Giorgio Nardone

La scienza della trasgressione pianificata

Una giusta dose di derogabilità a una norma serve a rendere più praticabile il rispetto della norma stessa. 

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Trasgredire prevede un sistema di regole a cui aderire in maniera forzata limitando i propri impulsi: questo è tutto meno che naturale, perché le regole in natura non esistono, ci sono equilibri omeostatici, ma non norme a cui attenersi.

Pertanto la trasgressione nasce dalla imposizione di normative tese a regolare l’agire in linea con determinate coordinate etico-morali, o da prescrizioni da seguire in maniera osservante e aderente per giungere a uno scopo che ci si è prefissi; oppure dal pretendere da sé e dagli altri la rigida coerenza a principi ritenuti giusti.

Ciò sta a significare che il trasgredire è il prodotto dell’umano pensare e operare al fine di controllare al meglio il mondo che circonda l’uomo e il suo mondo interiore, compresi gli impulsi più primitivi.Tutta la tradizione culturale occidentale è intrisa di questo modus operandi, a sua volta prodotto dal pensiero logico-razionale e dai principi di causalità lineare.

Ma se questo tipo di filosofia e di logica ha permesso grandi progressi nella conoscenza e nella gestione della realtà, altrettanti problemi sono emersi a causa della sua rigida applicazione, soprattutto in quegli ambiti ove la coerenza, il rigido controllo e la regolazione si scontrano con quei fattori, “umani troppo umani”, per dirla con il filosofo Nietzsche, alimentati da sensazioni che non sottostanno a regole o, in questo, sospinti da emozioni non razionalizzabili.

Gli esempi più eclatanti sono le relazioni con le dinamiche del nostro rapporto con il piacere e gli affetti. Realtà, queste, sorrette da dinamiche dove la maggioranza delle volte il tentativo di controllare le proprie reazioni conduce a perdere ancora di più il controllo.

Tutte le diete funzionano, ma nessuna è efficace perché, prima o dopo, il soggetto che la applica ne perde il controllo, travolto dall’impeto a trasgredire tale ordine. Così come l’imposizione di rigide e restrittive norme di comportamento erotico fa emergere prepotenti istintualità trasgressive, tanto che si osserva come spesso dietro il moralista si celi il parafilico. Con ciò non si vogliono certo favorire il culto della sregolatezza e l’amore libero della beat generation, poiché ciò rappresenta solo l’altra faccia della stessa medaglia, bensì far notare al lettore come tutto quello che nella nostra realtà si evolve costruttivamente lo fa in virtù di piccole trasgressioni alle regole costituite.

La scienza della trasgressione pianificata

In primis, ogni sistema vivente, come ci indicano la fisica e la biologia, si evolve grazie all’entropia, ovvero il piccolo disordine dentro l’ordine del sistema, che rompe l’equilibrio presente e fa sì che se ne realizzi uno più adatto alle circostanze evolutive. Senza un gradiente di disordine, ossia appunto di trasgressione alla regola, il sistema vivente si irrigidisce e smette di evolversi, giungendo alla sua autodistruzione. Nello stesso modo, ma in maniera più tangibile per tutti, si riesce a mantenere un equilibrato stile di vita solo se al suo interno sono previste regolari trasgressioni. 

Nel mondo dell’alimentazione gli studi convergono, per esempio, nel dimostrare che si riesce a seguire un programma alimentare solo se questo prevede almeno una trasgressione pianificata a settimana. Nel trattamento di disturbi ossessivi, guidare il paziente a concedersi quotidianamente trasgressioni alla rigidità del suo agire e del suo pensare rappresenta la via del cambiamento terapeutico. Nella terapia dell’anoressia la cosiddetta “piccola piacevole trasgressione” rappresenta la manovra principe per una risoluzione efficace del grave disturbo, basato su un controllo ossessivo del cibo, sia quantitativo che qualitativo.

Ancora con le illuminanti parole di Nietzsche, ricordiamo che «tutto ciò che è assoluto appartiene alla patologia», il che vale anche per equilibri funzionali che quando si irrigidiscono diventano disfunzionali, come pure vale per ogni ordine o normativa che divenga incontestabile e immutabile. Questo concerne persino le teorie scientifiche, le quali, se non sono falsificabili, non possono essere ritenute valide. Poiché, come ha dimostrato Karl Popper, l’impossibilità di confutare una teoria la rende una fede, e non un criterio scientifico applicabile. In realtà, ordine, disordine, così come la normale trasgressione, si mantengono a vicenda all’interno di una evolutiva dinamica di causalità circolare; senza la reciprocità tra questi apparenti opposti, le cose si fissano e si irrigidiscono facendosi disfunzionali se non patologiche.

Il problema, come William James metteva bene in evidenza già più di un secolo fa, è che l’uomo è il primo a voler vedere nelle cose un ordine che non c’è, ma che lui ha bisogno di vedere per assicurarsi di poterne avere il controllo. Questo tanto anelato quanto funesto autoinganno cognitivo può essere evitato o almeno fortemente ridotto grazie all’antidoto del pianificare piccole trasgressioni volontarie ad ogni tipo di rigida regolazione che ci viene da attuare. In questo modo, infatti, si flessibilizza la nostra “naturale” tendenza a irrigidirci negli schemi di pensiero e azione che ci appaiono più corretti ed efficaci, i quali, anche se effettivamente lo sono, cesseranno di esserlo se mantenuti in termini dogmatici e applicati in modo rigido.

Un tasso anche minimo di irriverenza e di trasgressività diviene pertanto una delle fondamentali “psicosoluzioni” alle “psicotrappole” che costantemente e inesorabilmente continuiamo a crearci nell’illusione di controllare tutto. Illusione, questa, sospinta – oltremodo negli ultimi decenni – dalle derive riduzioniste della stessa scienza, la quale, pericolosamente ripiegantesi sulla quantificazione statistica, elabora ormai algoritmi procedurali per ogni cosa, procedendo sulla base dell’equazione “calcolo perfetto = soluzione assicurata”. Ma le rassicuranti formule perfette mostrano costantemente, da secoli, le loro disastrosità in quanto rigide procedure incapaci di adattarsi flessibilmente ai continui mutamenti della realtà. 

Già nel Cinquecento, Montaigne indicava l’auspicio di coltivare l’imperfezione poiché l’essere umano può raggiungere elevati gradi di perfettibilità – non di perfezione! – solo se garantisce a sé stesso una dose di errore pianificato.

 

Giorgio Nardone, fondatore, insieme a Paul Watzlawick, del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, è internazionalmente riconosciuto sia per la sua creatività che per il suo rigore metodologico.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 271 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui