Giorgio Nardone, Simona Milanese

Gestire strategicamente le diverse reazioni al virus

Dall’ipocondriaco al maniaco del controllo, dal cacciatore dell’untore al paranoide complottista, all’irresponsabile gaudente, passiamo in rassegna alcuni tipi psicologici disfunzionali, in epoca di pandemia, e vediamo come comunicare con loro.

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L'umanità è da sempre flagellata dalle epidemie. A partire dalla peste di Atene del 500 a.C., la storia ha registrato la peste nera del 1300, varie epidemie di lebbra, vaiolo, colera, le temibili epidemie influenzali del secolo scorso (la spagnola del 1918, l’asiatica del 1957, quella di Hong Kong del 1968), fino ad arrivare alla SARS del 2003, all’influenza suina del 2009 e al temibile virus Ebola, ancora attivo in alcune zone dell’Africa. L’epidemia di Covid-19 è tuttavia la prima epidemia nella storia dell’umanità a dilagare in un mondo globalizzato, sia nell’economia ma anche e soprattutto nella comunicazione; per questo ha mostrato fin da principio due facce: quella biologica, legata alla diffusione del virus, e quella psicologica, legata alla diffusione parallela e incontrollata (virale, per l’appunto) di informazioni.

Contagio biologico e contagio emotivo si sono intrecciati e influenzati a vicenda: l’epidemia di informazioni, spesso infondate o contrastanti (infodemia), viaggiava più rapidamente del virus, contagiando le menti con conseguenze a volte disastrose. Basti ricordare quando, la sera dello scorso 8 marzo, una fuga di notizie sul primo lockdown di alcune aree del Nord-Italia ha fatto precipitare folle di persone spaventate sugli ultimi treni per il Centro-Sud, di fatto mettendo a rischio l’intera collettività.

 LA FOLLA PSICOLOGICA 

Attaccati da un nemico invisibile e fuori controllo, privi di strategie efficaci per scongiurarlo, si sono attivate in noi le componenti più ancestrali di paura, ansia e angoscia. Paura e ansia che, se superano una certa soglia, conducono a perdita di controllo, fino al panico; angoscia, per il senso di impotenza di fronte a una guerra che all’inizio è sembrata persa in partenza e non lasciare altra via d’uscita che la resa.

Impauriti, incerti e angosciati, siamo stati estremamente vulnerabili all’impatto delle notizie provenienti dai media e dalla Rete, ai quali ci siamo affidati come sempre per reperire informazioni e indicazioni. In Rete, ognuno di noi è contemporaneamente spettatore e attore: partecipiamo tutti alla diffusione di notizie, storie o messaggi, contribuendo a crea­re la realtà che poi subiamo. In essa circolano così notizie di ogni tipo, incluse le famigerate fake news o “bufale”, che, create per cattivo giornalismo, faziosità o propaganda politica, vengono poi condivise in buonafede dagli utenti diffondendosi a macchia d’olio. Analogamente al virus, le notizie hanno una loro “contagiosità”, che poco ha a che fare con le loro utilità, importanza o credibilità; anche la competenza della fonte passa in secondo piano. Qui è stata la stessa cosa, tanto che il messaggio di un virologo esperto ha finito per avere lo stesso valore di quello di un opinionista qualunque.

La contagiosità di una notizia dipende principalmente dal suo impatto emotivo (storie, dettagli personali, immagini evocative); privilegiamo formati rapidamente visualizzabili; ci fidiamo a priori di notizie provenienti da persone conosciute, incuranti della fonte originale; siamo più interessati a notizie attinenti alla nostra quotidianità e conformi alle nostre credenze. Bombardati da informazioni, corrette o scorrette, e accomunati da potenti emozioni, col Covid siamo diventati una “folla psicologica”, con un’anima collettiva che ci ha fatti e ci fa sentire, pensare e agire in modo completamente diverso da come sentiremmo, penseremmo e agiremmo a livello individuale. La folla psicologica si comporta secondo dinamiche note e prevedibili: è particolarmente suggestionabile, poco incline ai ragionamenti e molto sensibile a fenomeni di contagio emotivo. Per questo, in una situazione delicata come la pandemia da Coronavirus, la comunicazione di massa – giornali, TV e web – dev’essere considerata parte integrante della gestione dell’epidemia al pari di altre misure di contenimento e gestita in maniera efficace ed efficiente.

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Questo articolo è di ed è presente nel numero 280 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui