Rischi e trasgressioni in adolescenza
Quasi tutte le trasgressioni commesse dagli adolescenti costituiscono una anticipazione esasperata dei comportamenti tipici dell’adulto. Insomma, goffi tentativi di conseguire una maturità adulta che in realtà è avvertita come irraggiungibile.
Recenti fatti di cronaca hanno riportato all’attenzione del mondo adulto la facilità con cui gli adolescenti possono mettere pericolosamente a rischio il loro progetto di crescita, la loro salute e persino la loro vita. Genitori e insegnanti hanno appreso in cosa consista il “blackout game” dalla tragica esperienza di un ragazzo a cui tale pratica di auto-soffocamento è costata la vita, e quanto estrema possa diventare la mania dei selfie dall’eventualità che sia stato per questo che un altro ragazzo è precipitato nel condotto d’aria di un centro commerciale. È vero che i ragazzi di oggi, forse perché più fragili, si mettono maggiormente a rischio che in passato? Si rendono conto delle possibili conseguenze delle loro azioni?
RISCHI E TRASGRESSIONI FRA I NATIVI DIGITALI
I comportamenti a rischio, trasgressivi e dirompenti caratterizzano l’adolescenza da sempre, in ogni epoca e in ogni cultura. Vi sarebbe una naturale inclinazione al rischio, che trova un substrato neurobiologico nei cambiamenti cerebrali degli adolescenti ed è ben resa da Steinberg (2014) con un’eloquente metafora: guidare un’automobile con un motore molto potente, un acceleratore sensibile e freni non ancora perfettamente funzionanti. Inoltre, dato che anche se i freni ci sono e funzionano bene non è detto che l’adolescente sappia usarli, bisogna aspettare fino a dopo i 20 anni, quando la corteccia pre-frontale raggiunge la sua definitiva stabilità, per potersi realisticamente aspettare che un ragazzo sappia valutare le conseguenze a lungo termine delle proprie decisioni.
Adolescenti e giovani adulti non incappano in comportamenti trasgressivi o rischiosi perché “non pensano”. Se presi singolarmente, i ragazzi e le ragazze hanno una capacità di valutare le conseguenze e i rischi, pari a quella degli adulti.
Questa capacità, tuttavia, è come se si spegnesse quando l’adolescente è posto in una situazione di gruppo, reale o immaginaria che sia – e gli adolescenti nativi digitali di oggi sono, per definizione, sempre in contatto.
L’incidenza dei comportamenti a rischio raggiunge il massimo poco prima dei 20 anni, sebbene l’intelligenza di un giovane di questa età sia la stessa di un adulto, la sua memoria sia eccellente e la sua capacità di ragionare non si differenzi da quella delle persone più mature. Come affermava Winnicott (1986), la trasgressività serve a crescere e gli adulti dovrebbero innanzitutto ricordarsi di non pretendere troppo, di stare fermi e di attendere che il tempo faccia il suo corso. Per proteggere gli adolescenti da sé stessi non serve insistere con loro sull’esigenza di saper distinguere ciò che è rischioso da ciò che non lo è: lo sanno già fare. Serve, piuttosto, aiutarli a sciogliere conflitti emotivi relativi al loro valore personale e alla loro reputazione sociale, all’appartenenza al contesto familiare e culturale in cui crescono, e alla loro possibilità di direzionare il proprio futuro.
AL DI LÀ DELLA TRASGRESSIVITÀ
La tendenza a esprimere con il corpo e il comportamento ciò che ancora non si riesce a tradurre in pensiero e riflessività è tipica dell’adolescenza. Esistono modalità più marcate di relazionarsi al mondo in maniera oppositiva, prevaricatoria e aggressiva, che caratterizzano alcuni ragazzi più problematici. Quando ripetute, nei casi più gravi queste azioni possono essere espressione di una vera e propria tendenza antisociale, che predispone a commettere reati. Tutti questi aspetti sono da sempre considerati disadattivi, ma è importante ricordare che in tempi di rivoluzioni e di guerre tali comportamenti si ritrovavano in molti di quegli eroi destinati a entrare nei libri di storia, e viceversa in tempi di pace o in periodi del ciclo di vita – come l’adolescenza – in cui non si è cresciuti abbastanza per avere il diritto di lottare per le cose in cui si crede, espongono al rischio di diventare delinquenti.
RISCHI VECCHI E NUOVI
Da sempre gli adolescenti hanno un’intrinseca ed estrema capacità di mettere in discussione le regole che ereditano dalle generazioni precedenti (Maggiolini e Di Lorenzo, 2018). Da altrettanto tempo gli adulti hanno guardato con stupore e meraviglia, ma anche con preoccupazione, ai comportamenti delle nuove generazioni, spesso cogliendo negli adolescenti una possibile degenerazione culturale ed etica. Quella di oggi è la prima generazione di adulti che si trova a osservare le trasgressioni adolescenziali a cavallo della diffusione di Internet. Madri e padri che avevano consegnato ai figli i primi cellulari con l’intento di stare più tranquilli, non si aspettavano certo che quegli stessi cellulari sarebbero stati utilizzati dai figli per riprendere le proprie spericolate gesta o per trasmettere e ricevere contenuti sessuali o violenti.
Il discorso scientifico su questi temi deve cercare di conciliare aspetti paradossali. Alcuni constatano la scarsa propensione degli adolescenti odierni al rischio. Correre rischi, dal punto di vista di chi studia la psicologia e l’evoluzione della specie, e non di chi aspetta insonne un figlio che tarda a rientrare la notte, rappresenta un passaggio evolutivo importante. Iscriversi a un corso di teatro, cercare di diventare capitani della squadra di rugby o, perché no, dichiararsi al ragazzo di cui si è innamorati, sono tutti “rischi”, in quanto denotano la spinta a esplorare il mondo al di là del consueto. I medesimi meccanismi neurobiologici sono alla base di quei comportamenti che preoccupano molto gli adulti. In generale si sottovaluta che la scarsa disponibilità ad assumersi dei rischi dovrebbe preoccuparci tanto quanto la tendenza ad assumersene troppi. A preoccupare il mondo adulto sono rischi nuovi, strani, particolarmente incomprensibili, specie se veicolati dal virtuale.
C’è inoltre il tema della “narcisizzazione” del rischio. Siamo abituati a considerare fisiologici i rischi che un adolescente corre per il proprio percorso di crescita, le sfide che lancia al mondo adulto per affermare la propria identità, i pericoli che corre per mettere alla prova un corpo che è a sua disposizione ben più di quanto lo fosse nell’infanzia. Di tutti questi rischi si sente un’enorme mancanza, mentre rimaniamo sgomenti e attoniti quando comportamenti simili, o anche più estremi, vengono messi in campo dai ragazzi al fine di essere popolari. Meglio essere feriti, ammaccati, persino morti ma popolari, piuttosto che sani, intonsi e cresciuti ma dolorosamente sconosciuti e silenziosamente invisibili (Lancini, 2017).
BISOGNI, INTENZIONI E SIGNIFICATI
La spinta alla trasgressività adolescenziale va inquadrata in relazione non solo al tema delle nuove tecnologie, ma anche al periodo storico e socio-culturale. Molto si è detto e scritto rispetto ai cambiamenti che hanno portato da una famiglia normativa a una affettiva. Il passaggio dal principio di autorità a quello di pariteticità, il primato degli affetti sulle regole e l’abbassamento della soglia di dolore mentale che i genitori ritengono sia lecito e doveroso far sperimentare ai loro figli hanno portato come conseguenza la perdita della funzione evolutiva del conflitto.
Quale potrebbe essere il bisogno per un adolescente moderno di trasgredire, laddove gode di maggiore reciprocità e di maggiori libertà? Oggi, dal punto di vista degli adulti, le trasgressioni adolescenziali rischiano di essere percepite come intrinsecamente negative in quanto attacchi al “patto fondante” di una relazione caratterizzata dall’imperativo di comprendersi a vicenda e di stare bene.
Non è sempre facile distinguere tra una normale e fisiologica inclinazione alla trasgressività e una più preoccupante tendenza a commettere gravi gesti che risultino pericolosi per sé e per gli altri. Se, nella maggior parte dei casi, di fronte a trasgressioni adolescenziali è bene provare a destreggiarsi fra la tendenza a esagerare e quella a minimizzare, quando gli agiti diventano più gravi è fondamentale capirne le motivazioni a livello di bisogni evolutivi (Maggiolini, 2014).
La tag di “writer metropolitano” è tanto una trasgressione, quanto un modo per lasciare il segno del proprio passaggio in un determinato luogo. L’adolescente che “scavalla”, cioè ruba, il cellulare di un coetaneo sta forse cercando qualcosa in più di un oggetto nuovo e scintillante. La quasi totalità dei comportamenti trasgressivi degli adolescenti rappresenta un’anticipazione esasperata ed enfatizzata dei comportamenti che caratterizzano l’adulto. Essi, in altre parole, rappresentano tentativi inadeguati di raggiungere una maturità e una adultità percepite come ancora irraggiungibili.
Dal momento che in adolescenza si attivano conflitti relativi al senso del proprio valore, spesso la soluzione trasgressiva è una scorciatoia disfunzionale per raggiungere un senso di sé dotato di riconoscimento sociale, popolarità e reputazione. Al di sotto di ogni gesto trasgressivo, violento o appropriativo, si cela, nascosto e inconscio, il tentativo di compensare, in modo immaginario e nei fatti fortemente disfunzionale, un blocco nel processo di maturazione.
È così possibile intravvedere, in chi mente in maniera spudorata anche di fronte all’evidenza, un ragazzo che fa fatica a presentarsi per quello che è piuttosto che per ciò che vorrebbe essere; nella ragazza che ruba dei trucchi, l’incapacità a districarsi rispetto a una dipendenza infantile che la costringerebbe a chiedere il denaro necessario per acquistare proprio degli strumenti di accesso simbolico a una femminilità adulta; o ancora, nell’amico che procura per tutti i membri del gruppo la marijuana, un adolescente che vuole mostrarsi intraprendente agli occhi degli altri, rendendoli dipendenti da lui e al contempo evitando di percepirsi a sua volta dipendente dagli altri, il tutto acquisendo illusoriamente un ruolo più “lavorativo” e imprenditoriale.
AZIONI VIRTUALI, RESPONSABILITÀ REALI
Una delle principali tipologie di adolescenti che iper-investono nella rete sono i “sovraesposti sociali”, ragazzi e ragazze che mettono in scena la propria fragilità narcisistica mediante agiti virtuali: condotte di sexting, forme di cyberbullismo, istigazioni a gesti rischiosi o autolesivi, diffusione di informazioni sul consumo di sostanze e/o su come procurarsele.
Il palcoscenico online offre agli adolescenti molte opportunità. Spesso, però, il mondo adulto tende a considerare Internet o i social network come cause di questi comportamenti, rischiando di perdere di vista il significato comunicativo del gesto adolescenziale. È importante che di fronte a comportamenti a rischio, antisociali o sessualizzati online non si perda la capacità di pensare sotto pressione, cedendo a spiegazioni semplicistiche. Dobbiamo migliorare la nostra capacità di utilizzare i comportamenti virtuali degli adolescenti per aiutarli a sviluppare un maggiore senso di responsabilità nel mondo reale.
LE REAZIONI DEGLI ADULTI
Le reazioni degli adulti di fronte a questi comportamenti oscillano tra il punire e il perdonare, l’esagerare e il sorvolare. Molti ritengono che le punizioni e la severità siano efficaci, il che è tendenzialmente vero ma solo nel breve periodo, mentre a lungo termine rischiano di alimentare reazioni opposte. Meglio una risposta anche minima che comporta un impegno attivo da parte dell’adolescente, che una punizione privativa minacciata come eterna ma che poi realisticamente sfuma nel giro di poche ore.
Perdono e punizione rappresentano le polarità di una reazione adulta che rischia di far permanere l’adolescente in una posizione infantile: ciò che accade a seguito della sua trasgressione, infatti, non dipende in alcun modo da lui, bensì dal fatto che l’adulto sia buono, e in tal caso verrà perdonato, o cattivo, e quindi sarà punito. Questo non facilita nei ragazzi una progressiva assunzione di responsabilità.
Forse la risposta più intelligente è quella che ci viene insegnata dal Tribunale dei Minorenni, attraverso il dispositivo della “messa alla prova”: un periodo di sospensione del giudizio in cui al ragazzo è richiesto un impegno attivo per riparare all’errore commesso, ma anche per riprendere un percorso di crescita che tipicamente aveva subìto qualche battuta d’arresto. Se la prova funziona, il reato non sarà perseguito (ma l’adolescente lo avrà guadagnato tramite l’impegno e una dimostrazione di responsabilità personale), altrimenti viene punito anche molto severamente.
Questo atteggiamento, in cui a fronte di una trasgressione si richiede un impegno attivo, e non un’ammissione passiva di colpevolezza, risulta efficace al fine di aumentare il senso di responsabilità degli adolescenti. La vera cura per le trasgressioni è l’impegno adulto a rispondere ai bisogni evolutivi di questi ragazzi, riaprendo futuri possibili e aiutandoli a crescere come adulti responsabili.
Riferimenti bibliografici
Lancini M. (2017), Abbiamo bisogno di genitori autorevoli, Mondadori, Milano.
Maggiolini A. (a cura di, 2014), Senza paura, senza pietà. Valutazione e trattamento degli adolescenti antisociali, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Maggiolini A., Di Lorenzo M. (2018), Scelte estreme in adolescenza. Le ragioni affettive della radicalizzazione, Franco Angeli, Milano.
Steinberg L. (2014), Adolescenti. L’età delle opportunità (trad. it.), Codice Edizioni, Torino, 2015.
Winnicott D. W. (1986), «La delinquenza come sintomo di speranza» (trad. it.). In S. C. Feinstein, P. L. Giovacchini (a cura di), Psichiatria dell’adolescente, Armando, Roma, 1989.
Mauro Di Lorenzo, psicoterapeuta relazionale, è cultore della materia presso la Facoltà di Psicologia della Università di Milano-Bicocca e docente presso la Scuola di psicoterapia A.R.P.Ad-Minotauro.
Questo articolo è di ed è presente nel numero 271 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui