Intervista a: Filippo Di Pirro
di: Paola A. Sacchetti

La psicologia di un dittatore

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La guerra in Ucraina ci ha preso in contropiede, nessuno tra le “persone comuni” se l’aspettava. Sono molte le manifestazioni per la pace che in questi giorni affollano le piazze di tutto il mondo, così come sono molte le domande che affollano le nostre menti; dai bambini agli adulti, tutti ci chiediamo: perché?

Lasciando le analisi di geopolitica agli esperti, qui vogliamo tentare di capire che cosa muove il Presidente russo Vladimir Putin, quali sono gli aspetti psicologici che lo rendono tanto pericoloso e che spaventano le persone.

Molti stanno scrivendo che il Presidente della Russia è un “pazzo”, sempre più spesso viene paragonato a Hitler, aprendo a un parallelismo che fa tremare per le possibili conseguenze ed evoluzioni della situazione.

Ci sembra semplicistico attribuire la violenza, la devastazione e la violazione dei diritti umani della guerra in Ucraina a una non ben precisata pazzia.

Dott. Di Pirro, è così? I dittatori sono folli o lo stereotipo del “dittatore pazzo” ci aiuta a dare un senso a qualcosa che non siamo in grado o non vogliamo comprendere?

Quello che sta accadendo tra Russia e Ucraina ci ha colto all’improvviso, in un momento in cui sono ancora tangibili gli effetti sociali e psicologici della pandemia. Ma se di quest’ultima conosciamo le cause e ci siamo organizzati per attenuarne gli effetti, di questo conflitto non se ne coglie il senso e ciò è destabilizzante. Forse perché nella nostra cultura democratica, che contempla il confronto anche con chi la pensa diversamente, l’idea stessa di guerra quale modalità di gestire i rapporti tra i Paesi, non è più ammissibile, tanto più se la guerra è un attacco a un’altra Nazione. Di fronte a scenari di distruzione, morte, perdita, abbiamo bisogno di trovare un senso che possa contenere la nostra risposta emotiva, specie quando ci sentiamo fortemente coinvolti. Stiamo assistendo a una guerra in diretta, troppo vicina; le immagini, le testimonianze, l’esodo dei profughi che arrivano nelle nostre città, ci colloca inesorabilmente tutti “sul campo”. Questo conflitto si discosta dalle “guerre moderne”, che si combattono con strategie meno “spettacolari”, affidandosi alla cibernetica, all’informatica, alle strategie economiche. Quello che vediamo sono dispiegamenti di uomini e mezzi, esodi di massa, una “scenografia” che ha una forte valenza psicologica che scuote l’equilibrio di noi “persone comuni”, generando paura e terrore. Di fronte a eventi che avevamo rimosso e che mettono in discussione il nostro bisogno di sicurezza e stabilità, l’interpretazione più immediata è quella di dire che è una follia, una cosa da pazzi, e chi la promuove non può che essere un pazzo. Ma “pazzo” non è una diagnosi psichiatrica, quanto, piuttosto una modalità di definire soggetti che riteniamo pericolosi, inopportuni per via dei loro eccessi nel pensiero, nel ragionamento, nel comportamento, che si discostano dal nostro concetto di “normalità”.

Ci può aiutare a capire che cosa “passa per la mente” di un dittatore? Perché un leader mondiale inizia ad agire ignorando tutte le regole democratiche? Quali sono le caratteristiche trasversali e abbastanza ricorrenti nella psicologia di un despota?

Di dittatori o di leader oltremodo autoritari, ne abbiamo avuti e ne abbiamo tuttora in giro per il mondo. Figure di dittatori sono state studiate da un punto di vista psicologico, psicoanalitico e psichiatrico e in alcuni di loro si sono riscontrati dei tratti personologici predominanti, anche se non possono essere definiti sicuramente “abnormi”. Di Hitler, per esempio, si descriveva una matrice di personalità ossessiva al limite della maniacalità, di Mussolini si evidenziavano i marcati aspetti narcisistici, Stalin pare manifestasse una personalità schizoide. Ma quello che, a mio avviso, di più caratterizza un despota è il rapporto con il potere, il sentirsi potente, il suo continuo bisogno di approvazione, di aspettative irragionevoli e non sempre aderenti alla realtà. Egli vive in funzione del potere, e il potere sta al polo opposto rispetto alla saggezza. Uno dei pilastri del potere di un despota è la cultura del nemico, un antagonista che va tenuto sotto controllo e, se necessario, anche sottomesso o eliminato. Il nemico è chiunque si trovi nelle condizioni di competere con lui, sia nella realtà, che nell’immaginario, anche persone che prima considerava amiche e alleate. Gli altri, soprattutto quelli più prossimi, sono un “mezzo” per conseguire i suoi scopi e ciò lo porta a trattarli senza empatia, a sfruttarli, a umiliarli. Il potente, come tale, non perdona, la clemenza è un atto di debolezza e lui ha bisogno, invece, di affermazioni utili alla sua grandezza.

Narcisismo, delirio di onnipotenza, mancanza di contatto con la realtà. Questi aspetti accomunano purtroppo molti leader, valgono anche nel caso di Putin? Ci sono aspetti psicologici più preminenti di altri?

Su questo non mi sento in grado di dire molto e comunque gli aspetti psicologici di un leader non spiegherebbero da soli quanto sta accadendo, dal momento che vanno considerate anche altre questioni storiche, geopolitiche, economiche, che lascio agli esperti del settore. Diciamo che uno scenario così complesso non può essere spiegato solo riferendosi alla psicologia di un singolo e comunque non credo si possa parlare di narcisismo patologico o atteggiamenti deliranti. Di certo il Presidente russo vanta un background tale da farne una persona potente ed esperta sul piano politico e militare e con le sue notevoli capacità di autocontrollo, di distacco, di determinazione e di gestione dell’informazione, riesce a imporre la sua leadership.

Alcuni sostengono che, da quando ha modificato la Costituzione russa, potendo essere presidente a vita, sia cambiata anche la sua psicologia. Cosa ne pensa?

So che il Parlamento della Russia ha dato il via libera a una modifica della costituzione che azzera i mandati presidenziali e apre la strada a Putin di prolungare ancora il suo mandato di Presidente. Non so se questo abbia cambiato la sua psicologia. Io ne dubito, perché ha più volte dimostrato di essere un leader forte, pressoché inattaccabile, che sa esercitare il suo potere. Tuttavia quando un qualsiasi potente avverte questa grande sicurezza, potrebbe finire per chiudersi in un suo “splendido isolamento”, allentando il contatto con le altre realtà e con tutto ciò che si discosta dal suo punto di vista, a discapito del confronto e delle interazioni.

Il concetto di patria, l’idea di una restaurazione dell’URSS e del dominio geopolitico russo, le ostilità mai celate con l’Occidente hanno portato Putin a minacciare l’uso delle armi nucleari. Se consideriamo la psicologia di un dittatore, e di questo in particolare, questa minaccia è reale o è l’inizio di una guerra psicologica?

Questa domanda presuppone conoscenze che non ho e che esulano dalle mie competenze professionali. In uno scenario così complesso si può inserire anche la minaccia nucleare e non è la prima volta che accade, senza andare troppo indietro ai tempi della guerra fredda. Sul piano psicologico una minaccia di questo tipo crea, già di per sé, non pochi problemi e sollecita fortemente il senso e il bisogno di sicurezza dell’essere umano. Si può arrivare anche a scatenare, sul piano collettivo e individuale, condotte decisamente fobiche o irrazionali e, dando un’occhiata sui social se ne cominciano a vedere le avvisaglie. In un momento in cui si stavano aprendo gli spiragli per un graduale ritorno alla normalità dopo la pandemia, direi che questo proprio non ci voleva.

 

Filippo Di Pirro, psichiatra, psicoterapeuta, ha lavorato all’interno delle Forze Armate occupandosi delle problematiche psichiatriche correlate allo stress operazionale in contesti critici, di condotte a rischio, di disadattamento giovanile e di dipendenze. Attualmente svolge attività libero-professionale sia in ambito clinico che formativo.

Paola A. Sacchetti, psicologa, formatrice, editor senior e consulente scientifico, da anni collabora con Psicologia Contemporanea, dove cura una parte della rubrica “Libri per la mente” e le “Interviste all’esperto”.