pazienti, ma permangono ostacoli al suo utilizzo su larga scala.

In tali permanenti condizioni di sofferenza, le persone comprensibilmente sviluppano reazioni psicologiche di disagio e disturbo, in maniera del tutto individuale e con risposte altrettanto individuali, ma con un denominatore comune di altalenante malessere comportamentale, che si manifesta in sintomatologie ansioso-depressive e disturbi del sonno.

 PROSPETTIVE 

Varie sono le possibilità di aiuto psicologico per i nostri pazienti. Innanzitutto, i gruppi di ascolto e sostegno, presenti in molte città, nati con lo scopo di permettere alle persone malate di confrontarsi e soprattutto di manifestare il proprio disagio psicologico causato anche dalla ridotta possibilità di esprimere la loro sofferenza persino ai familiari, dato che spesso anche questi ultimi non comprendono l’entità del danno patito dai loro congiunti, sovente giudicandoli dei “malati immaginari” e dunque squisitamente psichiatrici. Purtroppo tale atteggiamento deriva in gran parte da quello manifestato dal medico di famiglia e da molti specialisti: nella misura in cui le MA non producono effetti organici visibili sul presentarsi a visita della persona affetta, essi le spiegano, appunto, come esclusivi derivati psicopatologici. E il fatto che nelle terapie proposte, specie per la fibromialgia, compaiano farmaci antidepressivi e ansiolitici – intesi come supporto miorilassante – alimenta tale convinzione.

Il sostegno psicologico è di primaria importanza, perché, tra i suoi primi effetti, ha quello di permettere una riacquisizione della propria autostima, letteralmente scomparsa nel soggetto MA col progredire della sua affezione. Lo psicoterapeuta necessita di una preparazione dettagliata sulle MA (origini e patogenetica) e sulle conseguenze che producono sull’esistenza della persona e del suo nucleo famigliare. Psicoterapie individuali si possono instaurare con i soggetti che hanno già raggiunto una più ampia consapevolezza e accettazione del proprio stato e sono così pronti a trarre beneficio dal rapporto terapeutico. Il sostegno condotto in gruppo mostra ampie capacità di riuscita nell’attenuazione delle difficoltà comportamentali ed è propedeutico a quello individuale. Tuttavia, gli ostacoli permangono e la risoluzione ancora appare distante.

Anche in questa situazione di difficoltà, la persona affetta da MA può essere seguita e resa più consapevole dell’entità dei propri danni; in particolare, quelli di tipo neuropsicologico, pure in vista di una loro riabilitazione, resa possibile da strumenti che si dedicano a un training cognitivo a carattere individuale. Accanto a ciò, rimane sempre di grande importanza il procedere del riconoscimento che si può ottenere in sede giudiziale, il quale può fornire un fondamentale aiuto economico per soggetti che vivono profonde problematiche nella usuale conduzione della quotidianità.

Giuseppe Castellani, psicologo, psicoterapeuta e psicologo forense, è direttore del CentroRARE al Polo Psicodinamiche di Prato, che studia e
riabilita i danni neuropsicologici da malattie ambientali.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Castellani G. (2008), «Un raro caso di SCM – Sensibilità Chimica Multipla», Psicolab, 27 giugno.

Castellani G. (2017), «I deficit di attenzione e concentrazione in alcune malattie ambientali: il d2R come strumento di diagnosi», QI, 52.

Castellani G. (2018), «I deficit di attenzione e concentrazione nella Fibromialgia e nella Sindrome immuno-neurotossica ambientale (parte seconda)», QI, 58.

 

 

 

Questo articolo è di ed è presente nel numero 279 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui