Intervista a: Anna Oliverio Ferraris
di: Paola A. Sacchetti

No vax e No Green pass: quali sono le loro motivazioni psicologiche?

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Tutte le settimane si legge di un corteo No vax o No Green pass, di personaggi più o meno noti che sostengono l’inutilità o la dannosità dei vaccini, fino a negare l’esistenza della pandemia da Covid-19.

In questo variegato gruppo di persone convivono varie anime: da chi è restio per paura degli effetti collaterali a breve e/o a lungo termine del vaccino a chi considera il vaccino una sperimentazione pericolosa, da chi rifiuta solo il provvedimento ­– senz’altro politico – del green pass a chi aderisce a teorie complottiste, a chi sfrutta la situazione per creare caos e sfogare rabbia e violenza. Se sono comprensibili le paure e i timori, non lo sono gli attacchi violenti verso chi ha fatto il vaccino o chi chiede di rispettare le regole: sono di questi giorni le notizie di aggressioni verbali e fisiche a giornalisti che documentano le manifestazioni, di personaggi pubblici che esprimono il loro pensiero e di esercenti che chiedono di indossare mascherina ed esibire il green pass.

Ma quali sono le motivazioni psicologiche alla base di questo fenomeno?

Prof.ssa, che cosa spinge le persone a rifiutare i vaccini, respingendo anche le evidenze scientifiche? 

Le motivazioni sono diverse. C’è chi teme veramente gli effetti del vaccino. Per esempio circola la voce che possa rendere sterili. Si tratta di una voce priva di fondamento a cui però qualcuno dà credito. C’è anche chi dà credito alla voce fantascientifica che, nell’iniettare il vaccino, venga inserito in vena un cip che consentirà ai “cattivi” di seguirci e controllarci. Altri temono l’infarto e la trombosi: c’è una minoranza che ne ha motivo, ma molti non ne hanno. Altri ancora pensano a un complotto a livello internazionale per arricchire le industrie farmaceutiche o per eliminare il maggior numero possibile di persone dalla faccia della Terra. Le “spiegazioni” complottiste trovano terreno fertile specialmente quando sono condivise. La condivisione fornisce “la prova”. Non si spiega altrimenti la diffusione di teorie senza capo né coda come il terrapiattismo. Un motto famoso di Goethe spiega come possano diffondersi opinioni irrazionali: «Io lo dico, tu lo dici, ma alla fine lo dice anche quello. Dopo che lo si è detto tante volte, altro non vedi se non ciò che è stato detto». Quando una credenza è diffusa diventa difficile smontarla anche se è palesemente falsa, perché agli occhi di coloro che la condividono essa ha ormai assunto un valore di verità.

Un’altra tipologia, infine, è quella dei “furbi” che lasciano agli altri il compito di vaccinarsi per raggiungere l’immunità dei gregge, senza considerare che i non vaccinati (cioè loro) continuano a diffondere il virus rendendolo endemico.

 E cosa porta i No Green pass a manifestare in piazza? 

A volte sono organizzati da soggetti che strumentalizzano le paure per trasformarle in protesta. Altre volte queste manifestazioni sono un’occasione per esprimere un proprio disagio (psicologico, sociale, lavorativo) più che il rifiuto del green pass, tant’è che tra i manifestanti ci sono anche dei vaccinati. In questi casi il green pass diventa l’“oggetto bersaglio”, direbbe uno psicoanalista, su cui proiettare la propria insoddisfazione o anche una spinta generica a ribellarsi. Alcuni non considerano le regole come necessarie ma come delle imposizioni.  Il fatto poi di ritrovarsi tra persone con credenze e paure simili alle proprie, li conferma della validità della loro protesta.

 Secondo Lei che cosa spinge questo gruppo eterogeneo di No vax e No Green pass a “essere contro”? 

Si può essere “Sì vax” e “No Green pass”, in quanto si considera il Green pass come uno strumento impreciso o ricattatorio. Si è intransigenti sul fatto che le previsioni sulla durata delle immunizzazioni a seguito del vaccino non sono state sempre precise (nove mesi o sei mesi?), non si vuole riconoscere che, trattandosi di un virus nuovo, le conoscenze su come intervenire crescono man mano sulla base delle esperienze e dell’evoluzione delle varianti. 

 In alcuni momenti, tali manifestazioni di dissenso sembrano far emergere un’adesione acritica a un’idea, a una posizione, che richiamano alla mente la “fede calcistica”. Ma entrambi i gruppi, “Sì vax” e “No vax”, ritengono che il “pensiero di gruppo” venga esercitato dall’altro. Come fare? 

Nella “fede calcistica” l’emotività è dominante. Ci si sente parte di un tutto che, inglobando, fornisce partecipazione, entusiasmo, appartenenza. Lo hanno spiegato bene Gustave Le Bon e prima di lui Scipio Sighele, che a cavallo tra Ottocento e Novecento studiarono le leggi della psicologia collettiva. In una folla (in piazza o in strada) come in uno stadio di calcio, le emozioni possono obnubilare  la mente dei singoli e diffondersi per contagio. Non è difficile in un clima di intensa emotività diffondere false informazioni, notizie allarmanti, narrazioni che generano paura, commuovono e convincono.

Non si cade nella trappola del “pensiero di gruppo” quando si possiede una cultura sufficiente per capire i fenomeni sociali, scientifici e psicologici che stiamo vivendo e che caratterizzano il nostro mondo e quando non ci si lascia trascinare dalle passioni e dalla spinta ad imitare.

 Per evitare la polarizzazione delle posizioni e la negazione di qualsiasi forma di dissenso dovremmo cercare di comprendere il perché di certe posizioni, per riaprire il dialogo e trovare nuove e diverse forme di confronto. 

Il dissenso è accettabile, necessario e anche produttivo quando è motivato, ragionato, articolato. Il dissenso per il dissenso è invece motivato da incomprensione della realtà oppure da spinte emotive o impulsive consapevoli o inconsapevoli.   

Intervista di Paola A. Sacchetti


Anna Oliverio Ferraris, psicologa, psicoterapeuta e scrittrice, è stata Ordinario di Psicologia dello sviluppo presso l’Università di Roma “Sapienza”. È autrice di numerosi saggi scientifici e divulgativi, ha diretto la rivista “Psicologia Contemporanea” e collabora con la rivista “MIND”. Tra i suoi volumi ricordiamo: La ricerca dell’identità, 2002; Psicologia della paura, 1980, 2007, 2013; Più forti delle avversità, 2014; Chi manipola la tua mente? 2016.

Paola A. Sacchetti, psicologa, formatrice, editor senior e consulente scientifico, da anni collabora con Psicologia Contemporanea, dove cura una parte della rubrica “Libri per la mente” e le “Interviste all’esperto”.