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Nuove famiglie e nuovi media: verso un controllo tecnologico delle relazioni?

Sono sempre più numerose e accessibili le app per controllare dove si trovano figli e coniuge e quali rapporti intrattengono online, ma si corrono vari rischi in questo “spionaggio” un po’ ossessivo.

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«Una buona notizia: ci sono molti modi per monitorare e controllare le attività su Internet del proprio figlio che utilizza smartphone, PC e tablet. Si va dalle impostazioni interne del dispositivo a software nati proprio per tutelare i bambini sul web e i tracciatori GPS, per sapere sempre dov’è tuo figlio». 

Questa frase, tratta da un sito Internet che pubblicizza app per il controllo di persone, è esemplare delle nuove relazioni che le tecnologie stanno instaurando nei rapporti familiari. Lo scopo è apparentemente educativo e preventivo, aiutare i genitori a proteggere i loro figli dalle minacce dei nuovi media: Internet, Facebook, WhatsApp e altri strumenti di comunicazione basati sulle tecnologie e quindi fonte di pericolo.

Filtri di protezione dei browser, ma anche possibilità di controllare a distanza quello che i figli fanno sui media, sino a bloccare l’uso dello smartphone. Ma anche app che permettono di sapere minuto per minuto dove sono i figli. I nomi di queste applicazioni-spia (SafeKids, Secure Parental Control, Bitdefender, Screen Time) sono pretesti attrattivi per genitori ansiosi e ipercontrollanti.

NUOVE TECNOLOGIE E NUOVI CONTROLLI

Di cosa pensano i figli di questo controllo e di cosa escogitano per mettere in atto contromosse per eluderlo, poco ancora è dato sapere. Certamente poco gradito – specie dalla preadolescenza in poi – è sapersi localizzati di continuo: controllo pervasivo che in realtà c’entra poco con i pericoli cibernetici, anzi fa uso proprio delle tecnologie per attuare uno spionaggio sulla vita dei figli, prima non irrealizzabile.

Si può ipotizzare che la fiducia tra genitori e figli, che è stata sempre proposta come mezzo educativo essenziale, venga minata alla base da un atteggiamento continuo di conflitto “tra guardie e ladri”, dove non è detto che siano sempre le guardie ad avere la meglio, se la controparte è abile e sostenuta da un contesto di coetanei altrettanto esperti e decisi alla resistenza contro le invasioni della loro privacy.

Certo, i pericoli della Rete sono numerosi e non vanno sottovalutati. Cyberbullismo, adescamenti di minorenni e reati sessuali, instaurarsi di relazioni virtuali che provocano poi gravi traumi e conseguenze psicopatologiche sono purtroppo diffusi e vanno contrastati in qualche modo. Indubbiamente la Rete amplifica fenomeni di violenza e di sessualità deviata che sono sempre esistiti, e li diffonde capillarmente rendendo potenziali vittime tutti i minorenni che posseggono uno smartphone.

Per prevenire i rischi di cadere nella rete delle provocazioni e degli allettamenti diffusi su Internet, misure di controllo sono suggerite, come atto di responsabilità da parte dei genitori, da un sito della polizia postale che attua il controllo e la necessaria repressione dei reati informatici (www.commissariatodips.it).

Una funzionaria ha dichiarato tempo fa su un noto quotidiano: «Osate, guardate nei loro telefonini, nella loro rubrica, nei loro messaggini. Il vostro ruolo è quello di genitori e questo ruolo vi rende responsabili dei vostri figli minori anche dal punto di vista penale. Quindi, controllare quel che fanno significa capire se stanno usando in modo giusto gli strumenti che hanno a disposizione. È un modo per tutelarli, proteggerli».

Ma il controllo pervasivo – pur sempre eludibile – è l’unico modo, e comunque il migliore, per attuare la tutela e la protezione? Invadere gli spazi intimi e “segreti” che ogni persona deve avere può diventare addirittura controproducente, stimolando la ricerca di spazi di evasione ancora più pericolosi. Oppure vanno affiancate strategie educative che rafforzano le difese dei bambini e la loro capacità di autocontrollo?

Lo “spionaggio”, comunque, non si limita al rapporto genitori-figli. Dobbiamo chiederci come si inseriscono le novità tecnologiche e i rischi di agevolare nuove forme di comportamenti patologici (esposti nell'ultimo paragrafo "App per spiare figli dipendenti, partner. Una nuova forma di patologia?") – nelle dinamiche relazionali che la psicologia della coppia, della famiglia e dell’educazione ha descritto da tempo. Ne sono solo una naturale evoluzione o ne possono comportare una rivoluzione irrimediabile? Vanno certamente chiariti e precisati i risvolti sociologici e giuridici della tendenza all’ipercontrollo e alla sorveglianza diffusa (Ziccardi, 2015). Ma il problema essenziale, specie per quanto riguarda le relazioni di coppia e l’educazione dei figli, è di tipo psicologico; e bisogna rileggere quanto la ricerca psicologica ha finora detto su questo tema.

PERCHÉ (E COME) COPPIE E FAMIGLIE STANNO INSIEME

La famiglia svolge un’insostituibile funzione di intermediazione tra natura e cultura, tra individuo e società, tra pubblico e privato, con l’essenziale mediazione dell’educazione delle nuove generazioni. Per quanto riguarda i rapporti di genere e di età all’interno della famiglia, occorre aggiungere la complementarità, situazione in cui le diversità, in sé incomplete e parziali, si completano e si integrano, e la reciprocità, dove soggetti che sono in sé persone autonome e complete si scambiano in modo sinergico e solidale ciò che le caratterizza. 

La coppia che promuove e regge la famiglia deve usare, e trasmettere, capacità di comunicazione, di supporto e affidabilità reciproca, di adeguate modalità di prendere le decisioni (evitando forme impulsive, o procrastinatrici, oppure imposte da una parte a un’altra senza condivisione). Deve gestire uno stile parentale tanto più funzionale quanto meno autoritario e coercitivo, e invece autorevole, che vuol dire condiviso e flessibile.

In quest’ottica, condizioni estreme di ipercontrollo – con o senza tecnologie – si associano sempre a difficoltà di crescita della coppia come “famiglia”. Aumentano i conflitti, la cui funzione adattiva dipende dalla qualità della relazione; alterano il normale livello di coesione, che nasce da rapporti caratterizzati da autonomia e nel contempo dal mantenimento di un legame positivo; bloccano le possibilità di sviluppo e le capacità di esplorazione e di investimento sulle relazioni extrafamiliari.

Nel ben noto modello di Olson (2000) la coesione esprime la vicinanza dei membri della coppia nelle decisioni razionali e nelle condivisioni emotive, mentre la parallela dimensione di flessibilità include la qualità ed espressione della leadership e dell’organizzazione nella coppia, le relazioni di ruolo, le regole relazionali e le negoziazioni.

Gli estremi della coesione (disimpegno vs. invischiamento) e della flessibilità (rigidità vs. caoticità) producono coppie e famiglie “non bilanciate”. Queste dimensioni si intersecano con la quantità e qualità della comunicazione, e con la soddisfazione della relazione che produce un buon livello di funzionamento della famiglia.

I momenti in cui tale funzionamento ha un importante banco di prova è la gestione degli eventi critici cui la famiglia può essere sottoposta: per esempio, condizioni di infertilità, malattia cronica, figli problematici, lutti, eventi sociali negativi come la perdita di lavoro.

Il fronteggiamento di un evento critico è connesso al significato che la coppia attribuisce all’evento, legato ai valori e alla storia della coppia stessa; al modo in cui la coppia ha affrontato i compiti evolutivi collegati a fasi precedenti; alla capacità della coppia di riconoscere e organizzare le risorse disponibili di ciascuno; alle relazioni con l’ambiente esterno piuttosto che una chiusura. Quanto più una coppia privilegia, nei momenti di stress, la vicinanza emotiva, la flessibilità circa le regole e le strutture di potere, l’efficacia della comunicazione, tanto più l’evento o la situazione stressante ha la possibilità di essere gestito con successo.

Queste dinamiche persistono nonostante da decenni la famiglia sia cambiata radicalmente, e con essa i sistemi educativi. Le novità riguardano aspetti di:

identità: famiglie senza matrimonio, coppie miste tra culture diverse, omogenitoriali, PACS;

stabilità: maggiore facilità di separazioni e divorzi, diverso valore dell’adulterio;

molteplicità: famiglie separate e ricostituite che diventano multiparentali per i figli.

Si definisce una relazione coniugale o familiare diversa dal passato, più “liquida” e insicura, meno solida e automatizzata; che deve reggersi meno sulla formalizzazione del rapporto (diminuzione dei legami ufficiali, aumento di quelli informali) e più sulla instabilità e la gestione del cambiamento.

L’elemento portante di queste nuove relazioni meno formalizzate non può essere che la fiducia reciproca tra i membri della famiglia e tra le generazioni familiari, che della formalizzazione è l’alternativa affinché la relazione duri e sia proficua. 

Le opportunità di controllo che le nuove tecnologie offrono all’interno di tali dinamiche – che era un problema già in precedenza, ma con meno supporti esterni – ostacolano proprio quel rapporto fiduciario che dovrebbe consentire di reggere le mutazioni del sistema e di superare le nuove situazioni di crisi. Quando si affermano strategie di sospetto e di controllo, il rapporto non vira certo verso la fiducia, che consente di accettare la diminuzione delle sicurezze e l’aumento del rischio e di farvi fronte; e le conseguenze potrebbero essere dirompenti più dei rischi che con il controllo si vorrebbero evitare.

 

APP PER SPIARE FIGLI, DIPENDENTI, PARTNER. UNA NUOVA FORMA DI PATOLOGIA?

«Siete desiderosi di controllare la vita di chi vi sta accanto o di chi lavora per voi? Le abitudini americane sbarcano in Europa». Così si legge in un sito che presenta le nuove applicazioni-spia. Altro che diritto alla privacy, ribadito di recente per l’uso fraudolento dei dati presi abusivamente dai profili dei social media! 

Ci sono app che consentono di:

• sapere cosa fanno altre persone sui social media, a loro insaputa;

• seguire momento per momento dove si trova un’altra persona, o anche tutti i membri della famiglia;

• controllare dove sono e se svolgono le loro mansioni i propri dipendenti, attraverso la localizzazione del loro cellulare;

• accedere ai contenuti del cellulare di un’altra persona: telefonate, messaggi, foto, cronologia del browser.

 

Alcune di queste app richiedono un consenso iniziale a scaricarle; ma il consenso può essere estorto con l’inganno (per esempio, approfittando dello strumento incustodito), con motivazioni razionali o affettive: “Se hai bisogno, so dove venire ad aiutarti”; “Se non accetti di farti localizzare, significa che non mi vuoi bene”. Il consenso può essere mascherato o indotto con mezzi ricattatori dal datore di lavoro e accettato dal dipendente per non perdere il posto. 

Mentre quest’ultimo aspetto rientra nell’alterazione delle relazioni lavorative (fino a veri e propri reati perseguibili dalle norme vigenti), gli altri configurano un disturbo della relazione. Anziché vivere la propria vita, si spia quella degli altri. Anziché godere di un rapporto affettivo, ci si fa travolgere in un incessante lavoro da detective privato per controllare chi si ama.

Uno studio realizzato dalla London School of Economics and Political Science ha dimostrato che nel 44% di un ampio campione di coppie inglesi uno dei membri spiava l’altro: tra questi, nel 20% dei casi il controllore era l’uomo, nel 43% la donna, nel 37% lo spionaggio era reciproco. I metodi usati erano: leggere di nascosto le e-mail, gli sms dei cellulari, la pagina Facebook, controllare la cronologia del browser Internet per vedere quali pagine erano state visitate. Ma anche impiegare software specifici per monitorare le attività online e persino assumere una fittizia identità virtuale per provocare il proprio partner e verificarne la “fedeltà”.

Particolarmente diffuso è il controllo continuo e pervasivo da parte dell’ex partner, quando il rapporto è finito ma non se ne accetta la conclusione: fino ad esiti violenti e addirittura omicidi. 

Di recente è stata proposta la definizione di una nuova forma di patologia chiamata “Relationship Obsessive-Compulsive Disorder” (ROCD - Disturbo di Relazione Ossessivo-Compulsiva; Doron et al., 2014): un’anormalità delle relazioni intime, diversa dalla ben nota gelosia, anche se come tale viene spesso percepita e quasi giustificata. Prevalgono dubbi e pensieri ossessivi riguardanti le relazioni affettive, e comportamenti compulsivi finalizzati a rispondere all’ansia e alla preoccupazione provocate dagli aspetti cognitivi. 

È evidente come questa sindrome sia stimolata dalla possibilità di spiare altrettanto compulsivamente la persona con cui si è in relazione (partner, figli) e trovi in mezzi tecnologici quali quelli descritti un modo opportuno di rispondere ai propri anomali bisogni di controllo psicologico.

 

Riferimenti bibliografici

Doron G., Derby D., Szepsenwol O. (2014), «Relationship Obsessive-Compulsive Disorder (ROCD): A conceptual framework», Journal of Obsessive-Compulsive and Related Disorders, 3, 169-180.

Helspera E. J., Whitty M. T. (2010), «Netiquette within married couples: Agreement about acceptable online behavior and surveillance between partners», Computers in Human Behavior, 26 (5), 916-926.

Olson D. H. (2000), «Circumplex model of family system», Journal of Family Therapy, 22 (2), 144-167.

Ziccardi G. (2015), Internet, controllo e libertà. Trasparenza, sorveglianza e segreto nell’era tecnologica, Raffaello Cortina Editore, Milano.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 268 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui