Daniela Conti, Santo Di Nuovo

Autismo e robotica: quando la terapia cambia volto

La diffusione di strumenti robotici nella cura e nel sostegno di vari disturbi, fra cui l'autismo, non equivale certo all'idea di poter fare a meno del terapeuta e caregiver umano, quanto semmai all'idea di supportarlo.

autismo e robotica.jpg

L’espressione “Socially Assistive Robotics” (SAR) definisce un’assistenza prestata in un ambiente sociale interattivo, in cui un robot umanoide dà istruzioni e feedback, svolgendo il ruolo di trainer e monitorando al tempo stesso i progressi del trattamento, in maniera da poterlo modificare, se necessario, in modo “intelligente”. 

La SAR deriva dalla Assistive Robotics, utilizzata principalmente per riabilitare pazienti con disabilità fisiche; e include l’aspetto interattivo tipico della Socially Interactive Robotics. La capacità di attivare e mantenere un’interazione sociale è tipica anche dei giocattoli robotici, in grado di produrre una vasta gamma di espressioni facciali e movimenti gestuali, e capaci di imitare il volto e i movimenti del giocatore.

La SAR include interazioni sociali finalizzate a fornire assistenza riguardo non solo al movimento, come nella robotica interattiva, ma anche alla riabilitazione psicologica e sociale. È già stata impiegata nella riabilitazione post-traumatica, nel recupero di pazienti cardiopatici, nei programmi di allenamento per la perdita di peso e nella rieducazione del paziente dopo ictus o altre patologie neurologiche; più di recente, anche nel campo della salute mentale.

UN ROBOT COME TERAPEUTA?

In questo campo, il robot è spesso usato come “compagno intelligente”, programmato in base alle ricerche sull’efficacia delle terapie con animali domestici. La terapia assistita da robot, rispetto a quella tradizionale “assistita da animali” (o pet therapy), presenta il vantaggio che i robot sono più facili da controllare degli animali, evitano allergie e creano un ambiente prevedibile.

Un esempio è Paro, robot simile a una piccola foca, che in Giappone è stato usato anche per fornire un senso di sicurezza agli anziani traumatizzati dall’incidente della centrale nucleare di Fukushima. I robot come Paro, che rispondono positivamente ad abbracci e carezze, aiutano a migliorare lo stato d’animo delle persone anziane con deficit cognitivo o ad alto rischio di disturbi depressivi; è stata dimostrata la loro efficacia nel ridurre lo stress e la solitudine anche negli anziani senza patologia. 

Un altro ruolo che le SAR possono svolgere è quello di partner nel gioco terapeutico. Per esempio, i robot possono essere programmati per aiutare i bambini a sviluppare competenze clinicamente rilevanti, in disturbi diversi o anche nello sviluppo tipico, come trainer gradito e adattabile ai bisogni individuali.

Un’ulteriore funzione è quella di istruttore, che spiega all’utente il programma di trattamento e controlla o supervisiona la sua partecipazione, fornendo stimoli o modifiche necessari. Con anziani che soffrono di demenza, i robot possono dimostrare come svolgere esercizi di attenzione o memoria verificando le risposte appropriate, aumentando il grado di difficoltà delle attività quando si ottengono dei successi, o viceversa. Per queste attività il robot può essere usato non solo presso la struttura sanitaria, ma anche a casa del paziente, permettendo di continuare il programma di trattamento nei suoi luoghi vitali, e aumentandone così l’efficacia ecologica.

LAVORARE CON L'AUTISMO 

Il trattamento dei bambini con autismo è finalizzato al miglioramento della qualità di vita personale e familiare; per cui il robot deve saper percepire l’ambiente, interagire con le persone, comunicare efficacemente con loro. Può insegnare o dimostrare comportamenti socialmente desiderabili, aiutando così le persone con difficoltà espressive a causa dei deficit di comunicazione e abilità sociali connessi alla loro condizione patologica.

Per un uso efficace nel trattamento di bambini con autismo, fondamentale è l’aspetto estetico dei robot. È stata sviluppata una grande varietà di robot con diverse caratteristiche, tra cui robot umanoidi o simili ad animali, capaci di imitare espressioni umane. Un robot umanoide è in grado di fornire gli stimoli sociali adeguati in modo molto simile a quello degli operatori umani, può essere riconosciuto facilmente come “compagno” e può essere programmato con applicazioni che stimolano lo sviluppo di abilità interpersonali di cui i bambini hanno bisogno: per esempio, imitazione, contatto oculare e fisico, comunicazione verbale e non verbale. In altri casi, può essere meno difficile rispondere a stimoli sociali se questi sono dati da un robot con caratteristiche simili a un animale o cartone animato. I robot possono attivare luci o musiche per fornire rinforzi positivi ai bambini con autismo e per mantenere la loro attenzione, e possono compiere movimenti e gesti lenti e prevedibili, a loro graditi.

È importante che le tecniche SAR siano programmate per favorire il coinvolgimento attivo oltre che la risposta passiva, e siano in grado di supportare l’interazione autonomamente anche in assenza del terapeuta. Ma il robot non deve certo sostituire gli umani: il terapeuta dev’essere presente e monitorare il funzionamento programmato che lo vede spesso compartecipe, ma anche prima della sessione deve imparare come azionare il robot e programmarne l’uso (all’inizio insieme all’esperto informatico). Se il robot è programmato per eseguire la terapia in parte in modo autonomo, il terapeuta può dedicarsi a prestare una maggiore attenzione al bambino e alle sue risposte. 

Tuttavia, malgrado gli indubbi progressi tecnici, resta nella popolazione una forte preoccupazione per l’accettabilità etica e sociale dei robot come strumenti terapeutici. L’Eurobarometro pubblicato dalla Commissione Europea nel 2017 sull’atteggiamento generale nei confronti dei robot, evidenzia come in diversi Paesi europei numerosi intervistati (il 60%) si mostrino contrari a utilizzarli in ambiti di cura. È necessario, quindi, rassicurare famiglie e operatori sul fatto che non è mai possibile per un robot deviare da quanto programmato, o sostituire il terapeuta umano, ma può supportarlo in modo “intelligente” durante la diagnosi e il trattamento: lo stesso che avviene, con successo, nella riabilitazione e nell’assistenza agli anziani con o senza patologie.

UN AUSILIO PER LA VALUTAZIONE DIAGNOSTICA

Dal momento che i sintomi più tipici dell’autismo riguardano le azioni e le interazioni, l’osservazione da parte del clinico è essenziale nel processo di valutazione dello sviluppo. Allo stato attuale non esiste ancora un metodo esclusivo per confermare una diagnosi di autismo con test di laboratorio, di neuroimaging o genetici; anche gli strumenti psicodiagnostici sono spesso difficili da somministrare, per le difficoltà tipiche della sindrome. Considerato che la diagnosi di autismo si basa dunque in gran parte sulla valutazione clinica, un assessment quantitativo e più “oggettivo” delle funzioni sociali del paziente può essere supportato dall’aiuto della SAR. 

Avvalendosi in fase diagnostica delle capacità del robot di rilevare e registrare le risposte spontanee, è possibile determinare in modo accurato quanta differenza c’è tra i bambini con autismo e quelli con sviluppo tipico, al fine di fare una precisa diagnosi su cui basare poi il programma di trattamento. Le valutazioni sono favorite fornendo stimoli standardizzati per valutare i comportamenti caratteristici dell’autismo, così da pervenire a diagnosi integrate sempre più affidabili. Per esempio, mentre un bambino con autismo sta giocando a carte con un robot, il suo tono della voce, i movimenti degli occhi, i cambiamenti di espressione, il tipo di conversazione e il grado di conformità alle istruzioni del robot possono essere registrati per la successiva valutazione e analisi, in parte automatica, in parte mediante analisi del clinico. 

È possibile raccogliere dati quantitativi riguardanti la durata del tempo in cui il bambino ha guardato il robot, quanto è stata mantenuta l’attenzione congiunta, quanta relazione è stata attivata nei confronti di adulti o altri bambini. Kim et al. (2012) hanno registrato l’interazione di bambini con autismo con un robot a forma di dinosauro e hanno codificato le azioni dei bambini analizzando il video per quantificare il grado di conformità alle istruzioni del terapeuta. In un recente studio (Di Nuovo et al., 2018) è stata valutata l’applicabilità dell’approccio deep learning (apprendimento profondo tramite reti neurali) per la stima automatica del focus dell’attenzione visiva del bambino sul robot, durante il training imitativo effettuato con un robot umanoide.

La SAR può essere utilizzata anche per supportare l’Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS), test che ricorre a metodi diversi per suscitare l’interazione fra il bambino e il clinico. Per mezzo dell’assistenza robotica si può realizzare una proficua integrazione con gli strumenti psicodiagnostici e la valutazione del clinico.

GLI OBIETTIVI DI UNA TERAPIA DELL'AUTISMO ASSISTITA DA ROBOT

Oltre quello diagnostico, un ruolo essenziale della SAR nel trattamento dei bambini con autismo concerne la riduzione dei comportamenti disfunzionali tipici della patologia. Le capacità dei bambini con autismo di comunicare emotivamente con gli altri sono limitate, con difficoltà nel prestare attenzione, nello stabilire un contatto visivo, nell’usare il sorriso sociale e le giuste espressioni emotive, i gesti e la capacità di imitare la comunicazione sociale di altri. Sono invece presenti comportamenti ripetitivi e stereotipati. Il robot può essere programmato per aiutare il bambino a praticare gli aspetti positivi dell’interazione e ad apprendere comportamenti socialmente appropriati, fornendogli stimoli da imitare e imparare, e rinforzando le risposte positive con stimoli graditi allo specifico bambino, mentre quelle non corrette vengono ignorate e non rinforzate. 

Al fine di aumentare il comportamento prosociale, i robot umanoidi sono efficaci nel coinvolgere l’interesse e la partecipazione dei bambini con autismo, soprattutto riguardo all’imitazione e all’attenzione congiunta. Imitare significa apprendere nuove abilità fisiche o verbali, utili per esplorare il mondo esterno e instaurare rapporti collaborativi. Essenziale è suscitare interesse ed emozioni positive nella relazione con altre persone e sviluppare gli aspetti carenti della comunicazione e della cooperazione. 

L’interazione programmata nella SAR consente ai bambini con autismo di sviluppare attività imitative e abilità di attenzione congiunta; il robot fornisce al bambino semplici istruzioni verbali (“Guarda là, cos’è?”) o indicando dove il bambino dovrebbe guardare muovendo la testa. Per esempio, può aiutare il bambino a rivolgere l’attenzione a un particolare oggetto di interesse comune (una sedia posta al centro della stanza). In un primo momento, il robot combina un’istruzione verbale con un gesto visivo, mentre con l’aumentare del numero di ripetizioni corrette l’attenzione congiunta migliora e il bambino guarda l’immagine solo in base all’istruzione verbale. Inoltre, giocando con il robot a prendere e rimandare una palla lanciata avanti e indietro, o a inseguirsi e scansarsi, i bambini con autismo imparano ad attendere il loro turno, abilità richiesta per riuscire nelle interazioni con gli altri. 

Un’altra caratteristica di molti robot è che possono assumere espressioni facciali che indicano emozioni, dando ai bambini la possibilità di interagire anche con modalità affettive, contribuendo alla consapevolezza delle emozioni e alla capacità di esprimerle. Inoltre, dopo che i bambini con autismo hanno sperimentato l’interazione con il robot, è possibile passare a interazioni a tre, dove il robot diventa mediatore fra il bambino e il terapeuta.

FAVORIRE UNA TERAPIA INTELLIGENTE ED EFFICIENTE 

In definitiva, i bambini con autismo possono imparare abilità sociali dai robot che li guidano verso interazioni umane adeguate. Il processo di stimolazione del comportamento bersaglio, con rinforzi più volte ripetuti, rafforza la motivazione a mantenere il comportamento. I robot hanno la possibilità di fornire stimoli precisi e semplificati ma personalizzati, funzionando da modello diverso per ciascun bambino in base alla diagnosi e alla programmazione messa a punto dal terapeuta. 

In una recente ricerca è stato utilizzato un robot umanoide per supportare il training con VB-MAPP, un programma di assessment delle tappe evolutive fondamentali del comportamento verbale e delle abilità sociali in bambini con autismo. Con una programmazione individualizzata e automatizzata, 6 bambini con autismo e disabilità intellettiva hanno sviluppato le abilità carenti, ottenendo dopo 14 incontri un apprendimento di azioni sociali che si è mantenuto anche nel follow-up a 3 mesi. In altri studi abbiamo verificato un aumento di interazioni sociali in bambini con autismo e grave disabilità intellettiva, stimolando prima l’imitazione del robot da parte del bambino e poi rendendo quest’ultimo protagonista di una proposta di stimoli che il robot a sua volta è chiamato a imitare, usando il robot come mediatore (Conti et al., 2018).

In conclusione, i rapidi progressi nella tecnologia, in particolare nel campo della robotica, offrono promettenti possibilità di innovazione nell’intervento con bambini con autismo, considerato pure che essi mostrano un forte richiamo per i sistemi tecnologici e le capacità di “sistematizzazione” da loro bene rappresentati (Baron-Cohen, 2006).

La robotica è stata applicata con successo all’assistenza nel processo diagnostico e terapeutico, sempre come supporto – e non sostituzione! – dello psicologo, che mantiene il controllo della programmazione e del monitoraggio del trattamento.

Ulteriori ricerche applicative sono necessarie per favorire la piena accettabilità di queste nuove tecnologie da parte di bambini, famiglie e operatori, e per sistematizzare le verifiche empiriche anche mediante cumulazione di studi a caso-singolo o in piccoli gruppi; ma un importante percorso è stato avviato per usare intelligentemente l’intelligenza artificiale nella valutazione e nella terapia dell’autismo.

 

Riferimenti bibliografici

Baron-Cohen S. (2006), «The hyper-systemizing, assortative mating theory of autism», Progress in Neuro-psychopharmacology and Biological Psychiatry30, 865-872.

Conti D., Di Nuovo S., Cangelosi A. (2018), «Il contributo metodologico della Developmental Robotics alla psicologia», Ricerche di Psicologia, 41, 221-239.

Di Nuovo A., Conti D., Trubia G., Buono S., Di Nuovo S. (2018), «Deep Learning systems for estimating visual attention in robot-assisted therapy of children with autism and intellectual disability», Robotics, 7 (2), 25.

Kim E. S., Paul R., Shic F., Scassellati B. (2012), «Bridging the research gap: Making HRI useful to individuals with autism», Journal of Human-Robot Interaction1, 26-54.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 270 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui