Heike M. Buhl

Figli per sempre?

Quale tipo di rapporto si può realizzare tra generazioni? Cosa accade quando i figli diventano adulti? Sono realizzabili rapporti paritari?

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Al giorno d’oggi le vite di genitori e figli possono sovrapporsi per 50- 60 anni, il che significa che per 30-40 anni gli uni e gli altri sono adulti. Il nostro gruppo di lavoro alle Università di Jena e di Paderborn ha studiato la qualità del rapporto fra adulti di 25-45 anni e i loro genitori, mediante dettagliati questionari e colloqui di approfondimento con i figli, le madri e i padri. La questione centrale era: come stanno le cose per quanto riguarda l’attaccamento reciproco e la distanza fra le generazioni?
In linea generale abbiamo trovato un quadro positivo: genitori e figli non solo hanno fra loro stretti contatti, ma si sentono anche molto legati. Ciò vale soprattutto da parte dei genitori, ma anche per i figli la relazione con i genitori ha un’importanza emotiva pari o maggiore a quella con i migliori amici, superata solo da quella con il compagno o la compagna o con i propri figli.

C’è però una chiara differenza nei rapporti dei figli adulti con la madre e con il padre. Quelli con la madre sembrano caratterizzati per lo più da una maggiore intimità e vicinanza emotiva – anche se rischiano facilmente di essere troppo stretti. Alla domanda su come vorrebbero che fosse la relazione con i genitori, la maggioranza dei figli si dichiara sostanzialmente soddisfatta. Nel caso in cui si auspicano cambiamenti, questi vanno nel senso di una maggiore vicinanza del padre, una maggiore distanza e meno interferenze da parte della madre. Entrambe le forme d’insoddisfazione tendono a diminuire con l’età. 

Ciò significa che fra i 25 e i 45 anni la regolazione della distanza nelle relazioni genitori-figli ha uno sviluppo positivo.

È interessante anche sapere fino a che punto genitori e figli si sentono ancora legati al loro ruolo: in altre parole, quanto piace a ciascuno di loro sentirsi figlio, padre o madre, quanto invece possono o vogliono uscire dalla parte? La risposta è che tutti preferirebbero vedersi più di rado legati al proprio ruolo generazionale, anche se i genitori, in particolare le madri, trovano difficoltà a modificarlo.

Nel corso del tempo cambia nettamente la simmetria del rapporto genitori-figli. Abbiamo esaminato la distribuzione del potere fra le generazioni con domande di questo tipo: «Chi ha il ruolo dominante?»; «Quando siete insieme, chi decide cosa fare?». Nel rapporto con la madre la relazione sembra simmetrica fino dall’inizio dell’età adulta: i figli maschi semmai tendono ad attribuirsi un potere decisionale lievemente maggiore rispetto alla madre, mentre le madri sentono simmetrico il rapporto sia con i figli che con le figlie. La relazione con il padre invece diventa simmetrica solo verso la mezza età, mentre prima dei quarant’anni padri e figli sono concordi nel considerare ancora dominante il padre.

Mentre nell’infanzia e ancor più nell’adolescenza i litigi sono parte integrante della vita familiare, con l’età adulta diventano molto più rari. Anche se permangono conflitti nel rapporto tra genitori e figli, con l’uscita di questi da casa e con il passare degli anni i contrasti si diradano. In parte si spostano su altre questioni. Alla domanda su quali siano i temi conflittuali più tipici, sia genitori che figli indicano problemi quotidiani e di lavoro, la condotta di vita (soprattutto dei figli) e il comportamento con il denaro. Con le madri si litiga soprattutto sui rapporti con il compagno o la compagna, con i padri più che altro di politica. Peraltro sia i figli che i genitori adottano evidentemente strategie efficaci per evitare discussioni spiacevoli, escludendo dalla conversazione gli argomenti conflittuali. Ciò nonostante, gli intervistati riferiscono che gli scontri sono più frequenti fra genitori e figli che con gli amici, ma pur sempre meno che all’interno della coppia.

I figli adulti vorrebbero avere una relazione simmetrica con i genitori, ma non in tutti i campi, in quanto continuano a vederli come un porto sicuro e una fonte di consigli. A questo proposito i nostri intervistati ci hanno detto per esempio: «Con loro, tutto deve restare com’è»; «I genitori sono genitori. Amici ne ho abbastanza altrove»; oppure, in tono rassegnato: «Non vedo altro, è sempre stato così. Perché dovrei volere qualcosa di diverso?». I figli considerano importante potersi rivolgere ai genitori quando le cose vanno male o hanno bisogno di un consiglio. Alla domanda su chi li ha sostenuti al momento del passaggio dagli studi al lavoro, la maggior parte risponde che i genitori hanno avuto un ruolo molto più importante degli amici. In particolare, quanto alla madre, dicono di averle chiesto consigli perché c’è comprensione e una buona intesa, al padre invece perché «sa tante cose, mi ha dato spesso buoni consigli», e «ho rispetto per il suo sapere». Ciò significa che il padre non è apprezzato solo come interlocutore alla pari, ma anche per la sua maggiore esperienza.

Succede mai che le generazioni si incontrino davvero alla pari, cosicché i genitori seguano i consigli dei figli? Per indicare l’influenza che i figli esercitano sui genitori si è introdotto il concetto di “socializzazione reciproca”. In questo caso, i figli influenzano la madre, ma anche il padre, negli atteggiamenti e nel comportamento, sia attraverso il colloquio, sia facendo da modello per certe attività. I genitori, per esempio, possono osservare che i figli sono in ottima forma da quando praticano regolarmente il jogging, oppure un figlio può dire «Mamma, dovresti fare un po’ più di moto», o «Papà, quando imparerai a usare il cellulare?». L’influenza delle giovani generazioni si fa sentire in particolare nelle famiglie intellettualmente aperte e disponibili. Può addirittura mettere in moto modificazioni della società, com’è avvenuto con il movimento ecologico degli anni Ottanta, e si tratta di effetti avvertiti sia dai figli che dai genitori.

Dal nostro studio, in conclusione, emergono molti indizi che per i figli adulti la relazione con i genitori è più conflittuale di quella con gli amici e che almeno il rapporto con i padri è considerato asimmetrico e offre minore sostegno in confronto a quello con i coetanei. I caratteri tipici delle relazioni genitori-figli si conservano quindi fino in età adulta: arma a doppio taglio, perché se, da un lato, i figli possono chiedere consiglio ai genitori, per altro verso, ingerenze non desiderate rischiano di riattivare vecchie resistenze. Viceversa, l’influenza dei figli adulti sui genitori, forse proprio perché rara, sembra trovare un’accoglienza più positiva.

 

 

Questo articolo è di ed è presente nel numero 244 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui