Filippo Ongaro

Diventare eroi per noi stessi

C’è un eroismo quotidiano che consiste nell’essere pronti a evadere dalle proprie zone di comfort per andare incontro alle chances che la vita può offrirci.

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Ogni eroe che si rispetti incontra delle difficoltà e si trova costretto ad affrontare delle sfide. Gesù, Buddha, Prometeo, Ulisse, Enea: ogni eroe protagonista di qualche storia, vera o immaginaria che sia, ha un percorso comune di sofferenza che lo porta poi a incontrare una gioia più grande. Ma allora perché ammiriamo gli eroi, ma abbiamo tanta paura delle sfide? Perché temiamo ogni cambiamento? Perché barattiamo la possibilità di vivere in modo eroico per un quieto vivere che magari non ci soddisfa?

In antichità i miti servivano come lezioni, fonti di ispirazione e modelli comportamentali a cui tendere. Ogni cultura antica era piena di insegnamenti che sottolineavano l’importanza di avere coraggio, di affrontare le sfide e perfino di accettare la morte. Ci sono alcune condizioni che favoriscono l’emergere del coraggio e altre che invece rendono l’essere coraggiosi molto improbabile. Come sempre, tutto dipende dal nostro mondo interiore e da come impariamo a gestirlo. La confusione, per esempio, facilita la paura e sopprime il coraggio. Per avere coraggio ci vuole chiarezza, occorre soprattutto percepire in maniera nitida cosa conta davvero. Se, poniamo, tu dovessi buttarti nel mare in tempesta per salvare una persona e iniziassi a pensare alle onde, al freddo, al rischio che corri, non troveresti mai il coraggio necessario. Se invece percepisci chiaramente che la priorità è salvare una vita, il coraggio affiora immediatamente.

Una delle caratteristiche dei paurosi rispetto ai coraggiosi è che i primi pensano eccessivamente alle conseguenze di ogni loro azione. Questo, inevitabilmente, fa aumentare la paura e favorisce la paralisi. Ogni scelta ha delle conseguenze e innesca dei contraccolpi. La vita è sempre un delicato rapporto tra costi e benefici, tra rischi e ricavi. L’unico modo per non correre alcun rischio è appunto quello di non agire, cosa che ingenera però il pericolo più grosso di tutti: quello di buttare via tutta la propria esistenza.

La stanchezza ci rende deboli, confusi e ovviamente impauriti. Quando i livelli di energia sono al minimo diventa difficile per la mente esprimere quelle caratteristiche che favoriscono il coraggio. Ragionare sulle proprie scelte, provare a prendere decisioni importanti in uno stato di stanchezza e scarsa energia produce in genere pessimi risultati. Spesso ci dimentichiamo quanto la vita sia breve. Pensiamo di avere il lusso di rimandare all’infinito, di farci governare dalle paure nell’illusione che, tanto, ci sarà tempo più avanti per essere coraggiosi. Ma il coraggio non arriva dall’alto, non capita per caso.

Evolutivamente, siamo tutti coraggiosi. Nel vero senso della parola. L’uomo di Neanderthal si distacca dai suoi predecessori proprio per la presenza di un gene, chiamato “DRD4-7R”, che lo ha reso più disposto a correre rischi, più interessato alla novità e più portato all’esplorazione. Ognuno di noi porta dentro di sé questa antica propensione al coraggio, ma, schiacciati da mille remore e troppi pensieri, finiamo con il dimenticarcelo.

Il vero rischio raramente è qualcosa di fisico. Saper rischiare non significa fare il bungee jumping, ma essere capaci di migliorare la propria vita. Più spesso si tratta di una scelta da prendere, una che in prima istanza vorremmo evitare, ma che può portarci a ottenere qualcosa di più importante a lunga distanza. Il rischio è sempre un allenamento al superare quella che i neuroscienziati chiamano “incongruenza temporale”, cioè la nostra tendenza a preferire un beneficio immediato a uno che arriva più in là nel tempo.

Nella storia dei miti di ogni cultura e tempo, l’eroe cammina lungo una sorta di percorso obbligato, un percorso a tappe che prevede sempre 3 fasi:

[1] Separazione. È la fase in cui l’eroe realizza di dover affrontare qualcosa, di stare ricevendo una “chiamata” che lo spinge in una certa direzione da lui, magari, inizialmente rifiutata.
Prova a pensare alla tua vita. Quali sono state le fasi di separazione da qualcosa e di difficoltà? Come le hai affrontate? Hai ricevuto una chiamata? L’hai accettata o rifiutata? Cosa puoi fare ora?

[2] Iniziazione. La seconda fase del cammino dell’eroe è quella in cui riesce a sviluppare appieno le sue forze, in cui si allena, forgia le sue armi, soffre ma costruisce la sua storia.
Nella tua vita quali sono state le fasi di iniziazione? Quali capacità hai sviluppato? Quali poteri hai acquisito grazie al tuo sudore e alla tua fatica? Cosa puoi ancora fare?

[3] Ritorno. La fase finale dell’epopea dell’eroe è quella in cui ritorna alla vita di prima, ma in una condizione migliore. È come se la sofferenza delle fasi precedenti producesse in lui una rinascita, una crescita di una nuova versione di sé, più forte e migliore.
Sei già tornato più forte di prima? Puoi ripetere il ciclo? Sei pronto a dar vita a una nuova versione di te?

Eroe non si nasce, lo si diventa. Per questo ognuno di noi, a modo suo, può essere un eroe. È sbagliato pensare di dover essere protagonisti di un film della Marvel per tirare fuori il nostro eroismo. È qualcosa che ogni uomo e ogni donna hanno se non accettano che sia soppresso dalla ricerca di finta sicurezza.

Forse aiuta ricordare che il contrario di un eroe è un codardo, un vigliacco, uno che scappa davanti alle sfide, ma anche davanti alle possibilità che la vita gli offre. L’eroe è colui che sa scendere negli abissi per toccare il fondo e spingersi con forza verso il cielo. Il codardo, invece, è quello che finisce con l’affogare proprio per la sua paura di andare a fondo. L’eroe è colui che usa la sofferenza come mezzo di purificazione e di arricchimento, mentre il codardo è colui che non ha coraggio di soffrire e quindi rimane schiavo del suo stesso terrore.

È logico, la vita non è solo bianco o nero. Noi tutti siamo un po’ eroi e un po’ codardi. Tuttavia, coltivare una cultura dell’eroismo coincide perfettamente con lo stimolare ognuno a non sprecare la propria esistenza. Sì, perché se c’è una cosa che caratterizza l’eroe è proprio questa: vivere appieno la propria esistenza abbracciando rischi, scelte, divisioni e allontanamenti perché consapevole che dietro ogni svolta ci può essere un mondo migliore.

Filippo Ongaro, già medico degli astronauti e professore a contratto all’Università di Bologna e al King’s College di Londra, è un esperto di crescita personale e alta prestazione. Vive e lavora in Svizzera.

www.filippo-ongaro.com

Questo articolo è di ed è presente nel numero 280 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui