Giorgio Nardone

Nuovi mondi, nuovi problemi, nuove soluzioni

Tante dinamiche problematiche indotte dai nuovi strumenti del quotidiano le dovremmo pensare nella loro originalità, non come versioni contemporanee di disagi e disturbi tradizionali, precedenti all’avvento delle trasformazioni tecnologiche. 

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L’evoluzione tecnologica degli ultimi decenni può essere definita “fantascienza realizzata” poiché ciò che solo pochi anni prima appariva impensabile è divenuto realtà concreta. Il “se puoi immaginarlo, puoi realizzarlo” è diventato un “credo” tecnologico e non più solo una suggestiva massima.

Tuttavia, come è per qualunque evoluzione, quanto più questa è rapida e atta a sconvolgere i precedenti, tanto più, oltre a benefici, si possono osservare effetti indesiderati. Oggi le patologie, effetto di un utilizzo eccessivo e distorto o di commerciali manipolazioni della tecnologia avanzata, sono sempre più evidenti ed epidemiche nella loro diffusione, ma riguardo ad esse si osservano una grande confusione diagnostica e altrettante confusive indicazioni terapeutiche. Si parla di “dipendenza” da contatto, di “isteria” da Internet, di “compulsività” al controllo di Facebook, di “depressione” da mancati like, di “narcisismo” da selfie.

Nuovi mondi, nuovi problemi, nuove soluzioni

Insomma, tutta una serie di definizioni problematiche derivanti dall’uso della tecnologia soprattutto riguardo alla comunicazione che, spesso, sono il frutto dell’applicazione, al fenomeno osservato, di concetti e costrutti psicologici propri della teoria di riferimento dell’osservatore. In altri termini, si riconosce invece di conoscere.

Difatti, non si può considerare l’equivalente di una “dipendenza da sostanze” quella da smartphone, perché quest’ultima non è una sostanza chimica, ma una dinamica di comunicazione interpersonale. Allo stesso modo non posso considerare una dinamica “narcisistica” la compulsione al selfie, perché le persone non si sentono così attraenti e spesso è proprio per questo che ricorrono al “fenomenale” del fotogramma. Così come, sull’“isteria”, ci si dimentica spesso che la definizione coniata da Ippocrate si riferisce a insoddisfazione sessuale, cioè ha poco a che fare con il bisogno di essere “connessi”, che di nuovo è un fenomeno comunicativo. Per non parlare dell’uso e abuso del termine “depressione”; ormai anche i bambini dicono alle mamme: «Sei depressa»!

Tutto questo per chiarire che, se vogliamo davvero comprendere i fenomeni patologici causati dalle moderne tecnologie, possiamo farlo soltanto considerando la loro particolare specificità, che non ha precedenti nella storia e pertanto non può essere letta con le lenti deformanti di teorie formulate prima del suo avvento. Abbiamo bisogno di un nuovo modo di pensare fenomeni nuovi ove si possano rilevare dinamiche che somigliano a ben note forme di patologia psicologica, ma non uguali; non si tratta per forza di inventare nuove metodologie, ma di riadattare sia gli strumenti e i metodi di osservazione che le strategie di intervento. 

Un esempio eclatante di ciò è rappresentato dal cybersex, che, se inteso come dipendenza, viene trattato come tale attraverso l’astinenza volontaria e la partecipazione a gruppi di incontri, in analogia alla pratica degli alcolisti anonimi. L’effetto più frequente è addirittura controproducente perché l’astinenza incrementa il desiderio e raccontare le proprie esperienze e ascoltare quelle degli altri amplifica le fantasie, invece di ridurle. Mentre, se si “costringe” il soggetto a praticare la sua “compulsione erotica” per un tempo stabilito ogni giorno, questa dopo un po’ si trasforma da trasgressivo piacere in obbligatoria pratica che ne svilisce l’impatto sino a renderlo nel tempo non più così piacevole, ma addirittura sgradevole. Insomma, si trasforma la percezione del fenomeno conducendolo, in tal modo, al suo annullamento.

Nel primo caso, si applica a un nuovo problema una vecchia soluzione che deriva direttamente dalla diagnosi basata sul riconoscere, invece che sul conoscere; nel secondo caso, si è riadattata una tecnica, efficace per i disturbi ossessivo-compulsivi basati sul piacere, alle caratteristiche specifiche della dinamica del cybersex, che si differenzia da un usuale DOC.

Le nuove problematiche che l’uomo costantemente crea come rovescio della medaglia del suo continuo progredire dovrebbero essere studiate; e tuttavia, attraverso gli stessi strumenti e metodi che hanno permesso le innovazioni, bisogna sperimentare direttamente sul campo la loro efficacia, giacché sono solo le soluzioni che funzionano e che possono essere replicate a spiegare il funzionamento dei problemi risolti. Mentre l’etichettare i fenomeni tramite definizioni diagnostiche riprese dalla nosografia psichiatrica, se può affascinare, ben poco offre in termini di conoscenza operativa; anzi, frequentemente fuorvia da una concreta osservazione empirica delle dinamiche poiché veicola significati cui viene attribuita un’implicita validità. Ogni problema, nel suo persistere, offre la chiave per la sua soluzione se studiato nella sua dinamica, come indica brillantemente il filosofo e saggista Emil Cioran: «Ogni problema profana un mistero, che a sua volta è profanato dalla sua soluzione».

Questo articolo è di ed è presente nel numero 270 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui