Marianna Vaccaro, Massimo Cesareo

La disintossicazione digitale

L’economia comportamentale promuove un utilizzo funzionale dei dispositivi digitali tramite il programma digital detox. Nello spirito del nudging, la “spinta gentile” verso comportamenti virtuosi.

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Se dovessimo entrare oggi in una metropolitana, in un ufficio postale o in un pub e contare il numero di persone che intrattengono una conversazione e quello delle persone intente a utilizzare il proprio smartphone o tablet, ci renderemmo subito conto che una buona percentuale di loro sarebbe assorta nell’utilizzo di dispositivi digitali. Se potessimo tornare indietro nel tempo anche solo di un decennio e fare lo stesso esperimento, scopriremmo enormi differenze nel comportamento delle persone all’interno degli stessi luoghi.

Negli ultimi trent’anni i dispositivi digitali si sono diffusi a livello globale in modo rapido e capillare. Dalle informazioni pubblicate sull’ultimo report di We Are Social (2018), agenzia che raccoglie dati relativi all’utilizzo dei social network, dei dispositivi mobili e di tutto ciò che riguarda il mondo digitale, è possibile osservare come più di 4 miliardi di utenti nel mondo siano ormai connessi a Internet, con un incremento del 7% nel 2017 rispetto al 2016.

Anche in Italia l’utilizzo della Rete è in costante crescita, con un aumento, nello stesso periodo, del 10% (circa 43 milioni di utenti attivi). L’uso dei dispositivi digitali è particolarmente diffuso tra le fasce più giovani della popolazione, anche se si sta ampiamente propagando pure tra gli adulti e gli anziani. Per comprendere la portata dell’utilizzo dei dispositivi digitali basta pensare che nel nostro Paese ogni utente spende mediamente su Internet circa 6 ore al giorno. I dati mostrano peraltro molto chiaramente come per visitare le pagine web siano usati sempre meno i PC e sempre più gli smartphone.

La diffusione dei dispositivi digitali ha inevitabilmente prodotto una rivoluzione culturale, con importanti cambiamenti nelle abitudini delle persone, nelle loro relazioni e nel loro modo di comunicare. La possibilità di accedere a Internet tramite i propri smartphone ha infatti portato le persone a utilizzarli per far fronte ad ogni tipo di necessità o imprevisto, dall’ottenimento di indicazioni stradali all’effettuazione di pagamenti, dalla prenotazione di una visita medica al fare la spesa.

IL PARADOSSO DELLA TECNOLOGIA

L’utilizzo dei dispositivi digitali è un buon esempio di ciò che può essere definito “paradosso della tecnologia”: da un lato, la loro diffusione ha reso la comunicazione più semplice e veloce e ha permesso importanti progressi in diversi ambiti, dallo sviluppo commerciale all’organizzazione dei trasporti, al supporto nell’apprendimento scolastico; dall’altro, ha portato gradualmente le persone a sentirsi intrappolate nella Rete, nell’obbligo di essere sempre disponibili e di comunicare il loro status in tempo reale.

Non sono i dispositivi digitali in sé a rappresentare un problema, quanto le modalità e la frequenza con cui sono usati, che possono essere più o meno funzionali per il benessere individuale e collettivo. Se un utilizzo moderato dei dispositivi digitali può indubbiamente produrre vantaggi, un loro utilizzo pervasivo e prolungato può predisporre allo sviluppo di diversi problemi di carattere psicologico e biologico, tra cui sintomatologia depressiva e ansiosa, deficit di attenzione, sintomi somatici, compromissione della qualità del sonno, arrivando a volte a configurarsi come vera e propria dipendenza.

Si parla in questi casi di dipendenze comportamentali che, in modo simile a quelle da sostanze, si traducono nella coazione a ripetere determinati comportamenti, nonostante esercitino un impatto negativo sul benessere. La dipendenza da smartphone è sostenuta da caratteristiche intrinseche del dispositivo, e i suoi sintomi più comuni sono la preoccupazione marcata verso il dispositivo in termini di localizzazione e di notifiche presenti su di esso; un incremento dell’ansia nel caso in cui i social non funzionino o non si ottenga risposta dal destinatario di messaggi e chiamate; l’emissione di comportamenti ripetitivi, come per esempio controllare in modo compulsivo le notifiche presenti sullo smartphone; un impiego eccessivo dei dispositivi digitali anche in situazioni socialmente inappropriate; effetti negativi sulle relazioni.

Quest’ultimo aspetto è particolarmente rilevante all’interno di una prospettiva psicologica e sociale. La diffusione degli smartphone e l’avvento dei social media hanno portato le persone a prediligere la comunicazione virtuale e mediata dai dispositivi digitali e a rispondere in modo diverso, rispetto al passato, agli stimoli provenienti dall’ambiente esterno, con un forte impatto sulle relazioni interpersonali.

In questo tipo di comunicazione, infatti, il coinvolgimento sensoriale è molto più ridotto di quello delle conversazioni faccia a faccia. Seduti di fronte al tavolo a dialogare con una persona, il suono proveniente dallo smartphone che annuncia una chiamata o un messaggio in arrivo diventa uno stimolo distraente, che può provocare nell’interlocutore disagio e la sensazione di essere escluso dal contesto della relazione, rendendo difficile anche semplicemente stabilire e mantenere il contatto oculare con chi ha di fronte.

La presenza dello smartphone rischia di divenire un promemoria costante dell’esistenza dei social network anche in momenti di aggregazione, come aperitivi o cene, e le persone hanno la tendenza a privarsi della compagnia di chi è presente per partecipare, sia mentalmente che fisicamente, a relazioni virtuali. Le persone coinvolte nella comunicazione distolgono l’attenzione dall’esperienza interpersonale che si sta verificando, per concentrarsi su preoccupazioni e informazioni che si trovano al di fuori del loro raggio d’azione. Il semplice fatto di avere lo smartphone a portata di mano può minare le interazioni sociali.

A sostegno di tale ipotesi, Przy­bylski e Weinstein (2012) nel loro articolo «Can you connect with me now? How the presence of mobile communication technology influences face-to-face conversation quality» hanno descritto due esperimenti nei quali sono state analizzate la qualità della conversazione in setting diadici e le conseguenze derivanti dalla presenza dei dispositivi mobili in tali interazioni. Entrambi gli esperimenti hanno messo in luce come lo smartphone abbia effetti negativi sulla qualità delle conversazioni.

Il fenomeno di trascurare o snobbare la persona con la quale si è impegnati in una qualsiasi situazione sociale, per guardare, controllare e toccare compulsivamente lo smart­phone, è stato definito da alcuni autori “phubbing” o “phone snubbing”.

Diverse ricerche si sono soffermate sulle conseguenze che tale comportamento ha sulle relazioni e il benessere dell’individuo. Avere un dispositivo mobile in vista durante una conversazione interferisce con il senso di connessione personale con l’altro, con il sentimento di vicinanza e la qualità della conversazione. Ciò accade poiché si viene a creare un circolo vizioso in cui il soggetto ignorato dall’interlocutore intento a guardare il proprio smartphone inizierà a sua volta a portare la propria attenzione sul proprio dispositivo, adottando un comportamento analogo verso gli altri, a discapito delle relazioni interpersonali. Ironicamente, sostengono gli studiosi, lo smartphone, nato come strumento di comunicazione capace di mettere in contatto gli esseri umani, è diventato una barriera virtuale e psicologica che ostacola le relazioni piuttosto che rafforzarle.

DIGITAL DETOX

In che modo è possibile promuovere un utilizzo funzionale dei dispositivi digitali? L’economia comportamentale (detta più comunemente “behavioral economics”) può venirci incontro in questo senso. La behavioral economics è una disciplina che muove i suoi passi a partire dal lavoro di due noti psicologi israeliani, Daniel Kahneman e Amos Tversky, i quali dalla fine degli anni Settanta misero in luce come le persone si comportino, in diverse occasioni, in modo irrazionale e poco funzionale al loro benessere.

I due studiosi descrissero durante la loro lunga e proficua collaborazione diverse euristiche, ovvero scorciatoie di pensiero utili a prendere decisioni in maniera rapida. Il ragionamento euristico è particolarmente efficace in molte situazioni di vita quotidiana e ha avuto un’importante funzione evolutiva per la specie umana. In alcuni casi, tuttavia, produce errori decisionali, o bias (Kahne­man, 2011; per un approfondimento si veda il box sotto).

In tutto ciò un ruolo fondamentale è giocato dal contesto all’interno del quale le persone si muovono e interagiscono. Organizzarlo in modo ottimale è in tanti casi utile per ridurre l’impatto dei bias sulle scelte individuali e per promuovere comportamenti funzionali al benessere.

Questo è l’obiettivo del nudging, programma di policy nato a partire dai principi della behavioral economics, grazie al lavoro di Cass Sunstein, giurista americano a capo dell’Office of Information and Regulatory Affairs (OIRA) durante l’amministrazione di Barack Obama, e di Richard Thaler, economista americano, premio Nobel per l’economia nel 2017.

Il termine “nudge”, tradotto in italiano con “spinta gentile”, è riferito a tutti quegli interventi in cui il contesto viene modificato per influenzare in modo prevedibile il comportamento individuale, senza tuttavia punire o impedire scelte alternative a quelle proposte e senza fornire incentivi economici a chi effettua le scelte auspicate.

L’applicazione di interventi efficaci è resa possibile grazie a un’accurata “architettura delle scelte”, ovverosia un’impalcatura contestuale utile a favorire l’azione di comportamenti funzionali per il benessere dell’individuo (Thaler e Sunstein, 2009). Il nudging si è diffuso negli ultimi anni a livello globale, con interventi che hanno mostrato la loro efficacia in diversi ambiti, dalle politiche sociali a quelle sanitarie.

A partire da questa cornice teorica è nato nel 2014 Nudge Italia - Gruppo di Interesse Speciale in seno a IESCUM, Istituto Europeo per lo Studio del Comportamento Umano, che si occupa da oltre un decennio di diffondere conoscenze sull’analisi del comportamento. Il gruppo di ricerca di Nudge Italia, aderente al TEN, The European Nudging network, ha sviluppato negli ultimi anni diversi interventi di
nudging volti a favorire comportamenti orientati al benessere, dalla riduzione degli sprechi alimentari alla promozione di scelte alimentari salutari.

Tra le iniziative realizzate figura il progetto “Digital detox”. A partire dal 2016 il team di ricerca di Nudge Italia ha sviluppato un intervento di nudging che ha proposto e sta proponendo in diverse località italiane, con l’obiettivo di ridurre la frequenza di utilizzo degli smartphone all’interno di contesti deputati all’aggregazione e agli scambi sociali.

Il gruppo di ricerca ha individuato alcuni locali nei quali gli smartphone venivano utilizzati con un’alta frequenza, osservando in modo preliminare diversi luoghi pubblici, frequentati in particolare dalle fasce di utenza maggiormente coinvolte nell’utilizzo di smartphone, ossia i giovani. Si è infine scelto di intervenire su locali in cui i ragazzi spendono spesso del tempo in compagnia: pub e ristoranti. Là sono stati collocati dei cestini “porta-smartphone” ai quali sono stati applicati adesivi che riportavano uno slogan valoriale, cercando di impiegare un linguaggio condiviso dai giovani. Lo slogan «Sei davvero social? #posalo» è stato scelto per veicolare un messaggio chiaro ed accattivante e legarlo a un valore condiviso e auspicato: se vuoi essere una persona socievole, metti da parte il tuo smartphone.

I cestini sono stati dunque posizionati al centro dei tavoli dei locali osservati. Lo studio pilota, effettuato in un pub di Milano, ha mostrato risultati incoraggianti, con una riduzione del 10% circa nelle interazioni dei clienti con i propri smartphone in presenza dei cestini. Di recente si è così deciso di replicare l’intervento in Sicilia e in Calabria.

L’intervento ha mostrato come sia possibile intervenire su problematiche ad alto impatto sociale in modo efficace e sostenibile preservando la libertà di scelta individuale e senza imporre costi o punizioni a chi sceglie comportamenti alternativi. Sarebbe auspicabile che le applicazioni della scienza del comportamento trovassero maggior spazio all’interno delle politiche pubbliche nazionali al fine di promuovere e diffondere il benessere nel nostro Paese. Se infatti sarebbe dannoso, oltre che utopico, pensare di poter fermare il progresso tecnologico, è invece possibile aiutare le persone a farne un buon uso e a utilizzare gli strumenti e i servizi messi loro a disposizione per migliorare la loro qualità di vita.

Gli Autori ringraziano il Prof. Giovambattista Presti della supervisione svolta sul presente articolo.

 

 

UNA MAZZA E UNA PALLINA: RAGIONAMENTO EURISTICO 

Proponiamo un breve esercizio utile a comprendere in che modo funziona il ragionamento euristico.

Prendi un foglio di carta, leggi il seguente problema e prova a scrivere la risposta corretta al quesito proposto, entro i prossimi 10 secondi:

Una pallina e una mazza da baseball costano complessivamente 1.10 €. Se la mazza costa 1.00 € in più della pallina, quanto costa la pallina?

La maggior parte delle persone risponde 0.10 € al presente problema. Ma la risposta corretta è 0.05 €.

Infatti, se:

• costo pallina = 0.10 €;

• costo della mazza (1 € in più della pallina) = 0.10 + 1.00 = 1.10 €;

• costo complessivo = 0.10 + 1.10 = 1.20 €.

Se procediamo allo stesso modo con 0.05 €, otteniamo il risultato corretto. Infatti, se:

• costo pallina = 0.05 €;

• costo della mazza (1 € in più della pallina) = 0.05 + 1.00 = 1.05 €;

• costo complessivo = 0.05 + 1.05 = 1.10 €.

Questo semplice problema mette in luce chiaramente come in alcune circostanze l’utilizzo di scorciatoie di pensiero possa produrre errori decisionali.

 

 

Riferimenti bibliografici

Kahneman D. (2011), Thinking, fast and slow, Farrar, Straus and Giroux, New York.

Przybylski A. K., Weinstein N. (2012), «Can you connect with me now? How the presence of mobile communication technology influences face-to-face conversation quality», Journal of Social and Personal Relationships, 30 (3), 217-246.

Thaler R. H., Sunstein C. R. (2009), Nudge: Improving decisions about health, wealth, happiness, Yale University Press, New Haven.

We Are Social (2018), Digital in 2018: Global Overview - We Are Social, retrieved June 27, 2018 from https://wearesocial.com/it/blog/2018/01/global-digital-report-2018.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 270 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui