Marco De Veglia

I 6 principi della teoria delle convinzioni

Il marketing opera sulle percezioni dell’utente e, per farlo, agisce sulle sue convinzioni. Un motivo per cui il marketing fa uso degli stereotipi è che questi non sono altro che convinzioni condivise.

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Un gruppo di uomini ciechi venne a sapere che era arrivato in città uno strano animale chiamato “elefante”. Nessuno di loro sapeva com’era fatto né, ovviamente, dato che erano ciechi, ne aveva mai visto uno. Così, decisero di andare nella zona della città in cui l’elefante era custodito e di capire come fosse fatto, usando il tatto, il senso che avevano particolarmente sviluppato.

Quando arrivarono, l’elefante se ne stava pacificamente sotto una tettoia, con una zampa incatenata a un ceppo. Gli uomini ciechi si avvicinarono e palpandolo si disposero attorno all’animale.

Un uomo cieco si mise di fronte all’animale e iniziò a toccare la proboscide. Un altro si mise di fianco e cominciò a sentire l’avorio delle zanne sotto le mani. Un terzo si mise a sua volta di fianco e iniziò a toccare il grande orecchio del pachiderma. Un altro cieco si mise di fianco e poggiò le mani sul corpo rugoso dell’animale. L’ultimo, spostandosi, finì dietro all’animale e iniziò a toccarne la coda.

«Ah ecco…» disse il primo cieco «ora so cos’è un elefante: è un grosso serpente».

«Ma che stai dicendo?» replicò l’uomo che stava toccando le zanne. «L’elefante è un albero di legno duro e liscio».

«L’elefante è uno strano ventaglio» intervenne il cieco che stava toccando il grande orecchio dell’elefante.

«Siete pazzi» disse l’uomo che stava appoggiato con entrambe le mani sul corpo della bestia «l’elefante è un muro: solido, caldo e rugoso».

«Non capisco cosa state dicendo!» esclamò infine l’ultimo cieco. «L’elefante è chiaramente una frusta, con un bel manico robusto ma anche flessibile».

I ciechi cominciarono a litigare e a pensare che l’un l’altro si volessero imbrogliare, o che fossero totalmente fuori di senno o totalmente idioti.

Eppure, nessuno di loro aveva torto. Le loro risposte provenivano dalla rispettiva esperienza e dalle conclusioni che ciascuno ne aveva tratto, basate su ciò che aveva avuto modo di esperire.

Ma, chiaramente, nessuno di loro aveva capito cos’era in realtà l’elefante.

Conoscevi già questa antica parabola indiana? È diffusa in tutto il mondo e viene usata per spiegare molte diverse situazioni umane: la relatività delle opinioni, la natura inaccessibile della verità, il ruolo degli esperti quando mancano le informazioni, il bisogno di comunicare e mantenere il rispetto delle opinioni altrui.

Io oggi voglio usarla per parlare di convinzioni (mi piace più della parola “credenze”, che mi fa sempre pensare ai mobili della cucina). 

Gli uomini ciechi siamo noi con le nostre convinzioni. L’elefante è la realtà.

Cosa sono le convinzioni?

Qualche anno fa Dave Gray, designer e stratega aziendale, ha scritto un libro intitolato Liminal thinking (“Pensiero liminale”), ossia il pensiero che è al limite del conscio (sotto quel limite, è sub-liminale). In estrema sintesi, il libro tratta della teoria delle convinzioni, di come queste influenzino la nostra comprensione della realtà e di cosa possiamo fare per superare tale limite.

Decisamente comoda, oltre che interessante, è la classificazione delle convinzioni secondo 6 principi espressi da Dave Gray:

1. Le convinzioni sono modelli. Le convinzioni sembrano rappresentazioni fedeli del mondo, ma di fatto sono dei semplici modelli, tutt’altro che perfetti, usati per navigare una realtà complessa, multidimensionale e non realmente conoscibile.

2. Le convinzioni vengono create. Le convinzioni sono costruite gerarchicamente, impiegando teorie e giudizi che sono a loro volta basati su una selezione arbitraria di fatti e su esperienze personali e totalmente soggettive.

3.  Le convinzioni creano un mondo condiviso. Le convinzioni sono materiale psicologico che utilizziamo per creare assieme agli altri dei mondi di riferimento in cui possiamo vivere, lavorare e fare cose con agli altri. Quando cambiamo un mondo condiviso, cambiamo anche le convinzioni che lo sostengono.

4. Le convinzioni creano punti ciechi. Le convinzioni sono strumenti per pensare e per darci delle regole di azione, ma possono determinare anche limitazioni artificiali che ci rendono ciechi a possibilità reali e utili.

5. Le convinzioni si autodifendono. Le convinzioni sono difese in maniera inconscia da una bolla di “logica auto-sigillante” che le mantiene vere anche quando appunto non lo sono, per proteggere l’identità personale e l’autostima.

6. Le convinzioni sono legate all’identità. Le convenzioni fondanti, che formano la base di altre convinzioni, sono le più difficili da modificare, perché sono legate all’identità personale e ai sentimenti di autostima. Non puoi cambiare le tue convinzioni fondanti senza cambiare te stesso.

Nel libro Liminal thinking si propongono 9 strategie che aiutano l’individuo a minimizzare l’effetto di distorsione della realtà, ad aprirsi a nuovi modi di vedere le cose e a effettuare cambiamenti.

Il libro è una lettura interessante in assoluto, anche se non riferito al business (non mi risulta che sia tradotto in italiano). Ma perché ne parlo in questa rubrica? Perché di tali concetti ho trovato interessanti applicazioni al marketing.

 

Una battaglia combattuta nelle convinzioni

Il marketing è una perfetta dimostrazione della nostra incapacità – appunto poiché impedita dalla bolla di convinzioni che usiamo – di valutare la realtà. Si dice sempre che il marketing non lavora sulla realtà ma sulle percezioni.

Ma come lavora sulle percezioni? Ci lavora ricorrendo proprio alle convinzioni. Ecco perché un consiglio che do sempre ai miei clienti è quello di individuare e di avvalersi dei “luoghi comuni”.

I luoghi comuni sono convinzioni tipicamente condivise – “mondi condivisi” – che fungono da strumento di semplificazione per la gestione della realtà. Il marketing quindi, per non incontrare resistenze, deve evitare di far scoppiare le bolle delle convinzioni – e di sicuro impiegare un luogo comune è un metodo efficace.

Il trucco è usare un luogo comune per sostenere un’idea nuova, o comunque un’idea che renda il prodotto differente rispetto alla concorrenza. Vi invito a riflettere sui prodotti e sulle marche che conoscete e a identificare le convinzioni che probabilmente avete accettato come realtà su di essi.

Scoprirete che molte delle vostre scelte viaggiano su binari “automatici” di convinzioni, piuttosto che sulla conoscenza effettiva e approfondita della realtà.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 269 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui