Intervista a: Gabriella Scaduto, Pietro Barbetta
di: Paola A. Sacchetti

Non distogliere lo sguardo dai diritti umani

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La drammatica situazione in Ucraina di queste ultime settimane ha riportato fortemente alla nostra attenzione l’importanza dei “diritti umani” e, soprattutto, della loro violazione.

Eventi così emergenziali come quello attuale ci trovano spesso attoniti e impreparati, quasi stupiti di non esserci accorti per tempo di cosa stava accadendo. Eppure, sono mesi che avvengono violazioni dei diritti umani, in forme più o meno forti ed evidenti; sono state molteplici le occasioni di leggere notizie preoccupanti sulla situazione nel mondo. Ciò che sta accadendo in Ucraina non è un caso isolato, né tantomeno un fulmine a ciel sereno. Basti ricordare i migranti tuttora bloccati, dalla fine di novembre, al confine tra Bielorussia e Polonia. Le repressioni, i prigionieri politici, i giornali di regime, le paure denunciate da Svetlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione bielorussa. Ma non solo. La Polonia e le restrizioni al diritto all’aborto, oltre all’istituzione di “zone LGBT free” in varie regioni. L’Ungheria e la legge anti-LGBT che vieta o limita l’accesso a contenuti LGBT+ rivolti a minori di 18 anni. L’Egitto e gli attivisti incarcerati. Il Brasile e le gravi e continue violazioni ai diritti umani e alla salute della popolazione, contravvenendo alle raccomandazioni dell’OMS per prevenire la diffusione del Covid-19, favorendo le attività illegali di deforestazione in Amazzonia e le invasioni dei territori indigeni per accaparrarsi le risorse. La grave crisi umanitaria, economica e sanitaria che sta schiacciando il popolo afghano, i diritti negati e la limitazione della libertà dopo la presa del potere da parte dei talebani. E questo riguarda solo il recente passato.

Tornando all’oggi, in quell’angolo di mondo che pur lontano è vicinissimo a noi, osserviamo violazioni dei diritti negli arresti dei cittadini russi che manifestano contro la guerra scatenata dal loro leader politico, nei corridori umanitari colpiti dalle milizie. E in tutte le notizie di “casa nostra” che oggi sono “meno eclatanti” – che in questi giorni sembrano quasi “meno importanti” mentre abbiamo negli occhi l’orrore di città bombardate, macerie e cadaveri sulle strade, persone nascoste in scantinati freddi – : gli episodi di bullismo estremo, il razzismo, le spose bambine, la violenza di genere, l’aumento della povertà e la riduzione dell’accesso all’istruzione in seguito alla pandemia... solo per citare alcuni dei fatti riportati dai giornali nazionali e dare un’idea dell’ampiezza e della complessità del fenomeno.

I casi a cui abbiamo accennato sono tutti esempi di violazione dei diritti umani, pur andando a toccare ambiti specifici e anche molto diversi tra loro. Prof. Barbetta e Dott.ssa Scaduto, ci spiegate che cosa sono i “diritti umani”?

I diritti umani sono quei diritti fondamentali, universali e inalienabili che ogni uomo possiede fin dal momento della sua nascita. Sono dimensioni di tutela riconosciute all’essere umano in quanto tale, indipendentemente dalle origini, appartenenze o luoghi ove la persona stessa si trova. Sappiamo a cosa aveva assistito il mondo dopo la Prima e la Seconda guerra mondiale e su questa base, facendo leva sull’eredità filosofica e politica che, dall’Illuminismo in avanti, ne aveva avviato diverse codificazioni, si è sentita la necessità di creare la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 (DUDU). Tale dispositivo, pur non essendo giuridicamente vincolante, ha gettato le basi etiche e morali affinché si costruissero strumenti legislativi nazionali e internazionali ispirati ai principi in essa contenuti. A essa sono quindi seguite numerose Convenzioni internazionali, quali per esempio la UN CRC, la Convenzione per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che a oggi è la dichiarazione più firmata e ratificata al mondo; e le costituzioni della maggior parte dei Paesi del mondo.

I diritti umani sanciti dalla DUDU e dalle convenzioni internazionali sono, in termini generali, una cornice atta a definire i principi, i vincoli e le regole di ciò che possiamo considerare fondamentale nei rapporti fra stati e fra persone, in una società orientata al progresso, al benessere e alla convivenza civile.

Che cosa sta accadendo nel mondo? Perché i diritti umani vengono sempre più calpestati? O, forse, è sempre stato così e solo adesso se ne ha notizia?

Non è sempre stato così, ci sono stati momenti migliori di quello che stiamo attraversando, tra gli anni Cinquanta e gli anni Novanta del secolo scorso. Dopo la Seconda guerra mondiale, come sopra accennato, è nato uno spirito di libertà e rispetto della dignità umana che ha portato, nel 1948, alla DUDU. A partire da allora, dopo anni di profonda oscurità totalitaria, che ha creato guerre, repressioni e violenze, si è assistito, soprattutto in Europa, a un periodo di grande democrazia e rispetto dei diritti.

Esistevano violazioni verso le donne e i bambini, repressioni contro le persone LGBT, esistevano povertà e ingiustizie, discriminazioni e soprusi anche allora, è vero, ma esistevano, ed erano saldi, i principi universali che le condannavano. Grazie a forti movimenti di protesta, indignazione e disobbedienza civile, grazie a rivendicazioni individuali e sociali promosse dai movimenti studenteschi e operai, grazie alle iniziative contro la discriminazione e contro la guerra, si andava costruendo un mondo sempre più tutelante e rispettoso. Via via videro la fine le dittature fasciste, in Portogallo, in Spagna, in Grecia; giunse l’epoca della caduta dei muri e della liberazione dai totalitarismi anche di stampo comunista. L’epoca della fine dell’apartheid in Sud Africa, di Martin Luther King e di molti altri eventi storici di liberazione e restituzione della dignità alle donne, ai neri, e alle minoranze etniche e linguistiche. Vi fu la guerra in Vietnam, l’invasione della Polonia, la repressione delle rivolte ungheresi, ma c’era ed era forte e sincera l’indignazione dell’opinione pubblica. È a partire dalle soglie di questo nuovo secolo che è come se la memoria si fosse azzerata.

I dittatori e i perpetratori non si vergognano più delle loro azioni e l’opinione pubblica appare indifferente o, nel migliore dei casi, polarizzata su posizioni antitetiche, paranoiche e superficiali. In pochi si indignano per quanto è accaduto negli ultimi venti, trent’anni, dal Ruanda, da Srebrenica in poi. Siamo tornati a vedere un mondo fatto di crudeltà cieca, quando si bombarda un ospedale pediatrico, quando si chiudono i corridoi umanitari, quando si invade uno stato sovrano, ebbene, siamo al livello psicologico-sociale dell’invasione tedesca della Polonia nel 1939. La caduta di ciò che ha rappresentato la più grande conquista del dopoguerra, i diritti umani universali, apre alla possibilità di una terza guerra mondiale, alla distruzione del mondo, alla fine della specie.

Un ruolo fondamentale lo possono, a nostro parere, avere oggigiorno gli psicologi.

L’intervento psicologico negli anni è profondamente cambiato, è sempre più dentro i disastri umanitari, le emergenze, è un cardine dell’accogliere le famiglie e i soggetti esuli, nell’affrontare il tema dei minori abbandonati, delle donne abusate, stuprate, dei neri discriminati, delle persone LGBT accusate. La psicologia, oggi, orienta l’opinione pubblica, la politica e la cultura come poche altre discipline. L’intervento psicologico, se unito alla difesa dei diritti umani, è un pilastro per il futuro della civiltà.

Alcuni sostengono che ora, con la presenza delle nuove tecnologie mediatiche, ciò che accade durante la guerra, durante le violenze e gli abusi totalitari non sia più “fuori scena”. Molti speravano che la maggiore visibilità del male potesse moderare i violenti. La psicologia ci spiega però che è vero esattamente il contrario, maggiore è la visibilità degli abusi, maggiore l’indifferenza di chi vi assiste da esterno. Si sta creando una vasta zona grigia di indifferenza, di giustificazione, di “bystander” che dobbiamo comprendere e di cui dobbiamo raccontare un’alternativa.

Com’ebbe a dire un noto scrittore, Allen Ginsberg, l’osceno non è scrivere un romanzo, l’osceno è la guerra.

Proprio nel vostro volume, Diritti umani e intervento psicologico, in cui sottolineate l’importanza della psicologia nell’interpretare queste violazioni dei diritti umani e nel sostenere e guidare l’elaborazione dei traumi di chi le ha subite, affermate che «Raccontare il male del passato è indispensabile, ma non ci fornisce gli strumenti per reagire al male presente, al contrario sembra indurci a distogliere lo sguardo». Che cosa possiamo fare per evitare di distogliere lo sguardo e, anzi, per far subentrare «l’agire responsabile di ogni persona»?

La psicologia riveste un ruolo fondamentale, nella promozione e nella tutela dei diritti, non solo facendosi portatrice di una lettura nuova dei fenomeni sociali, ma anche nel superamento ed elaborazione dei traumi, e nella restituzione dei diritti violati. Gli psicologi sono quei professionisti naturalmente vocati all’atto di cura, e quando vi è una violazione dei diritti sappiamo che le conseguenze sono fisiche, psicologiche e sociali, spesso tramandate sul piano intergenerazionale e che richiedono interventi professionali complessi e competenti per essere affrontati. Una delle frasi che ci è maggiormente rimasta impressa in tantissimi anni di lavoro è che “un bambino sa di avere un diritto solo se lo riconosce negli occhi di un altro bambino”: questa frase è la rappresentazione perfetta della nostra prospettiva di una psicologia per i diritti e di diritti per la psicologia. Se cura e competenze affrontano e prevengono traumi e violazioni, risulta al pari di fondamentale importanza che tutti gli attori che conformano il sistema di protezione conoscano i diritti che lo determinano. Tutto ciò crea e definisce un’etica professionale universale che guida il nostro corretto agire lavorativo e riporta l’operato degli psicologi nel solco delle azioni di tutela e promozione dei diritti fondamentali.

Gli psicologi devono conoscere a fondo e applicare, nelle loro pratiche professionali quotidiane, le convenzioni internazionali e le norme giuridiche che salvaguardano il rispetto, la dignità e l’integrità fisica e morale delle persone.

Lo psicologo, per esempio nelle istituzioni sanitarie, non si può limitare a un lavoro di diagnosi e terapia, deve lavorare per evitare il rischio iatrogeno, le possibili reazioni espulsive o di contenzione, creare un dialogo operativo che produca benessere, anche, e soprattutto, coinvolgendo il soggetto, il gruppo o la famiglia nel processo di creazione di sempre nuove e differenti forme di salute mentale.

La salute e la democrazia hanno in comune la crescita dei gradi di libertà della vita umana e il ripudio delle violenze, della sopraffazione e delle discriminazioni.

Non c’è cura senza ascolto e tenerezza.

Non ci sono diritti se si sceglie la via della guerra.

 

Pietro Barbetta, Direttore del Centro Milanese di Terapia della Famiglia, socio fondatore di ReDiPsi  Reti di Psicologi per i Diritti umani, insegna Teorie psicodinamiche all’Università di Bergamo ed è membro di World Association for Cultural Psychiatry (WACP). 

Gabriella Scaduto, psicologa e psicoterapeuta, segretario dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia e presidente dell’associazione ReDiPsi – Reti di Psicologi per i Diritti umani.

Su questo argomento hanno scritto Diritti umani e intervento psicologico (Giunti 2021).

 

Paola A. Sacchetti, psicologa, formatrice, editor senior e consulente scientifico, da anni collabora con Psicologia Contemporanea, dove cura una parte della rubrica “Libri per la mente” e le “Interviste all’esperto”.