Anna Oliverio Ferraris

Madre e figlia rivali

Una figlia antagonista della madre mira alla propria indipendenza. Una madre antagonista della figlia invidia la giovinezza che ha l’impressione le venga rubata.

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Fanny nutriva una sorta di avversione nei confronti di Irène, la figlia che aveva messo al mondo soltanto per compiacere il marito e che fin dalla nascita aveva affidato alle cure della balia, non solo per l’allattamento ma per ogni altro aspetto della quotidianità. Assidua frequentatrice di casinò e feste mondane che si protraevano fino alle prime ore dell’alba, per Fanny la nascita della bambina aveva rappresentato il primo pericoloso segno di declino della propria femminilità. L’allattamento avrebbe sciupato il suo corpo e l’accettazione della maternità avrebbe segnato il passaggio dalla condizione di giovane donna ancora aperta alle avventure amorose a quella di madre legata alle responsabilità della famiglia. Anche in seguito, nel corso di tutta la vita, Fanny cercò di dimenticarsi della figlia e di farla dimenticare alle persone che frequentava, soprattutto se di sesso maschile. Al centro della sua esistenza c’era il gioco della seduzione e del corteggiamento. Voleva essere ammirata e desiderata. Trascorreva le giornate pensando alle toilette di lusso, ai trucchi, ai massaggi, a intessere avventure con giovani aitanti, a spiare con angoscia le prime rughe nello specchio.

Per dimostrare a se stessa e al mondo di essere ancora nel fulgore della giovinezza si ostinava a voler vedere in Irène, divenuta adolescente, un’eterna bambina. La obbligava a vestirsi e a pettinarsi come una scolaretta e nel dichiarare l’età della figlia ad amici e conoscenti le toglieva sempre alcuni anni. Per non essere infastiditi dalla presenza della figlia, quando la famiglia si recava in vacanza al mare, lei e il marito scendevano in un albergo di lusso, mentre Irène veniva alloggiata con la governante in una modesta pensioncina. Il fastidio di Fanny nei confronti della figlia e la lontananza del padre, sempre in viaggio per affari, fecero di Irène una bambina infelice e solitaria. Per sua fortuna, possedeva un insolito talento per la scrittura che ne fece una delle romanziere più dotate del suo tempo. La sofferenza causata dall’essere costantemente allontanata da una madre egocentrica alimentò nel suo cuore un risentimento nei confronti di Fanny che traspare in modo evidente in alcuni dei suoi romanzi.

Come qualcuno avrà intuito, sto parlando del rapporto tra Irène Némirovsky – nata a Kiev nel 1903 e morta nel campo di sterminio di Auschwitz nel 1942 – e sua madre, nata a Odessa nel 1887 e morta nel proprio letto all’età di 102 anni. La figura di Fanny ci rimanda alla matrigna di Biancaneve, dimostrando, tra l’altro, come le favole antiche si ispirassero alla realtà. In entrambi i casi c’è una donna che preferisce annullare la figlia, piuttosto che vederla crescere, perché la crescita della figlia va di pari passo con il proprio invecchiamento. In entrambi i casi la gelosia dell’anziana nei confronti della giovane raggiunge punte estreme; tuttavia, con sfumature di minore intensità, la gelosia può manifestarsi nel rapporto madre-figlia in momenti diversi e in direzioni opposte: da madre a figlia e da figlia a madre.

La bambina, dipendente dai genitori e con un corpo ancora immaturo, guarda con ammirazione sua mamma, che ha tutte le caratteristiche fisiche della femminilità ed è più indipendente di lei. Può provare della rivalità, ma sa che per il momento non ha le armi per vincere. Dal canto suo, la mamma può avvertire la rivalità della bambina nel rapporto edipico con il padre, ma sa di essere in una posizione di forza. In questa fase della relazione i vantaggi sono piuttosto dalla parte della madre.

Con l’arrivo dell’adolescenza, la figlia diventa più femminile nell’aspetto e più indipendente nei comportamenti. Ora i vantaggi si spostano progressivamente verso di lei. Ed è giusto che sia così. C’è un passaggio di consegne che deve avere il suo corso. La madre che perde o perderà negli anni a venire una serie di atout deve accettare, volente o nolente, il fiorire fisico e psicologico di sua figlia. Se accetta che cambi, che si sviluppi, che diventi anche lei una donna, sarà facile che quel po’ di invidia mista al rimpianto per la propria giovinezza si trasformi in un sentimento di orgoglio.

Ci sono però delle madri che mal sopportano che la figlia si trasformi in una donna autonoma, con aspirazioni personali e una propria vita sentimentale e sessuale. Colgono ogni occasione per criticarla, sottolinearne limiti e difetti, notare le sue défaillance. Si comportano in modi seduttivi con gli spasimanti di lei, oppure li svalorizzano. Non riescono ad accettare che la figlia possieda ciò che loro, non più giovanissime, stanno perdendo o sono in procinto di perdere. In rivalità con la figlia, tutti i mezzi sono buoni per impedirle di accedere a uno status simile al loro. La figlia che avverte la rivalità della madre e si rende conto che, se reagisce, rischia di entrarvi in conflitto – o di “togliere” qualcosa alla mamma che ama – può accettare lo status quo, sentirsi insicura e perdere fiducia nella propria femminilità. Anni dopo, se nel frattempo non avrà preso coscienza delle dinamiche psicologiche tra lei e la madre, potrà a sua volta svalorizzare la propria figlia, in una sorta di trasmissione transgenerazionale.

Anche una figlia adolescente può provare un sentimento di rivalità nei confronti di sua madre, però si tratta di una rivalità più sana di quella dell’anziana nei confronti della giovane. In questo caso si tratta di una rivalità che la spinge a crescere, a separarsi e a raggiungere la propria indipendenza. Se la figlia si rende conto che diventando donna e madre non danneggia colei che l’ha messa al mondo e con cui ha un legame affettivo forte e profondo, può evolvere senza sensi di colpa, senza paura di fare dei torti o di causare sofferenza.

Anna Oliverio Ferraris ordinario di Psicologia dello sviluppo nell’Università La Sapienza di Roma, è psicoterapeuta. Tra gli altri volumi, ha pubblicato Chi manipola la tua mente? (Giunti, 2016, nuova edizione).

Questo articolo è di ed è presente nel numero 261 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui