“Non trovo le parole giuste... Fatico a trovare la strada di casa e mi ritrovo a vagare senza meta... Non riconosco le persone... Non riesco più a organizzare il mio tempo... Non mi riescono gesti elementari, che sapevo fare bene...”.
“Non trovo le parole giuste... Fatico a trovare la strada di casa e mi ritrovo a vagare senza meta... Non riconosco le persone... Non riesco più a organizzare il mio tempo... Non mi riescono gesti elementari, che sapevo fare bene...”. Sono segni certamente preoccupanti. Ma inequivocabilmente indicano l’inizio di una demenza? Potrebbe trattarsi solo di effetti di un forte stato di stress. Però sono campanelli di allarme che dovrebbero spingere a un check-up per verificare l’esistenza di un’effettiva condizione di rischio.
Quando si può parlare di patologia neurodegenerativa? In base ai criteri definiti nelle classificazioni internazionali, la demenza nelle sue varie forme si differenzia da altre condizioni, che pure comportano decadimento cognitivo, per la compromissione della memoria a breve e a lungo termine e per la compresenza di almeno una delle seguenti alterazioni cognitive: afasia, aprassia o deficit dei movimenti volontari, agnosia o deficit del funzionamento “esecutivo”, cioè la capacità di programmazione controllo dell’azione. Le compromissioni devono essere sufficientemente gravi da provocare una menomazione del funzionamento lavorativo o sociale, e devono comportare un marcato peggioramento rispetto a un precedente livello di funzionamento.
Anche se esistono forme di demenza diverse per tipologia e manifestazioni, la sindrome di Alzheimer è certamente la più nota e diffusa. Essa ha dei rilevanti prodromi: l’Organizzazione mondiale della Sanità ha introdotto, nella decima versione della classificazione internazionale delle malattie, l’espressione “deterioramento cognitivo lieve” (Mild Cognitive Impairment, in sigla MCI) per indicare un declino mentale che consente normali attività di vita quotidiana e non soddisfa i criteri tipici della demenza, ma che in circa la metà dei casi si svilupperà nel giro di qualche anno. (...)
GLI INDICATORI SPECIFICI
La diagnosi di MCI include, a parere di Peterson, quattro sottotipi a seconda della prevalenza o meno di disturbi di memoria e della presenza di altre patologie concomitanti: i tipi sono amnesico o non amnesico, con o senza deficit cognitivi concomitanti. Sono stati descritti i criteri diagnostici e clinici che discriminano la demenza di Alzheimer dall’MCI, i processi che favoriscono la conversione dell’MCI in demenza, con riferimento specifico alle attività di vita quotidiana e al carico dei caregivers in queste due forme di decadimento cognitivo. Sembra che sia il tipo amnesico quello che maggiormente predispone allo sviluppo della demenza, per cui è importante trovare indicatori attendibili e specifici di questa tipologia. (...)
IL RUOLO DELLA NEUROPSICOLOGIA
Le recenti ricerche neuropsicologiche hanno detto qualcosa in più riguardo al deterioramento cognitivo che può portare alle forme conclamate di demenza. Esistono indicatori cognitivi, sensoriali, emotivi utili per accertare se un “normale” decadimento può evolversi in patologia vera e propria. (...)
SCHEDA: LA DIAGNOSI DI DETERIORAMENTO COGNITIVO LIEVE
Lo strumento più usato dai clinici e dai ricercatori per valutare il deterioramento cognitivo globale è il Mini-Mental State Examination (MMSE), che esplora mediante 22 prove, in parte verbali e in parte di performance, 7 funzioni cognitive:
- orientamento temporale;
- orientamento spaziale;
- memoria immediata (di 3 parole);
- attenzione e calcolo;
- memoria di richiamo (delle 3 parole precedentemente apprese);
- linguaggio (denominazione, ripetizione, comprensione ed esecuzione di comandi orali e scritti, capacità di scrivere una frase);
- abilità visuo-costruttive. (...)
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