Anthony Scioli

Lo stato della psicologia negli Stati Uniti

La psicologia cognitiva, le neuroscienze e la psicologia positiva sono le aree più in espansione negli ultimi anni, mentre altri modelli registrano un calo di interesse. Ecco una panoramica fra teoria, ricerca, insegnamento e formazione psicologica

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In questo articolo analizzo lo stato della psicologia in America, considerando le tendenze degli ultimi tre decenni. La mia prospettiva deriva da trent’anni di esperienza nel settore come psicologo clinico, accademico e ricercatore. Lungo questo mio percorso ho avuto la grande fortuna di lavorare con figure di spicco della psicologia. All’inizio della mia carriera ho studiato con James Averill, teorico del costruttivismo sociale e delle emozioni e affermato storico della psicologia. In seguito ho collaborato con David McClelland, che all’inizio della sua carriera si era concentrato sull’approccio psicodinamico alla motivazione, con una maggiore attenzione in seguito ai concetti comportamentali e infine alle correlazioni biologiche e alle implicazioni della psicologia della salute. Ho avuto inoltre l’opportunità di seguire diverse lezioni del famoso storico della psicologia, Sigmund Koch.

Mi concentrerò su determinate aree teoriche e di ricerca verso cui l’interesse è aumentato, diminuito oppure è rimasto costante nel corso del tempo, includendo anche la psicologia applicata in America. Per questo articolo mi sono basato in parte sul database elettronico PsycInfo, il principale archivio di psicologia con oltre cinque milioni di documenti. Ho limitato le mie ricerche a pubblicazioni in lingua inglese come esempi rappresentativi della psicologia americana. Cominciamo dalla teoria e dalla ricerca.

TEORIA E RICERCA NELLA PSICOLOGIA AMERICANA

La psicologia cognitiva è dominante nella psicologia americana. La “rivoluzione cognitiva” ebbe inizio alla fine degli anni Cinquanta e da allora è cresciuta in maniera esponenziale. Tra il 1992 e il 2022 sono stati caricati su PsycInfo quasi 300 000 studi di psicologia cognitiva. Considerati nel complesso, Skinner e Hull, i grandi comportamentisti americani del ventesimo secolo, in questo stesso periodo sono citati solo una volta ogni 500 pubblicazioni. La psicologia cognitiva ha due radici: una prospettiva quasi comportamentista, che può risalire agli antichi stoici, e una tradizione fenomenologica, che fu avviata dal filosofo Immanuel Kant e ha trovato un’espressione moderna in America nell’opera di George Kelly negli anni Cinquanta. Per una serie di ragioni, innanzitutto euristiche e pratiche, la psicologia americana ha favorito l’approccio cognitivo-comportamentale. I limiti del cognitivismo includono un’eccessiva dipendenza dai modelli computazionali (spesso simili a computer) del pensiero umano, una mancanza di considerazioni biologiche ed ecologiche (intese come fattori ambientali interni ed esterni) e una minimizzazione del ruolo di emozioni, volontà e proiezione sul futuro (Rychlak, 1995).

La neuroscienza è un’altra area in rapida espansione. Tra il 1990 e il 2000 si contavano solo 810 pubblicazioni su PsycInfo. Negli ultimi dieci anni sono state caricate invece 16 302 pubblicazioni. La crescita della neuroscienza può essere attribuita a un’attenzione più generale agli aspetti biologici e ai progressi della tecnologia di elaborazione informatica e dei metodi di diagnostica per immagini del cervello (per esempio la risonanza magnetica funzionale, RMF). La ricerca nel campo della neuroscienza è costosa: nel valutare i principali esponenti di questo settore bisogna tenere conto dell’accessibilità. Per esempio i fondi stanziati in America per la ricerca nell’ambito della psicologia superano i due miliardi di dollari all’anno (per avere un termine di paragone, nel Regno Unito si spendono circa 125 milioni). Le critiche più dure agli studi di neuroscienza e RMF sostengono che l’isolamento delle singole funzioni cerebrali potrebbe indicare un ritorno alla pseudoscienza della frenologia (Uttal, 2002).

La psicologia positiva è una terza area in espansione. I suoi sostenitori citano un articolo scritto nel 2000 da uno psicologo americano come punto di partenza della psicologia positiva. Tuttavia diversi critici scorgono una sovrapposizione tra gli studiosi di psicologia della personalità e psicologia umanistica già a metà del ventesimo secolo. Tra il 1990 e il 2000 ci sono state dieci pubblicazioni di psicologia positiva. Negli ultimi dieci anni se ne contano 8833. Lo storico della psicologia Kurt Danziger ha sottolineato che le teorie psicologiche spesso seguono un ciclo a tre fasi, dalle argomentazioni morali alle affermazioni scientifiche, fino alla nascita di una classe di “esperti”. Nel bene e nel male si tratta di una descrizione calzante della traiettoria che ha preso la psicologia positiva in America negli ultimi vent’anni (Scioli, 2020).

Tre settori si possono classificare come aree verso cui c’è un interesse costante (che non aumenta o diminuisce rapidamente): si tratta della psicologia delle emozioni, dell’attaccamento e della salute. Per gran parte del ventesimo secolo le emozioni sono state relativamente trascurate. I progressi nella psicologia cognitiva e sociale negli anni Ottanta hanno spinto gli psicologi americani ad andare oltre gli studi sulla paura e l’aggressione condizionate e a esplorare emozioni come colpa, vergogna, speranza e persino amore romantico. Solo nell’ultimo decennio nel database si contano oltre 62 000 pubblicazioni sulle emozioni.

La teoria dell’attaccamento ha mostrato una rapida crescita di interesse negli anni Settanta e continua a essere una tematica molto popolare, con 13 123 pubblicazioni negli ultimi dieci anni. Le tendenze più recenti includono tentativi di associare l’attaccamento in età molto precoce allo sviluppo del cervello e alle capacità di regolazione delle emozioni in età adulta. La teoria e la ricerca in ambito di psicologia della salute hanno visto un’accelerazione negli anni Ottanta, con un’ulteriore forte spinta dovuta all’ascesa della psiconeuroimmunologia (PNI) negli anni Novanta. La PNI è lo studio delle interazioni tra il sistema nervoso, il sistema endocrino e il sistema immunitario (8492 pubblicazioni dal 2012 al 2022).

C’è stato invece un forte calo di interesse per gli approcci psicodinamici (Freud e allievi), i modelli di condizionamento stimolo-risposta e la psicologia umanistica. Negli ultimi dieci anni il nome di Freud viene citato in appena il 2% delle pubblicazioni. Skinner (comportamentismo) o Rogers (psicologia umanistica) sono citati ancora meno, circa una volta ogni mille articoli.

L’AMERICAN PSYCHOLOGICAL ASSOCIATION (APA) E L’ASSOCIATION FOR PSYCHOLOGICAL SCIENCE (APS)

L’APA (American Psychological Association, Associazione americana di psicologia) è la principale organizzazione professionale di categoria in America. Secondo una recente indagine conta circa 125 000 membri (esclusi quelli internazionali). Poco più della metà sono fornitori di servizi sanitari (57%) e rientrano principalmente nella categoria degli psicologi clinici (40%). Per il resto sono distribuiti tra accademici, ricercatori non accademici o figure aziendali. Nel 1988 400 accademici e psicologi dediti alla ricerca, che consideravano l’APA come una corporazione troppo orientata all’esercizio della professione, si distaccarono e fondarono l’APS (Association for Psychological Science, Associazione per la scienza psicologica) con la missione di «ripristinare l’immagine pubblica della psicologia come scienza». Oggi l’APS conta circa 23 000 membri nel mondo.

INSEGNAMENTO

Il PhD (dottorato di ricerca) è il requisito minimo per diventare membro a tempo pieno del corpo docenti della facoltà. Gli impieghi che portano all’immissione in ruolo a tempo indeterminato seguendo il modello della tenure track sono il sogno di qualsiasi aspirante accademico, ma la competizione è molto forte. Per ogni posizione di solito un dipartimento riceve oltre cento candidature. Negli anni Sessanta e Settanta il 70% dei docenti della facoltà era a tempo indeterminato oppure seguiva il modello della tenure track per diventarlo in seguito. Oggi le percentuali sono invertite, con oltre il 70% dei docenti impiegati come assistenti part-time. Considerata la difficoltà di raggiungere una posizione che porti all’immissione in ruolo a tempo indeterminato (tenure track), la maggior parte dei docenti rimane all’interno dello stesso istituto per oltre trent’anni. Gli stipendi sono adeguati ma non eccezionali, in particolare per i docenti di livello inferiore. Tuttavia nella maggior parte dei casi i benefici sono molto buoni.

Nel 1990 i criteri di assunzione e di immissione in ruolo a tempo indeterminato si erano già spostati verso le pubblicazioni di successo e la possibilità di assegnazione di fondi di ricerca tramite finanziamenti esterni (dal governo o da fondazioni private): storicamente molti istituti, anche quelli considerati d’élite, hanno sempre dato grande importanza all’eccellenza nella pedagogia. Anche gli istituti più piccoli stanno spingendo sempre più i docenti di livello inferiore a concentrarsi sulle pubblicazioni e sui finanziamenti esterni.

PSICOLOGIA APPLICATA: FORMAZIONE E CERTIFICAZIONE

Per quanto riguarda la formazione e la certificazione nella psicologia americana, l’interesse è per la maggior parte concentrato sulla psicologia applicata. Un’eccezione è rappresentata dal Fellows program dell’APA che copre tutte le sottocategorie. Il Fellows program dell’APA è un titolo illustre e chi lo detiene è dotato di grandi competenze in una determinata sottocategoria. Tuttavia, il titolo non si traduce in vantaggi aggiuntivi dal punto di vista dell’abilitazione professionale o di opportunità di impiego sicure.

Tra chi si occupa di psicologia applicata, l’80% rientra nella psicologia clinica o nella consulenza psicologica, e per entrambe le categorie circa il 5% sono psicologici sanitari, forensi, scolastici o aziendali.

Un soggetto con una laurea di primo livello di quattro anni in psicologia ha opportunità di impiego limitate. Il Master of Social Work (MSW) è una valida alternativa al dottorato per chi è interessato soprattutto a esercitare l’attività di terapeuta. Altre opzioni di scelta a livello di master sono la consulenza in salute mentale, la terapia di coppia e di famiglia, il Master of Education (consulenza scolastica) e il master in psicologia scolastica (incentrato sulla valutazione).

A livello di dottorato esistono molte possibilità. Il più importante è il PhD in psicologia clinica che offre la massima flessibilità. Accedere a questi programmi è estremamente difficile (per esempio su 300-500 candidati vengono ammessi 6-10 studenti). Molti studenti ricevono una generosa borsa di studio ed essere ammessi è una vera sfida.

Circa sessant’anni fa il titolo PsyD (dottore in psicologia) emerse come alternativa al PhD, che secondo alcuni era troppo incentrato sulla ricerca e sulla preparazione degli accademici. Queste scuole professionali si rivolgono a chi è principalmente interessato alle candidature. Di solito c’è un piccolo corpo docenti integrato da collaboratori part-time o consulenti. L’ammissione è abbastanza difficile. Poiché si tratta di istituti indipendenti sono costosi e le sovvenzioni finanziarie sono limitate.

Oltre al PhD clinico e al PsyD esistono anche il PhD in counseling e l’EdD (Doctor of Education, il dottorato di ricerca nel campo dell’istruzione). Questi programmi vanno ad aumentare la confusione in materia di percorsi formativi di livello superiore in psicologia. Il PhD in counseling in teoria dovrebbe preparare i soggetti a lavorare in centri di consulenza universitari o in contesti di consulenza di carriera. I dubbi nei confronti del modello medico e l’adozione di approcci umanistici nella professione del counseling hanno reso questi programmi ideali per i futuri terapeuti meno inclini a concentrarsi su patologia e disturbi gravi. Infine la distinzione tra psicologia clinica e consulenza psicologica è quasi del tutto scomparsa: i programmi di consulenza mirano ad ampliare l’ambito clinico, mentre i programmi di psicologia clinica cavalcano l’onda della psicologia positiva e del benessere.

In teoria un Doctorate in Educational Psychology (Dottorato in psicologia dell’istruzione) mira a formare figure professionali che andranno poi a occupare posizioni di dirigenza nelle scuole o di ricerca in materia di disabilità di sviluppo, cognitive o di apprendimento, ecc. Come per la consulenza psicologica l’EdD include sia il counseling sia la psicoterapia. Per aumentare ancora di più la confusione, in alcuni stati i requisiti per essere ammessi all’esame di abilitazione professionale includono il dottorato in psicologia o un ambito correlato (per esempio l’istruzione).

Se un candidato ha completato tutto il percorso per un dottorato, compresa la dissertazione di laurea (e nella maggior parte dei casi anche una tesi di laurea magistrale, M.A.) sono necessari molti altri requisiti prima di ottenere l’abilitazione professionale. Il candidato deve svolgere due anni di tirocinio clinico (pre e post dottorato) in una struttura sanitaria e poi sottoporre il proprio curriculum e la documentazione relativa al tirocinio alla revisione di un comitato statale. Una volta ottenuta l’approvazione il candidato può sostenere l’esame EPPP (Examination for Professional Practice of Psychology, Esame di pratica professionale in psicologia).

Dopo l’abilitazione professionale, l’ostacolo successivo è l’ammissione a uno o più insurance panel, gli elenchi di psicologi convenzionati, necessaria per ottenere il rimborso da terzi. I tassi di rimborso di solito sono fissati dalle compagnie assicurative, in base a criteri come località (es. rurale, suburbana, urbana), livello di abilitazione professionale (es. M.A., MSW, PhD) e livello di servizio (es. test, colloqui di famiglia, psicoterapia). Per una serie di ragioni le compagnie assicurative hanno reso sempre più difficili i rimborsi. In molte grandi città statunitensi, dove i dati demografici lo consentono, molti psicologi affermati si affidano in maniera ridotta a pagamenti di terzi e alcuni accettano solo clienti disposti a pagare subito. Per chi continua a lavorare con enti terzi si chiede sempre più di rendere conto del proprio operato, dando priorità a condizioni con una base biologica, lunghi resoconti di valutazione e richiesta di approcci basati sulle evidenze.

Non si fermano inoltre i dibattiti sulla domanda fondamentale: chi è uno psicologo? In alcuni stati è necessario un dottorato, in altri si fa un’eccezione per il livello M.A. “psicologi scolastici”.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Molti psicologi americani si riferiscono alla fine degli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta come a un’epoca d’oro. I requisiti per accedere all’abilitazione professionale erano minori e i dipartimenti di psicologia avevano bisogno di docenti. Le sovvenzioni per la ricerca da parte del governo erano più semplici da ottenere. Al tempo stesso negli ultimi trent’anni ci sono stati molti sviluppi positivi nella psicologia americana, con una maggiore specializzazione e assunzione di responsabilità. Sviluppi che offrono una maggiore protezione al pubblico in generale. La psicologia in America è più aperta e non è più prigioniera dei paradigmi dominanti. Rimangono tuttavia diverse sfide da affrontare, tra cui le minacce del riduzionismo, un’eccessiva enfasi sull’euristica, le pressioni esercitate dalle associazioni, la riduzione dello stigma della malattia mentale e la possibilità di assicurarsi livelli di finanziamento paragonabili alle scienze naturali e alla medicina.

Anthony Scioli è docente di Psicologia clinica presso il Keene State College del New Hampshire. Autore di Hope in the age of anxiety (Oxford University Press, 2009) e The power of hope (Health Communications Inc, 2010), è l’attuale presidente dell’IAPS (Italian American Psychological Society).

Bibliografia

Rychlak J. F. (1995), «A teleological critique of modern cognitivism», Theory & Psychology, 5 (4), 511-531;
https://doi.org/10.1177/0959354395054003
Scioli A. (2020), «The psychology of hope: A diagnostic and prescriptive account», in S. C. van den Heuvel (Ed.), Historical and multidisciplinary perspectives on hope, Springer, Berlin; https://doi.org/10.1007/978-3-030-46489-9_8
Uttal W. R. (2002), «Précis of the new phrenology: The limits of localizing cognitive processes in the brain», Brain & Mind, 3 (2), 221-228; https://doi.org./10.1023/A:1019972122144

 

Questo articolo è di ed è presente nel numero 287 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui