Marco De Veglia

Credi all'informazione digitale?

L’informazione digitale si può confondere con la pubblicizzazione di un prodotto. Un esempio è dato dall’attività degli influencer.

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Oggi iniziamo parlando di alcune esperienze che ho avuto con contenuti su Internet. L’argomento che qui tratterò è più ampio del ristretto campo del marketing e riguarda il nostro rapporto con la realtà… e ciò che la crea.

Qualche giorno fa guardavo un Ted Talk. Sai di cosa si tratta? Sono presentazioni dal vivo e registrate (le trovi su YouTube o sul sito ted.com) di persone competenti che parlano di argomenti vari dello scibile umano. Anche Luca Mazzucchelli, il direttore di questa rivista, ne ha fatto uno. Nel Ted Talk che seguivo, il neuroscienziato Anil Seth parlava del fatto che la realtà è un’allucinazione regolata. Ovverosia che la realtà è basata tanto sull’informazione che entra nel cervello attraverso i sensi, quanto sull’elaborazione che il cervello proietta all’esterno. Nel video ci sono molte altre cose interessanti e ti invito a guardarlo (ci sono i sottotitoli anche in italiano); lo trovi qui: https://bit.ly/tedpc.

Generalmente il cervello crea allucinazioni che funzionano. Mentre stai guardando questi segni neri sulla carta che sono le parole del mio articolo, il tuo cervello collega i segni a concetti, immagini, addirittura suoni (non stai sentendo la mia o la tua voce mentre stai leggendo?). Ma il cervello può compiere un’elaborazione fallace o venire ingannato. Ci sono molti esperimenti che lo dimostrano, e alcuni sono proposti nel video succitato.

Ma allora, se il cervello può elaborare la realtà in modo totalmente errato anche quando sono coinvolti i sensi, e quindi esiste almeno un ambiente di totale immersione tridimensionale (l’ambiente in cui viviamo), quanto è facile ingannare qualora l’unica cosa che abbiamo sia un’informazione digitale?

LE INSIDIE DELL'INFORMAZIONE DIGITALE 

L’informazione digitale è infinitamente riproducibile senza alcuna perdita di qualità e totalmente modificabile senza possibilità di controllo. Se negli anni Settanta i rapitori usavano le Polaroid degli ostaggi che tenevano in mano un quotidiano per far vedere che la foto era recente, oggi con le foto digitali questa non è più una prova. E ormai, con le tecniche digitali, abbiamo trucchi cinematografici indistinguibili dalla realtà. Grazie all’infrastruttura digitale di Internet, oggi chiunque, in qualsiasi parte del mondo e con zero spesa, può creare informazione e distribuirla a chiunque. Non solo scritta, ma anche video, non differente da quello che fa la TV.

Questi sono certamente dei vantaggi per i produttori di informazioni, ma lo sono anche per i fruitori di informazioni? Come fruitori di informazioni digitali, vedo che tendenzialmente approfittiamo dell’enorme facilità di utilizzo. Effettivamente, avere il mondo e qualsiasi informazione o spettacolo sul proprio smartphone dovunque siamo, fa pensare che l’epoca della TV con i suoi programmi decisi mesi e mesi prima sia lontana un secolo.

Questa incredibile, assolutamente disumana, fantascientifica (almeno per chi non è un millennial) possibilità nasconde le insidie dei contenuti digitali. E dove sono tali insidie? Sono nella diffusione di informazioni false, che con i media digitali si amplia esponenzialmente. Non è – attenzione – un discorso di fake news opposte alla verità dei media ufficiali. Credo che i media ufficiali possano mentire quanto quelli non ufficiali, e magari con agende anche più nascoste e certamente meglio finanziate. Quello che faccio io è, specificamente, un discorso di informazione digitale, che può essere diffusa anche dai media ufficiali.

Semplicemente, l’informazione digitale, per le sue rapidità, aggiornabilità e attualità, è intrinsecamente meno soggetta (direi: per nulla soggetta) a controlli sulla verità di quanto affermato. E siamo proprio noi fruitori a rendere più semplice questa facilità all’inganno digitale. Perché vogliamo informazioni usa e getta, tipicamente senza approfondimento, specialmente visive. E perché le elaboriamo in pochi secondi, mediate dal tocco dei nostri polpastrelli.

L’informazione digitale ci spinge ad autocreare moltissime allucinazioni false. Che durano secondi o minuti, ma che ci rendono via via meno capaci di distinguere la falsità. E questo è assolutamente vero nel marketing digitale moderno.

L’INGANNO DEL MARKETING MODERNO

Ne ho già parlato in un altro articolo, ma è bene riprendere i concetti, visti sotto la luce della facilità di inganno intrinseca all’informazione digitale. Oggi il marketing digitale non è facile da riconoscere. È nascosto da informazione, da “feed” di Facebook, da normale “contenuto”. Con tecnologie che permettono in tempo reale di modificare l’informazione mostrata su una pagina web per ogni differente visitatore (o gruppi di visitatori con caratteristiche simili) e con tecniche che mescolano intrattenimento, pubbliche relazioni e product placement, tutti fusi in un semplice video live su Instagram, il confine tra un messaggio di marketing e un’informazione è assai sfuggente.

Ritengo che sfugga alla maggior parte degli utenti di Internet. I quali, per esempio, non colgono (almeno nella maggioranza) come le pubblicità li seguano nel loro spostarsi da sito a sito, perché, obiettivamente, non è una cosa proprio intuitiva che ci sia una pubblicità “proprio per te”. E invece è così: c’è una pubblicità proprio per te.

Se ciò, è vero, non è un inganno, tuttavia non è neanche esplicitato che vi sia questa fortissima targettizzazione. Neanche inganno è vedere sconosciuti che diventano personaggi della “TV di Internet” e fanno dirette e spot non dissimili da quelli che siamo abituati a vedere nella TV propriamente detta. Con il risultato di creare milioni di personaggi social, chiamati infuencer, che solo grazie alla manipolazione della percezione di autorevolezza («È in video, sarà autorevole!») vendono cose e fanno soldi.

E quindi, cosa possiamo fare? Non possiamo certo evitare di essere fruitori di informazione digitale.
E raccomandare di stare attenti e valutare i contenuti con cui si viene in contatto sa molto di vecchia zia. Sarebbe giusto essere saggi e attenti, ma chi ne ha voglia?

Un consiglio che posso dare è questo: diventa, per quanto ti è possibile, anche tu un produttore di informazione digitale. Le barriere sono praticamente azzerate e, anche solo con il tuo smartphone, puoi realmente “fare la tua TV” e “il tuo giornale”. O diventare tu un influencer, ancorché limitato magari alla tua cerchia di contatti (oppure no).

Capire come funziona la produzione di informazione digitale è, a mio avviso, il migliore antidoto contro le insidie dell’informazione digitale. Come, del resto, fanno naturalmente i giovani, nati in questo mondo digitale. 

 

Marco De Veglia è riconosciuto come il massimo esperto italiano di Brand Positioning. Dal 2009 vive negli Stati Uniti, prima a New York, attualmente a Miami, e da oltre venticinque anni aiuta le aziende italiane a ridefinire le loro attività di marketing. 

marco@brandfacile.comwww.brandfacile.com/pc

Questo articolo è di ed è presente nel numero 271 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui