Cesare Cornoldi

Le false memorie

Ci sono situazioni quotidiane in cui l'eventuale incongruenza tra ricordo e fatto non costituisce per forza un problema. Opposto è il caso in cui la memoria in gioco sia quella di un testimone. 

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Anni or sono, in un famoso processo, Gary Ramona, un importante manager vicepresidente della compagnia di vini californiani Mondavi, dovette difendersi dall’accusa di avere abusato sessualmente della figlia Holly quando era piccola.

L’accusa non nasceva da ricordi coscienti della figlia, ormai diventata donna, ma da memorie che nella giovane donna erano emerse durante la psicoterapia. Il dirigente era persona non solo facoltosa – e quindi tale da potersi permettere di pagare costosi esperti di parte –, ma anche convinta della propria innocenza e quindi volle portare la questione fino in fondo.

In tal modo intendeva pure riaversi dal danno economico causatogli dalla denuncia, dovuto alla perdita del posto di un lavoro che gli portava un’entrata annua di circa 400.000 dollari.

LA RESPONSABILITÀ DELLA TESTIMONIANZA

Come poteva sua figlia ricordare solo ora fatti così gravi e importanti? La psicoterapeuta, Isabella Marche, affermò convinta che si trattava di eventi così dolorosi da avere indotto la bambina ad allontanarli dalla coscienza e che la psicoterapia aveva avuto, appunto, la funzione liberatoria di far emergere questi ricordi ormai diventati inconsci.

La psicoterapeuta ammise altresì che, convinta che la guarigione psichica della ragazza - affetta da gravi disturbi alimentari - dovesse passare per la consapevolizzazione di ricordi infantili, aveva deliberatamente scavato a fondo in quella direzione. 

Il dottor Richard Rose, capo del servicio di psichiatria del centro dove Holly era curata, collaborò nell'intervento terapeutico e nell'indagine a ritrovo sui ricordi infantili con un aiuto farmacologico. 

Il processo, durato due mesi, vide il coinvolgimento di esperti della memoria i quali dimostrarono che, quando una persona è portata a considerare reiteratamente che un evento possa essere accaduto, progressivamente si convince che effettivamente esso è accaduto.

Alla fine Ramona fu assolto (con 10 membri della giuria schierati dalla sua parte e solo 2 contro) e ottenere un risarcimento di 500.000 dollari. 

Ma come si potè arrivare a un verdetto, per certi versi rivoluzionario, in cui veniv messa in dubbio la capacità di ricordare di una persona e veniva sconfessata una presunta grave violenza di un padre su una figlia?

Fu grazie all'intervento degli psicologi della memoria che già avevano dimostrato sperimentalmente come la memoria possa sbagliarsi e come ci sia una serie di indicatori per distinguere fra ricordi credibili e ricordi poco plausibili.

Indubbiamente un contributo fondamentale in tale direzione fu dato da Elisabeth Loftus, che, per fatalità, molti anni dopo si sarebbe trovata a insegnare nello stesso ateneo da cui proveniva Holly, e cioè la University of California a Irvine.

La Loftus è autrice di studi che hanno illustrato le condizioni in cui si possono radicare nella mente di una persona ricordi di episodi mai successi.

In uno di questi esperimenti, di cui diede illustrazione filmica in un affollato discorso tenuto a un congresso sulla memoria, la Loftus, con l’aiuto di un suo studente, coinvolse 24 persone e i loro familiari, che fornirono informazioni su tre incidenti avvenuti durante l’infanzia di tali persone.

Quindi la Loftus presentò loro accurate descrizioni di quei tre eventi, ma anche di un quarto mai verificatosi e che riguardava il drammatico ricordo di essersi perduti in un centro commerciale. Una parte dei partecipanti dichiarò di ricordare non solo gli episodi che effettivamente erano accaduti, ma anche quest’ultimo evento, del tutto falso.

Si può capire come l’esistenza delle false memorie abbia una particolare importanza in ambito psicoterapeutico, dal momento che molte forme di psicoterapia si basano proprio sul recupero di ricordi del passato del paziente.

Fino a che punto ricordi che riaffiorano alla mente rappresentano eventi rimossi, perché troppo dolorosi e conflittuali, e da quale punto in poi sono invece prodotti dell’immaginazione? Non è facile, ma è possibile stabilire dei criteri che aiutino a differenziare tra i due casi.

Per esempio, nel caso di queste false memorie, non ci sono stati segni precursori della ricomparsa del ricordo: la mente ha cominciato a lavorarci progressivamente, ci sono state suggestioni esterne, il ricordo è rimasto comunque sbiadito e decontestualizzato.

Ma va aggiunto che, dal punto di vista di numerosi approcci psicoterapeutici, il problema della veridicità del ricordo su un piano di realtà è in qualche modo secondario rispetto al problema della verità fantasmatica.

Anche se il ricordo si riferisce a un episodio non esistito, il ricordo esiste nella mente del paziente e costituisce fonte di turbamento, per cui bisogna comunque rielaborarlo.

Il problema della veridicità su un piano di realtà è invece cruciale nel momento in cui il ricordo non riguarda solo l’interiorità di una persona, ma coinvolge altre persone (le quali hanno ovviamente un mondo fantasmatico diverso) e soprattutto ha implicazioni testimoniali.

Non ci sarebbero stati, infatti, gravi problemi se gli psicoterapeuti di Holly non avessero voluto rendere pubblici i ricordi degli abusi “subiti” da Holly. Sarebbe anche potuto accadere che a fantasie che avevano portato Holly a formarsi quei ricordi, ne seguissero altre capaci di aiutare la ricostruzione di un rapporto col padre.

Ma, non appena il ricordo diventa elemento testimoniale, allora il problema della veridicità si pone e si possono commettere errori processuali gravissimi, com’è stato ampiamente dimostrato dagli psicologi della testimonianza: non solo ricordi di episodi mai successi, ma anche errati riconoscimenti di presunti colpevoli, inesatta caratterizzazione dell’episodio, deformazione di dettagli ecc.

 

TENDENZIOSITÀ DEL CONFRONTO ALL’AMERICANA

Una situazione critica, già molti anni fa portata dagli psicologi all’attenzione degli inquirenti, è rappresentata dal riconoscimento del colpevole attraverso il cosiddetto “confronto all’americana”, in cui una fila di persone, comprensiva del sospettato, viene fatta vedere ai testimoni oculari di un crimine. Questa procedura è stata ribattezzata “all’americana” perché frequentemente utilizzata negli Stati Uniti e anche perché compare, con soluzioni molto drammatiche, in numerosi film e telefilm americani.

Per esempio, nel recente Animali notturni il protagonista riconosce immediatamente uno dei personaggi della banda che ha stuprato e assassinato sua moglie e sua figlia. Il riconoscimento è fuori di dubbio perché il protagonista ha potuto lungamente vedere da vicino il criminale, dal momento che l’episodio ha avuto una lunga durata e i due hanno addirittura fatto un viaggio in auto insieme.

Ma cosa accade se invece la scena è stata breve, il criminale non è mai stato visto in modo chiaro e in primo piano, oppure la tensione del testimone era tale da impedirgli un’osservazione attenta? Il rischio di sbagliare è gravissimo e gli psicologi della testimonianza ne hanno portato diverse evidenze, poi confermate anche dalle verifiche basate sull’esame del DNA.

Un caso riferito riguarda un testimone che, al primo confronto all’americana, non aveva riconosciuto il sospettato e, anzi, aveva mostrato una qualche incertezza relativa a un’altra persona. Il testimone era stato però invitato a ripensarci meglio ed era stato invitato più volte a visionare repertori di immagini che includevano il volto del sospettato.

Molto tempo dopo, quel sospettato che inizialmente non era stato riconosciuto dal testimone aveva assunto una familiarità tale per cui il testimone riferiva di ricordarsi, ora, più chiaramente e di avere la chiara impressione che si trattasse del criminale.

L’errore di riconoscimento nei confronti all’americana è estremamente diffuso, sembrerebbe riguardare addirittura un terzo dei riconoscimenti, per cui oggi anche negli Stati Uniti è generalmente considerato inadeguato.

I due casi, quello di Holly e quello riportato del confronto all’americana, offrono l’esemplificazione di un meccanismo fondamentale capace di indurre false memorie, rappresentato dalla induzione di ricordi con il concorso di stimolazioni successive all’episodio ricordato.

Questo meccanismo, in maniera meno decisiva, è presente nel ricordo di tutti gli episodi significativi della nostra vita, nella misura in cui ci capita di ripensarci (o anche di agire in maniera da evitare di pensare ad essi). Ovviamente, tali azioni successive della mente contribuiscono a modificare il ricordo originale. Un celebre psicologo inglese del Novecento, sir Frederic Bartlett, usava un metodo, chiamato “delle riproduzioni ripetute”, per mostrare come, nei successivi ricordi di un evento, questo venga a cambiare.

In un certo qual modo, alla decima volta in cui ci troviamo a pensare a una cosa che ci è accaduta, noi non ricordiamo più quella cosa, bensì “il ricordo del ricordo del ricordo” di quella cosa. Oggi, questo meccanismo di trasformazione successiva dei ricordi è stato a tal punto evidenziato che gli inquirenti dei Paesi occidentali sono indotti alla cautela nel considerare valido un ricordo che sia stato riportato più volte, dando invece maggior peso al primo rapporto fornito dal testimone.

 

I FILTRI DELLA MEMORIA

Tuttavia, ci sono ricordi erronei che possono crearsi nel momento stesso in cui siamo esposti a un episodio. Un gruppo di ricercatori delle Università di Davis (California) e di Padova ha proposto una situazione molto semplice atta a indurre false memorie. La situazione si basa sulla presentazione di fotografie che descrivono momenti successivi dell’episodio.

Per esempio, i soggetti che partecipano all’esperimento possono vedere una serie di immagini che ritraggono una ragazza che è in stazione con il trolley, vidima il biglietto, è sul treno, scende e spinge il suo bagaglio nella stazione e poi per la strada verso casa, entra nel condominio in cui si trova il suo appartamento e infine è nel soggiorno di casa sua. 

La serie di immagini – qui riproposta in basso – rende una chiara idea della successione di azioni tipica di una ragazza che rientra a casa, ma è suggestiva e incompleta, e lascia all’immaginazione di chi le vede di completarla con i passaggi mancanti.

Questo processo di completamento inferenziale è così naturale che numerosi soggetti, già dopo pochi minuti, sono convinti di avere visto momenti che in realtà non sono stati presentati. Per esempio, se si fa loro vedere la fotografia della ragazza proprio nel momento in cui entra nel suo appartamento, asseriscono di averla vista compiere anche il gesto di aprire la porta.

La loro risposta è del tutto plausibile, tenendo conto del fatto che con grandissima probabilità le cose sono andate proprio in quel modo. Da un certo punto di vista, anzi, è bene che la persona che assiste in modo parziale a un evento ne completi i tasselli mancanti, altrimenti la nostra memoria rimarrebbe persa in un insieme di tasselli slegati, un po’ come accadeva all’ipermnestico personaggio borgesiano di Funes.

Immaginiamo, però, che l’esatto ricordo dell’ingresso della ragazza nel suo appartamento sia cruciale ai fini di una testimonianza relativa a quel preciso momento: in questo caso l’inoffensivo ricordo di un dettaglio mancante si trasformerebbe in una pericolosa falsa memoria.

Il gruppo di ricerca padovano è infatti andato oltre e ha esaminato le implicazioni per le false memorie di risvolti significativi degli eventi. Ha quindi ipotizzato che le vicende presentate abbiano non solo conclusioni ovvie e banali, ma anche conclusioni a contenuto emotivo.

Per esempio, la vicenda della ragazza che torna a casa poteva concludersi con un finale decisamente negativo, con la ragazza che trovava l’appartamento devastato dai ladri (vedi, nell'immagine in basso, le due foto dell’“esito negativo”).

In tal caso, la confusione che porta a credere di aver visto cose non viste aumenta o diminuisce? Qui si rileva un effetto interessante che diversifica i comportamenti mnestici delle persone senza particolari problemi emotivi da quelle con marcati tratti d’ansia e depressione: le prime cadono meno in errore quando l’evento ha una conclusione negativa, le seconde, al contrario, compiono maggiori errori di memoria.

È interessante osservare che le ricerche del gruppo padovano hanno mostrato come non sia il contenuto emotivo per se stesso a produrre questi effetti, ma più specificamente il contenuto negativo. Quando, infatti, il contenuto ha una valenza positiva le cose cambiano e le false memorie, pur presenti in gran numero, non sono influenzate dalle caratteristiche delle persone.

Come dire che, di fronte alle cose belle, siamo tutti uguali, mentre abbiamo sensibilità diverse di fronte ai contenuti negativi. In particolare nelle persone con ansia gli eventi relativi a fatti preoccupanti, per il semplice fatto di essere stati pensati a lungo, sembrano essersi verificati. Questo fenomeno, attinente al “monitoraggio di realtà”, ha in effetti una notevole rilevanza in psicopatologia, dove è frequente la confusione tra piano immaginativo e piano reale.

La fallibilità della memoria costituisce un grosso problema nel caso della testimonianza, in cui è richiesto un ricordo veridico degli eventi, ma non rappresenta necessariamente un problema, e anzi talora è un aiuto, nella vita di tutti i giorni.

Per cogliere il senso di tale affermazione consideriamo il seguente esempio. Uno scultore ha lavorato per tutta la vita il marmo incontrando centinaia di diversi pezzi di marmo e ha compiuto, con il suo scalpello, migliaia e migliaia di operazioni su quei marmi. È bene che ogni operazione sia considerata separatamente, o piuttosto è meglio che operazioni simili si confondano nella sua mente, perdendo l’individualità del ricordo ma permettendo di ricavarne delle regole?

Nel primo caso, il marmista dovrebbe affrontare ogni nuovo pezzo di marmo come un unicum nuovo, oppure ripercorrere a fatica con la mente tutte le operazioni svolte con tutti i marmi precedentemente incontrati, nella probabilmente inutile speranza di trovarne uno identico.

Nel secondo caso, il marmista si accontenterà di una somiglianza più vaga con una tipologia di marmi e potrà avvalersi dell’esperienza raccolta con essi, per affrontare l’esecuzione della nuova opera.

Dunque, la semplificazione e la regolarizzazione dei ricordi ne consentono una più facile organizzazione ed evitano di sovraccaricare la mente con un numero eccessivo d’informazioni, con un evidente aiuto per la vita di tutti i giorni, sia pure anche con l’inevitabile rischio di commettere degli errori mnestici.

 

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Questo articolo è di ed è presente nel numero 267 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui