Andrea Smorti

Per capire bisogna raccontare

Raccontare qualcosa a qualcuno impone di uscire dalla propria interiorità e di oggettivare più che si può, mediante le parole, le intenzioni del pensiero.

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È ormai da alcuni decenni che gli studiosi si stanno occupando di narrazioni, storie e racconti indagando la loro importanza come modalità attraverso la quale la persona umana può esprimere il proprio pensiero e i propri ricordi, come la strada lungo la quale si può accedere alla interiorità della persona. Se il sogno è stato considerato in passato da Freud la via maestra per l’inconscio, oggi chiedere di raccontare è uno dei sistemi più diffusi per ricavare informazioni sul punto di vista della persona, e questo in campi diversi, come il diritto, la medicina, la psicologia, la storiografia, lo studio delle tradizioni orali ecc. 

Ma veramente è così semplice passare dalla narrazione al pensiero e ripercorrere a ritroso quel percorso che, si reputa, deve aver fatto il pensiero quando è diventato parola e racconto?

 Tra pensare e raccontare c’è di mezzo il mare 

Vi sarà capitato almeno una volta di avere tante cose da dire, di avere le idee chiare e di avere già capito tutto, e poi, quando siete andati a raccontarle, tutto vi è apparso confuso, le parole non venivano, quello che appariva facile si faceva difficile, là dove aveva regnato la sicurezza improvvisamente subentravano l’incertezza e il dubbio. Gli studenti conoscono bene tutto ciò. Studiare tanto, credere di essere pronti per l’interrogazione e poi non riuscire a dire quello che si pensa, rendersi conto di non aver capito quasi niente. Anche ai professori accade talvolta, quando insegnano, di scoprire che qualcosa non l’hanno capita bene nemmeno loro e che forse, per la volta successiva, sarà necessario prepararsi meglio. Si può davvero dire che tra il pensare e il raccontare c’è di mezzo il mare

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