Paola A. Sacchetti

Quando l'orologio biologico non va a ritmo

Un regolare ritmo sonno-veglia è essenziale per il benessere di ognuno. Ma se il nostro orologio biologico interno è alterato per troppo stress o abitudini di vita sregolate, come lavorare troppo, avere turni lavorativi sballati o fare tardi tutte le sere, possono manifestarsi effetti negativi sulla salute mentale. 

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Questo è ciò che hanno rilevato gli scienziati dell’Università di Glasgow, e in particolare che esiste un legame tra ritmi circadiani alterati e l’insorgenza di depressione e disturbi dell’umore.

I ricercatori hanno selezionato oltre 91 000 persone, dai 37 ai 75 anni, dalla banca dati UK Biobank del Regno Unito e hanno analizzato i dati raccolti da un actigrafo che i partecipanti hanno indossato 24 ore su 24, per 7 giorni. L’actigrafo è una specie di orologio da polso che registra i movimenti corporei e permette di identificare i momenti di attività o inattività e quindi di avere informazioni sul ritmo sonno-veglia, sulla loro durata, sui risvegli notturni e sugli addormentamenti nelle ore di veglia.

Dai dati, gli autori hanno determinato dei parametri che esprimessero il grado di alterazione del ritmo circadiano, definendo una misura chiamata “Ampiezza Circadiana Relativa” (ACR), e hanno esaminato l’associazione tra questa misura, il rischio di sviluppare un disturbo dell’umore, il benessere e le funzioni cognitive.

Dalle analisi è emerso che le persone con bassi valori di ACR, che mostravano cioè una maggiore attività motoria e mentale durante le ore di riposo e/o inattività nelle ore di veglia, avevano una probabilità maggiore di sviluppare un disturbo dell’umore rispetto a chi aveva orari più regolari (attivi durante le ore di veglia e inattivi in quelle di riposo).

Valori bassi all’ACR erano perciò associati a un aumentato rischio di presentare nel corso della vita disturbi depressivi maggiori e disturbo bipolare. Inoltre i risultati hanno evidenziato che bassi valori dell’ACR, indicativi, come abbiamo visto, di ritmi circadiani alterati, erano legati anche a maggiore instabilità dell’umore, più elevati sentimenti di solitudine, minore felicità, minore soddisfazione per la salute e tempi di reazione più lenti.

Gli autori dello studio affermano che, nonostante i dati indichino una chiara associazione tra ritmi circadiani alterati e disturbi dell’umore, non è possibile giungere a una conclusione certa sulla direzione di tale relazione in termini di causa-effetto. Non è cioè possibile sapere se siano i disturbi dell’umore e il benessere ridotto a influenzare i ritmi circadiani, andando quindi ad alterarli, o se invece sia la ritmicità circadiana alterata a rendere le persone vulnerabili ai disturbi dell’umore e a far loro sperimentare un minore benessere.

I risultati sono in ogni caso molto utili per orientare le prossime ricerche, così da capire se il livello dei parametri del ritmo circadiano misurati nel tempo possa individuare chi è più propenso a sviluppare problemi mentali e predire l’eventuale manifestazione del disturbo.

 

 

Questo articolo è di ed è presente nel numero 270 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui