Alessandra Salerno, Monica Tosto

Le adolescenti e la sfida della maternità

La procreazione di un figlio, per un'adolescente, può rappresentare l'anticipazione di una tappa della normale sequenza evolutiva. Ma le conseguenze non sono sempre problematiche, né per la madre né per il bambino.

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Il fenomeno delle gravidanze precoci è considerato con grande preoccupazione nelle società moderne, a causa delle conseguenze che comporta per le ragazze e per la società in generale. La giovane che incorre in una gravidanza, infatti, parte spesso da una situazione di rischio psico-sociale, alla quale si aggiungono difficoltà personali e relazionali, come storie di conflitti familiari e trascuratezza affettiva, relazioni instabili con il partner e con gli amici, insuccessi scolastici e problematiche psicologiche e comportamentali. L’esperienza della gravidanza può, allora, essere l’esito di uno stile di vita rischioso, nel quale abuso di alcol e di sostanze, abbandono scolastico e scarse prospettive occupazionali si intrecciano a un comportamento sessuale promiscuo, indirizzando la crescita dell’adolescente verso esperienze sempre più complesse e obbligandola a confrontarsi con responsabilità per le quali non è attrezzata. In altri casi, invece, è l’esito di una scelta deliberata, orientata ad appagare, attraverso la relazione con il bambino e la formazione di una famiglia propria, i bisogni infantili rimasti insoddisfatti e i propri vuoti affettivi.

 GIÀ MAMME E NON ANCORA ADULTE 

La nascita di un bambino, purtroppo, tende a innescare un circolo vizioso, che consolida le difficoltà evolutive della neomamma. La maternità adolescente può infatti essere definita come un’asincronia evolutiva, attivata dalla coesistenza di trasformazioni che dovrebbero essere consequenziali. Si determina una doppia crisi evolutiva in cui i domini relativi ai cambiamenti corporei, cognitivi ed emotivi e alla rielaborazione delle relazioni con i pari e la famiglia sono interessati da una duplice riorganizzazione, una riguardante l’adolescenza e l’altra propria della maternità.

 LA TRANSIZIONE POSSIBILE 

La transizione precoce alla genitorialità, tuttavia, non si traduce sempre in traiettorie evolutive atipiche. Almeno un terzo delle madri adolescenti, infatti, rientra in un pattern di sviluppo normativo, che riflette l’assenza di disturbi mentali, comportamentali o relazionali di rilievo. Queste ragazze mostrano buone abilità di coping, completano gli studi, escono dal circuito del welfare, mantengono un legame affettivo stabile e manifestano un accudimento funzionale.

Ciò coglie la complessità in cui si delinea lo sviluppo, rilevando il bisogno di considerare le variabili che attivano processi di resilienza. Tra queste vi sono: il completamento degli studi, il rinvio di altre gravidanze, caratteristiche personali come un “locus of control” interno e un’adeguata autostima, la partecipazione a programmi di sostegno e la possibilità di far affidamento su relazioni positive nel contesto familiare ed extrafamiliare. La dimensione del supporto sociale, sia pratico che emotivo, assume un rilievo particolare, soprattutto quando è fornito dalla nonna materna. Costei, infatti, sostenendo un legame basato sull’autonomia, facilita la transizione della figlia verso la condizione di madre, promuovendone le competenze genitoriali, e verso quella di giovane adulta, facilitando l’investimento formativo e professionale (Klein, 2005).

La transizione medesima può rappresentare di per sé un fattore protettivo per l’adolescente, in quanto «fornisce nuovi significati e nuovi scopi alla vita dell’adolescente, attivando un funzionamento resiliente che in alcuni casi sarebbe stato difficile ipotizzare» (Salerno e Tosto, 2012, p. 58). Ciò può tradursi nella voglia di completare gli studi, aumentando le possibilità lavorative e potenziando anche le capacità di sostegno alla crescita scolastica del figlio. Diventata madre, quindi, la giovane riorganizzerà la sua vita, rafforzando il proprio funzionamento personale e parentale e creando maggiori opportunità per il bambino.

 E IN ITALIA? 

 

Dalle ricerche (Save the Children Italia Onlus, 2011; Trivellato, 2002) emerge che le madri adolescenti italiane sono prevalentemente madri single, che vivono con la propria famiglia d’origine, hanno abbandonato gli studi e mostrano difficoltà economiche e occupazionali. Le loro gravidanze non rientrano all’interno di una progettualità di coppia, pertanto il padre del bambino diventa rapidamente una figura marginale. La gravidanza, invece, sconvolge gli assetti relazionali della famiglia d’origine della ragazza, che si riorganizza su modalità di rapporto prevalentemente conflittuali e invischiate, limitando le spinte di emancipazione e la sperimentazione extrafamiliare.

Esiste, comunque, una differenza significativa nell’adattamento alla maternità precoce tra ragazze italiane e di origini straniere. Nel caso di madri adolescenti italiane, infatti, la gravidanza si configura tendenzialmente come un evento critico paranormativo del ciclo vitale individuale e familiare. Tuttavia, dopo una fase di elaborazione dell’evento, le adolescenti possono far affidamento sui loro genitori, che spesso le sostengono nella cura del bambino. Le straniere, invece, riportano bassi livelli di supporto emotivo e materiale nella cura dei propri figli, che incidono sullo sviluppo di una percezione negativa dell’esperienza della maternità. A questo si aggiunge la scarsa costanza con cui frequentano i programmi sanitari a loro destinati, che comporta una maggiore probabilità di problematiche mediche perinatali e incrementa la scarsa soddisfazione con cui è rappresentata l’esperienza genitoriale (Save the Children Italia Onlus, 2011).

Qualche differenza rilevante riguarda anche la popolazione italiana, al cui interno alcuni sottogruppi di madri adolescenti sembrano interessati da un processo di transizione genitoriale che, ancorché complesso, non può definirsi imprevisto. È il caso, per esempio, delle giovani del territorio palermitano, gran parte delle quali, come emerge da un recente studio, diventa madre nell’ambito di un progetto di vita in cui la scelta del partner e la separazione dalle figure genitoriali costituiscono tappe quasi coincidenti di un percorso deliberato. In un contesto dove non è possibile investire sulla propria istruzione e su un qualsiasi progetto lavorativo, la convivenza e la maternità diventano l’unica possibilità per organizzare il proprio futuro, inscrivendosi all’interno di una storia familiare in cui tale modus vivendi viene incoraggiato e trasmesso da una generazione alla successiva (Salerno e Tosto, 2012).

Diversamente da altri Paesi, comunque, in Italia si conosce molto poco dei diversi aspetti in cui il fenomeno è articolato (benessere materno e infantile, adattamento al ruolo genitoriale, qualità del legame madre-bambino ecc.) e non si sono analizzate a sufficienza la variabilità intragruppale e le eventuali specificità territoriali. Ciò mette in evidenza l’urgenza di programmi di ricerca più numerosi e sistematici, che, approfondendo la conoscenza del fenomeno, permettano anche la progettazione di interventi mirati a ridurne l’incidenza e la criticità (Tosto et al., 2015).

 PRENDERSI CURA DELLE MADRI ADOLESCENTI 

La letteratura mette in luce come, pur con importanti eccezioni, la maternità adolescenziale sia più frequente tra le ragazze cresciute in nuclei familiari poveri, caratterizzati da pattern di interazione caotici e inseriti in una rete di relazioni primarie disgregata e disfunzionale. Perciò, per attraversare la loro doppia crisi evolutiva, necessitano di un’azione di sostegno formale e strutturata che abbia due diverse finalità. In primo luogo, deve puntellare i loro processi di maturazione, accompagnandole nel cammino verso l’individuazione e l’acquisizione di competenze relazionali adulte. Secondariamente, questi obiettivi devono essere perseguiti contestualmente al potenziamento dei comportamenti di parenting e dell’identità genitoriale. In questo sarà possibile promuovere un’azione sociale e sanitaria che, se migliora l’adattamento materno, riduce anche la possibilità di una trasmissione transgenerazionale del disagio psicosociale.

Motivazioni alla base di una gravidanza adolescenziale

Rito di iniziazione. La ragazza ottiene la conferma della propria integrità corporea e della profondità del suo legame sentimentale. Il bambino, però, non è previsto, e ciò esita nell’interruzione volontaria della gravidanza.

Segnale d’allarme. La ragazza non cerca consciamente la gravidanza, che però diventa un mezzo per comunicare il suo malessere a una famiglia trascurante e sollecitarne l’attenzione.

Acquisizione di status. La gravidanza rappresenta una modalità di transizione all’età adulta, alternativa all’inserimento lavorativo, in contesti che approvano la costituzione precoce di una famiglia. Essa è quindi programmata insieme al proprio compagno e sono presenti buone competenze parentali.

Ricerca identitaria. Orienta il comportamento di ragazze con tendenze all’isolamento affettivo, in cui non è presente alcun investimento progettuale o relazionale. Solo il futuro bambino sembra procurare loro un’identità sociale.

Gravidanza accidentale. La gravidanza è del tutto accidentale, poiché le ragazze ritengono di utilizzare metodi contraccettivi efficaci. La scelta di tenere il bambino dipende dalla reazione del contesto affettivo e dal grado di investimento sul suo futuro. (Per l’intero box, si veda Le Van, 1998).

 

Alessandra Salerno,psicologa e psicoterapeuta, è professore associato in Psicologia dinamica all’Università di Palermo. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Vivere insieme. Tendenze e trasformazioni della coppia moderna (Il Mulino, 2010); La violenza indicibile. L’aggressività femminile nelle relazioni interpersonali (con S. Giuliano, Franco Angeli, 2012); Oltre il legame. Genitori e figli nei nuovi scenari familiari (con M. Garro, Franco Angeli, 2014).

Monica Tosto, psicologa, psicoterapeuta e dottore di ricerca in psicologia. Svolge attività di ricerca in collaborazione con la cattedra di Modelli e interventi clinici sulla famiglia dell’Università di Palermo, sul tema della maternità adolescenziale, della depressione perinatale paterna e della percezione sociale dell’omogenitorialità.


Riferimenti bibliografici

Epstein A. (1980), Assessing the child development information needed by adolescent parents with very young children, High/Scope Educational Research Foundation, Ypsilanti.

Klein J. D. (2005), «Adolescent pregnancy: Current trends and issues», Pediatrics, 116, 281-286.

Le Van C. (1998), Les grossesses à l’adolescence normes sociales, réalités vécues, L’Harmattan, Paris.

Salerno A., Tosto M. (2012), «Processi di parenting e di adattamento al ruolo genitoriale in adolescenza», Rivista di Terapia Familiare, 99, 55-73.

Save the Children Italia Onlus (2011), Piccole mamme. Rapporto di Save the Children sulle mamme adolescenti in Italia, Roma.

Tosto M., Salerno A., Fici E. (2015), «L’esperienza della maternità in adolescenza e le azioni di supporto al benessere psicologico e sociale», Psicologia Clinica dello Sviluppo, 19, 219-248.

Trivellato P. (a cura di, 2002), Giovani madri sole, Carocci, Roma.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 261 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui