Paola A. Sacchetti

Sostenere il benessere e sviluppare la resilienza: noia, creatività ed emozioni

Chiusi in casa ci ritroviamo ad affrontare una girandola di emozioni, a non “sapere cosa fare”, a cercare di capire come trovare un po’ di equilibrio. Cosa possiamo fare, concretamente, per combattere il senso di smarrimento, la tristezza, gli sbalzi d’umore, gli eccessi?

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In questo momento migliaia di persone stanno combattendo una battaglia quotidiana. Ognuno è impegnato su uno o più fronti, diversi per ognuno di noi, uguali in fondo per tutti. Stiamo imparando a vivere in una realtà sospesa, in un tempo dilatato, a fare i conti con una situazione incerta e imprevista, navigando a vista, affrontando un giorno per volta. La paura del contagio, la privazione di libertà che si ritenevano acquisite e inviolabili, le preoccupazioni per i propri cari, il dolore per la perdita di persone care a cui non si può dire nemmeno addio, lo stress per il lavoro da casa, magari con i figli di cui occuparsi, le ripercussioni economiche…

Chiusi in casa ci ritroviamo ad affrontare una girandola di emozioni, a non “sapere cosa fare”, a cercare di capire come trovare un po’ di equilibrio. Cosa possiamo fare, concretamente, per combattere il senso di smarrimento, la tristezza, gli sbalzi d’umore, gli eccessi?

Innanzitutto ricordiamoci, e ripetiamocelo ogni volta che serve, che è normale provare tante emozioni e sensazioni diverse e contraddittorie. Spesso sono amplificate proprio dalla situazione in cui ci troviamo, dall’isolamento e dalle limitazioni alle nostre libertà. Le altalene di emozioni sono una spia di quanto la situazione sia anomala, di come sia talmente fuori dai nostri schemi abituali da non permetterci di saper bene come gestirla, e di come, però, sia necessario dare ascolto a ciò che proviamo, per cercare di riequilibrarci e di rispondere ai nostri bisogni.

Non penso esista una formula magica per raggiungere o mantenere il benessere, soprattutto in una situazione imprevista e nuova che sa generare grandi paure per il presente e preoccupazioni per il futuro, come quella attuale. Possiamo però fare molto per noi stessi e per le persone che ci stanno accanto, per aumentare un po’ la nostra resilienza, cioè la capacità di affrontare una situazione difficile, traumatica, dolorosa, riorganizzando la propria vita. Che è esattamente quello che stiamo facendo in questi giorni.

Sono moltissimi i post e gli articoli in cui si consigliano “100 cose da fare durante la quarantena”, molte delle quali condivido, ma qui vogliamo provare a fare un passo avanti o, meglio, indietro. Perché più che “fare”, prima di tutto dovremmo provare a “stare”.

Stare in quello che ci accade nel momento in cui accade, stare nelle emozioni che proviamo, stare nella noia… Prima di fare qualsiasi cosa, è importante fermarci.

 FERMARSI, NOIA E CREATIVITÀ 

Il tempo che ora siamo costretti a passare a casa può diventare un’occasione per imparare a fermarci. Fermarsi vuol dire permettersi di non-fare, di trascorrere un più o meno breve periodo di tempo senza aver nulla da fare, vedere, leggere, sperimentare… Vuol dire anche permettersi di provare la noia, che tutti, bambini e adulti, siamo soliti rifuggire, ma che possiamo aver provato per esempio in attesa in una sala d’aspetto o in un pomeriggio di pioggia senza nulla di interessante da fare. Parliamo quindi di una noia “sana”, normale, non di apatia o disinteresse, ma di quella sensazione che di solito ci spinge a trovare qualcosa da fare e che in una situazione come quella attuale può emergere con forza.

Permetterci di provare noia può essere positivo. Pensiamo ai bambini: quando si annoiano, inventano giochi con ciò che hanno a portata di mano, trasformando una pentola in un tamburo o una scopa in un cavallo. Ecco che la noia, anche in noi adulti, può aprirci a nuove possibilità, a idee diverse, a prospettive insondate, a fantasie e sogni a occhi aperti che possono trasformarsi in progettualità future.

La noia infatti apre la nostra creatività, intesa non solo come forma “artistica”, ma come elemento espressivo che ci consente di “creare” qualcosa: è creatività scrivere un post, una poesia o un rap, è creatività cucinare un piatto mai preparato, è creatività riparare un vecchio mobile, è creatività fare un collage con le foto… La creatività ci fa ideare e progettare attività, definire i passi per raggiungere degli obiettivi, proiettarci nel futuro.

Quindi non cerchiamo di sfuggire subito alla noia, appena iniziamo a percepirla. Proviamo a starci, un po’, per vedere quali nuove possibilità si aprono nella nostra mente.

 EMOZIONI 

Fermarci, poi, ci permette di sentire le nostre emozioni, che mai come ora sono così variegate.

Soprattutto quando sentiamo emozioni “negative”, che ci mettono a disagio e che non vorremmo provare, riconosciamole e diamo loro un nome: “Sono nervosa”, “Sono preoccupata”, “Sono triste”... Non scacciamole subito, cerchiamo di capire perché le proviamo: “Sono nervosa perché è una bella giornata e non posso uscire”, “Sono irritata perché mio figlio ha colorato sul divano”, “Sono malinconica perché non vedo il mio fidanzato da venti giorni” e così via. Dare a ciò che proviamo un nome e un contesto ci consente di attribuire a quelle emozioni il giusto peso e di ricordarci i motivi per cui le stiamo provando. Poi lasciamole scivolare via, senza cercare di farle passare o di controllarle. Sono “giuste”, sono umane, sono normali. Soprattutto in questo momento storico. E non le proviamo solo noi.

Condividiamo con chi ci sta accanto e con le persone a cui vogliamo bene ciò che sentiamo. Oltre a permetterci di stabilire un nuovo contatto, più intimo e onesto, con le persone della nostra vita (partner, famigliari, amici), migliorando quindi i nostri rapporti interpersonali, ci consente di sfogarci, di ridurre il senso di angoscia e di preoccupazione, di mettere le cose in prospettiva, di poterle anche sdrammatizzare ridendoci sopra. Portandole fuori di noi possiamo renderci conto che non sono così spaventose, un po’ come il mostro in camera che, accendendo la luce, si rivela essere una poltrona. Mostrandole all’altro, possiamo accorgerci che non sono solo nostre, che sono le stesse che provano anche gli altri, e che è possibile supportarci a vicenda per affrontare insieme il momento, trovare soluzioni condivise.

Piangiamo quando ne abbiamo bisogno. Piangere non è sintomo di debolezza o fragilità. Anzi, fa bene. Ce lo dice l’esperienza e ce lo dice anche la scienza. Permette al corpo di liberare tensioni fisiche ed emotive, riducendo lo stress e l’ansia. E poi ci si sente meglio dopo averlo fatto. Se è importante condividere le emozioni negative, lo è ancora di più farlo con quelle positive. In una situazione complessa come quella odierna, è essenziale poter provare emozioni positive e poter condividere le cose belle per sentirsi bene.

Godiamoci il tramonto o i fiori che stanno sbocciando in questa primavera, gustiamoci il nostro dolce preferito con calma, ascoltiamo le canzoni che ci piacciono, prendiamoci il tempo per goderci questi piccoli momenti senza sentirci in colpa perché ci sarebbe qualcos’altro da fare che riteniamo più importante. Fare qualcosa che ci piace e sperimentare le emozioni positive che ne derivano aumenta il nostro benessere.

Ridiamo e cogliamo ogni occasione per farlo. Ridiamo da soli e con gli altri, guardando film o video comici, delle situazioni buffe che possono capitare. Ciò che fa ridere è diverso per ognuno di noi, quindi, se non capitano, cerchiamo attivamente questi momenti andando a fare proprio qualcosa che ci permetta di ridere. L’importante è ridere, di cuore. E poi condividiamo le nostre emozioni positive, così che il nostro buonumore possa contagiare chi ci sta accanto o almeno stemperare il nervosismo altrui.

Condividere belle esperienze ed emozioni positive non ha bisogno di contatto fisico, anche chi si trova da solo può farlo: chiamando un amico, scrivendo in una chat di gruppo, facendo una videochiamata, una pausa caffè o un aperitivo via Skype. La tecnologia, in questo caso, è preziosa, perché ci consente di essere vicini anche non fisicamente, di percepire la presenza dell’altro e di poterla fornire. Ci si può guardare negli occhi anche attraverso una webcam, si può regalare un sorriso o un pensiero di vicinanza anche attraverso pochi caratteri scritti in una chat.

Come abbiamo visto, fermarci e “stare” ci permette in realtà di “fare” moltissime cose che contribuiscono a migliorare il nostro benessere e a farci sentire meglio in una situazione difficile. E ci rende più resilienti, perché riusciamo ad affrontare le situazioni impreviste in modo adattivo e positivo, riorganizzandoci, trovando nuove risorse dentro di noi.

Resta inteso che, se il malessere aumenta troppo, i problemi si ingigantiscono e si ha la sensazione di non riuscire a gestire da soli questo momento, è importante contattare uno specialista che vi possa fornire un sostegno psicologico adeguato. Chiamate il vostro psicologo, se ne avete uno, o cercatene uno; contattate i numeri e i servizi messi a disposizione nelle varie Regioni dagli Ordini degli Psicologi e dai Comuni. Anche lasciarsi aiutare è un modo per essere resilienti.