Alessandra Viano, Daniela Pajardi, Viviana La Spada

Il collocamento a pari-tempo nelle separazioni

Vediamo le reali conseguenze sul minore del suo collocamento al 50%, cioè della divisione equa delle sue frequentazioni con ciascuno dei genitori separati.

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Con collocamento “pari-tempo” si intende la suddivisione esattamente al 50% dei tempi di frequentazione con l’uno e con l’altro genitore per i figli dei genitori che si separano.

Con la legge sull’affido condiviso del 2006 diventa centrale il “principio della bi-genitorialità”. La legge prevede, infatti, che entrambi i genitori debbano continuare ad esercitare congiuntamente, anche se separati, la loro responsabilità di genitori non solo sulle decisioni straordinarie (scuola, salute ecc.), ma anche su quelle ordinarie (sport, principali permessi ecc.).

Il tema del tempo che i genitori trascorrono con i figli dopo la separazione viene spesso identificato come un elemento centrale per poter effettivamente esercitare in modo congiunto la responsabilità genitoriale e per definire la qualità della relazione con i figli.

Una volta che la legge ha tolto il contenzioso sul tipo di affidamento, facendo diventare condiviso, per tutti, l’affidamento, la conflittualità tra i genitori sembra essersi riversata sul collocamento e sulla quantità di tempo da trascorrere con i figli, sia nella quotidianità che nelle vacanze e nelle festività. Per poter comprendere la valenza di tale conflittualità, non è da trascurare che, associata al collocamento, vi è una questione legata all’assegnazione della casa coniugale e al contributo per il mantenimento. 

Nel corso degli anni, giudici e consulenti tecnici hanno sempre più esteso i tempi e le frequentazioni con il genitore con cui i figli non vivono prevalentemente, al fine di garantire intensità e continuità della relazione, visto anche il parere unanime tra letteratura ed esperienza clinica sul beneficio dei bambini che hanno un regolare contatto con entrambi i genitori anche dopo la separazione. 

Si pone una questione che è stata affrontata anche in altri Paesi e che ha risvolti giuridici, economici ma soprattutto psicologici: a questo punto, perché non dividere a metà il tempo tra i genitori? Ma se lo si fa, come si alternano i giorni? Ogni giorno? Od ogni 2-3 giorni? Ogni settimana? 

La divisione a metà del tempo ha suscitato un grande dibattito. Certamente andrebbe incontro alle aspettative soprattutto dei padri, che vorrebbero sia avere un tempo uguale rispetto alle madri da trascorrere con i figli sia vedere riconosciuto alla pari il proprio ruolo genitoriale.

Il problema centrale diventa capire se questa formula riduca il conflitto, economico e non, tra i genitori, o se sia anche una forma di tutela psicologica per i figli. In molti Paesi del mondo occidentale l’affido pari-tempo è diffuso, anche in virtù di un’evoluzione dell’essere genitori nella società attuale, dove i padri hanno un ruolo sempre più presente e le madri hanno attività lavorative che le portano fuori casa. 

La letteratura scientifica sul tema sottolinea aspetti sia a favore che contro l’affidamento paritetico. 

La qualità di tempo che i genitori non collocatari spendono con i loro figli è strettamente legata alla costanza e regolarità dei contatti, anche se non ci sono evidenze che indichino che la costanza debba necessariamente coincidere con il 50%. Un tempo elevato rassicura i genitori sul fatto di poter frequentare i figli in tutte le loro attività; il fatto di avere meno preoccupazioni sul contenzioso economico riduce l’ansia dei genitori e quindi il senso di stress sui figli. 

Il collocamento pari-tempo può essere costruttivo a fronte del fatto che le abitazioni dei genitori siano vicine, per garantire la continuità scolastica dei figli e i contatti sociali con i loro amici sia quando sono in una casa che quando sono nell’altra. 

Gli studi a sostegno del collocamento alternato indicano che il collocamento pari-tempo è positivo tra genitori collaborativi. Un’elevata conflittualità crea una situazione di eccessiva sovrapposizione nell’organizzazione di vita dei bambini, con il rischio di consistenti livelli di sofferenza emotiva nei figli.

Il paradosso identificato in letteratura è che la residenza alternata può funzionare veramente solo se i genitori hanno un’alta capacità di collaborare, ma che in molti Paesi viene imposta proprio a quei genitori che per gravi conflitti sono ricorsi al sistema giudiziario. 

L’affido pari-tempo rappresenta per i figli la possibilità di sperimentare una relazione intensa con entrambi i genitori e di sentirsi al centro e protagonisti della vita familiare. Se la conflittualità è elevata, la gestione distribuita fra i due genitori accentua le occasioni di esposizione ai conflitti e il senso di spaccatura che il figlio vive.

Una ripartizione bilanciata della frequentazione con i genitori ha un’influenza favorevole sul processo di separazione e individuazione nei bambini piccoli. Per favorire i processi di attaccamento, non si pone al centro la “diade” madre-bambino, ma un “triangolo” primario.

In quest’ottica i pernottamenti presso il padre dovrebbero iniziare fin dal secondo anno di vita. Nei bambini piccoli è però necessario che sia mantenuto un luogo previlegiato di vita e di consuetudini, per cui, a fronte di ampi e crescenti spazi per la frequentazione con il genitore non collocatario, è opportuno mantenere una figura prevalente e una continuità di luoghi e abitudini. 

Rispetto ai figli adolescenti, la letteratura ha rilevato che il tempo che i padri non collocatari trascorrono con i loro figli è correlato a un maggiore benessere dei figli in termini di maggiore autostima, minore delinquenza e uso di droghe e tabacco, meno problemi comportamentali e drop-out scolastici. Il pari-tempo può essere quindi utile in fase adolescenziale per recuperare la frequentazione con il genitore meno frequentato in precedenza, in una fase dello sviluppo di importante confronto/scontro con entrambe le figure genitoriali.

Per i figli preadolescenti e adolescenti sarà comunque da considerare la possibilità di una scansione non troppo rigida delle frequentazioni, ma rispettosa delle necessità d’ordine socio-relazionale dei figli, della loro frequentazione con amici e della possibilità di emanciparsi dall’uno e dall’altro genitore.

I figli più grandi lamentano il disagio di continui spostamenti, sia in caso di pari-tempo che in altre soluzioni di collocamento, e pongono l’accento sulla difficoltà dettata da accordi inflessibili tra genitori. La possibilità di una certa flessibilità negli accordi tra i genitori risulta una caratteristica protettiva rispetto al disagio avvertito dai figli. In assenza di possibilità di accordo, il collocamento pari-tempo perde il potenziale di benessere psicologico e spesso viene interrotto. 

Un elemento a favore dell’affido pari-tempo è un senso di equidistanza che il figlio assume: non sente di privilegiare nessuno dei genitori e questo limita vissuti di conflitti di lealtà spesso presenti nei minori. 

L’opportunità dell’affido pari-tempo andrà comunque valutata in relazione alle caratteristiche e risorse che il sistema familiare presenta, al di là della possibilità di rintracciare ricette universali che andrebbero a discapito di una lettura puntuale dei bisogni dei minori coinvolti e di decisioni che preservino i loro interessi evolutivi, per venire incontro alle aspettative degli adulti.

 

Riferimenti bibliografici

McIntosh J., Chisholm R. (2008), «Cautionary notes on the shared care of children in conflicted parental separation», Journal of Family Studies, 14 (1), 37-52. 

Turunen J. (2017), «Shared physical custody and children’s experience of stress», Journal of Divorce 

& Remarriage, 58 (5), 371-392.

Vezzetti V. (2015), «I minori europei di fronte al divorzio dei genitori», Rivista Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale, X (1), 8-13.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 269 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui