Redazione Psicologia Contemporanea

PERCHÉ GIUGNO È IL MESE DEL PRIDE?

L’origine storica della lotta per i diritti LGBTQ+

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Le manifestazioni legate alla celebrazione del Pride month, lo abbiamo visto sui vari media che hanno documentato i tanti eventi italiani e internazionali, sono giornate di festa, che tingono le strade di colore e musica, trasmettendo un senso di libertà e di orgoglio per la propria individualità.
Quello che purtroppo non emerge in modo chiaro, a causa di una rappresentazione spesso troppo superficiale dei mezzi di informazione, interessati a mostrare gli aspetti più trasgressivi o di rottura delle parate del Pride, è il peso storico, politico e sociale che questa manifestazione ha alle spalle: il ricordo dei moti di Stonewall del 1969.

Nel 1969 lo Stonewall Inn era l’unico locale gay di New York. In un’epoca in cui ballare insieme a una persona dello stesso sesso era considerato illegale, e dunque motivo di arresto, questo locale del Greenwich Village era diventato il solo punto d’incontro sicuro per i membri della comunità gay newyorkese. Negli anni Sessanta erano frequenti le retate di polizia e lo Stonewall non faceva eccezione, era anzi maggiormente vittima di queste incursioni.
Erano gli anni delle proteste del ‘68, della crescita del movimento anti-autoritario e del Black power, anni segnati dal fortificarsi dell'idea che anche le minoranze avessero una dignità da proteggere.
Così, quando nella notte tra il 27 e il 28 giugno 1969 la polizia irruppe per l’ennesima volta con violenza allo Stonewall, la folla fuori e dentro il locale reagì con forza per difendere i diritti e la libertà della comunità. Gli scontri continuarono per 5 giorni. Sui muri dello Stonewall, ormai simbolo della lotta della comunità, apparvero molti graffiti: “Hanno prevaricato i nostri diritti”, “Sostenete il potere dei gay”, “Legalizzate i bar gay” e “Potere alle drag queen!”.

I moti del giugno del ’69 sono ancora oggi simbolo del sentimento di ribellione nei confronti di ingiustizie e difficoltà che le persone non dovrebbero mai vivere.

È importante tenere presenti queste premesse quando guardiamo al Pride, soprattutto a fronte della sua rappresentazione mediatica odierna. Come sostiene Fabrizio Quattrini non solo è importante ricordare l’eredità delle giornate di rivolta di Stonewall ma ognuno di noi per comprenderne davvero la porta dovrebbe partecipare a una manifestazione o a una marcia LGBTQ+. “Dall’interno, ci rendiamo conto che il Pride è fatto di tante persone, non solo trasgressive o che vogliono provocare, ma persone comuni che lavorano come tutti, che vivono come tanti, che hanno una loro famiglia che potrebbe addirittura non essere riconosciuta dal punto di vista giuridico; quindi, ben venga il Pride se può portare a cambiamenti dal punto di vista dei diritti delle persone. Ancora oggi il Pride è un evento che può permettere a molte persone di esprimersi, persone che magari provengono da piccoli centri nei quali non hanno la possibilità di rappresentare loro stessi per paura del giudizio degli altri. È chiaro che una manifestazione come il Pride spostata in un grande centro può aiutare queste persone a rappresentare e definire al meglio la propria identità personale e sessuale. All’interno del Pride, ancora oggi, ci sono tantissime persone che possono riuscire finalmente a fare coming out.”

Continuare a manifestare con il Pride significa manifestare per i diritti, perché lo dice la stessa parola, non parliamo più di Gay Pride, ma di essere orgogliosi di essere individui, a prescindere dai propri colori, orientamenti e dalle proprie caratteristiche dell’essere persona.