Federica Bianco, Ilaria Castelli

L’importanza delle relazioni e delle emozioni nei contesti educativi

Per promuovere il benessere, l’inclusione e l’utilizzo consapevole delle nuove tecnologie è fondamentale creare relazioni educative di qualità, dato che le emozioni e l’interazione con l’ambiente sono strettamente legate all’apprendimento

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Comprendere il rapporto complesso che lega le azioni dell’educatore/insegnante/formatore e l’acquisizione di conoscenze e competenze da parte del discente, nonché le variabili che influenzano tale processo, è un obiettivo ambizioso al quale la psicologia dell’educazione cerca da sempre di dare risposta, dialogando anche con discipline affini, quali le neuroscienze, la pedagogia, la sociologia. In questa direzione, come sottolineato in una recentissima collezione di articoli pubblicata in un numero speciale della rivista Frontiers (Samavi et al., 2022), assistiamo negli ultimi anni al crearsi di una sinergia tra la psicologia dell’educazione e la psicologia positiva, volta a supportare contesti d’apprendimento che promuovano il benessere della persona, l’inclusione, l’autoefficacia e una buona qualità di vita negli ambienti educativi e formativi. Garantire alla persona cura, rispetto e un clima di fiducia sembrerebbe infatti recare benefici in termini di processi motivazionali e di benessere emotivo sia negli studenti che nei docenti, con ricadute sui risultati dell’apprendimento (Owens e Waters, 2020).

PER UN INTERVENTO EDUCATIVO EFFICACE

In particolare, grandi sforzi sono stati fatti per individuare le caratteristiche che rendono un intervento educativo a scuola efficace nel dominio dello sviluppo delle competenze sociali ed emotive (SEL programs - Social Emotional Learning). Una revisione sistematica degli studi in questo dominio basati sull’evidenza mostra che le competenze target che possono essere promosse sono le capacità inter-relazionali, l’abilità di assumere la prospettiva altrui, e l’adozione di strategie di resilienza e di rilassamento nei momenti di stress (Lawson et al., 2019). Gli interventi per promuovere tali capacità sembrano essere tanto più efficaci a scuola quanto più le attività proposte risultino costruite a difficoltà crescente, proponendo un lavoro focalizzato ed esplicito, e richiedendo una partecipazione attiva agli studenti coinvolti. Un ruolo chiave sembra inoltre essere giocato da quanto il docente/educatore/operatore che propone le attività sia preparato e lui/lei stesso/a abile nel dominio delle competenze sociali/emotive, nonché da quanto mostri un buon livello di benessere emotivo e psicologico (Schonert-Reichl, 2019). La capacità del/della docente di entrare in sintonia con i propri allievi, costruendo relazioni educative di qualità, è da sempre al centro dell’attenzione dei ricercatori nella psicologia dell’educazione, per comprendere quanto la dimensione relazionale possa incidere sul buon adattamento al contesto scolastico, nonché sulla realizzazione di un percorso di studi costellato da successi. In un lavoro recente sono stati coinvolti 1364 soggetti seguiti dall’età della scuola dell’infanzia fino all’inizio della scuola secondaria di I grado: i risultati confermano che gli effetti della qualità della relazione educativa sono cumulativi nel tempo e producono influenze di entità moderata sui risultati accademici (Ansari et al., 2020).

L’AUTOREGOLAZIONE

Volgendo l’attenzione ai fattori che più promuovono la capacità di apprendere e di raggiungere i propri obiettivi sia nel contesto scolastico sia nel proprio progetto di vita, le abilità di autoregolazione rimangono al centro del dibattito nella psicologia dell’educazione, in quanto ancorate anche alle capacità di contenimento e di supporto da parte dei caregiver familiari e professionali. L’autoregolazione si riferisce all’abilità di esercitare un controllo sui propri pensieri, emozioni e comportamenti al fine di pianificare e raggiungere obiettivi, di coordinare le proprie azioni per lo svolgimento di compiti complessi, di persistere nella decisione presa evitando distrazioni lungo il percorso verso la meta prefissata. Da una recente meta-analisi (Robson et al., 2020) si evince come le abilità di autoregolazione abbiano effetti cumulativi nel tempo: i livelli di autoregolazione in età prescolare sono associati da un lato a buone competenze sociali e a buone motivazioni all’apprendimento, e dall’altro lato a minori problemi sia internalizzanti che esternalizzanti a 8 anni. Inoltre, le abilità di autoregolazione in età scolare si collegano a ottime prestazioni accademiche e a una minore possibilità di sviluppare una sintomatologia depressiva, o problemi di obesità, o utilizzo di sostanze in adolescenza. Da ultimo, si evidenzia come i livelli di autoregolazione mostrati nei primi anni della scuola primaria siano predittivi di un buon adattamento, un buon equilibrio psicologico e una miglior salute fisica in età adulta.

RELAZIONARSI PER APPRENDERE

La psicologia dell’educazione non si sta solo chiedendo come promuovere competenze socio-emotive e di autoregolazione nella scuola, ma continua da decenni a capire sempre meglio perché emozioni e relazioni sociali siano così profondamente legate ai processi di apprendimento. Una risposta decisamente affascinante, nata dalla collaborazione tra psicologia dell’educazione e neuroscienze, ha messo in evidenza come lo sviluppo cerebrale avvenga in relazione alle opportunità offerte dall’ambiente e dai contesti di vita in termini di esperienze ricche a livello sociale-emotivo, e di continuo scambio di idee e informazioni attraverso significative interazioni con l’altro (Immordino-Yang et al., 2019). In questo modo viene confermato, a livello biologico e filogenetico, quanto da decenni sostenuto teoricamente dal socio-costruttivismo, con autorevoli pensatori quali Vygotskij e Bruner, rispetto al ruolo chiave del contesto sociale e delle relazioni interpersonali per la costruzione di apprendimenti.

Al fine della diffusione di comunità educative attente alle relazioni sociali e alla promozione del benessere, una buona strada suggerita dagli studi recenti è costituita dalla promozione delle abilità di mentalizzazione, ovvero di quelle abilità che ci permettono di comprendere il mondo interno nostro e degli altri, nonché di riuscire a regolare le nostre emozioni e i nostri comportamenti nei contesti interpersonali e nelle sfide quotidiane (Bak et al., 2015).

CONTINUARE AD APPRENDERE PER INVECCHIARE BENE

Infine, nella prospettiva della psicologia del ciclo di vita che considera i processi evolutivi ed educativi intrecciarsi in tutte le fasi della vita, è interessante capire come poter sfruttare la residua plasticità cerebrale in età anziana, al fine di supportare un invecchiamento attivo nella popolazione. Se la scoperta di come le connessioni cerebrali siano ancora plasmabili dall’apprendimento nell’ultima fase della vita risale ormai ad una ventina di anni fa (per una rassegna: Kramer et al., 2004), fiorente è oggi la ricerca sulla possibilità che le esperienze di apprendimento costituiscano un fattore protettivo per un invecchiamento sano (Lövdén et al., 2020), così come le ricerche volte a capire come agevolare i processi cognitivi e sociali nell’anziano. Per esempio, si è mostrato che la metacognizione, abilità alla base del saper apprendere, può essere ancora incentivata nell’età anziana (Hudes et al., 2019), comportando un effetto migliorativo a cascata sui livelli di autoefficacia, sulle possibilità di nuovi apprendimenti, sul benessere psicologico e sulla qualità della vita.

Per concludere, i filoni di ricerca attuali della psicologia dell’educazione sono molteplici e altamente produttivi in termini di risultati applicativi per il contesto educativo e formativo; probabilmente molte nuove domande di ricerca si apriranno nel breve futuro grazie al continuo progredire dell’avanzamento tecnologico che fornirà ulteriori potenzialità alla didattica.

LA PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE E LA PANDEMIA

Lavorare a supporto del benessere nei contesti educativi è oggi ancora più cruciale alla luce del persistente clima d’incertezza legato alla pandemia da Covid-19 (Herbers et al., 2021), che ha richiesto grandi abilità di adattamento e di coping funzionale non solo agli studenti, ma anche ai docenti (Brooks et al., 2020).

La pandemia ha comportato in brevissimo tempo grandi cambiamenti nel modo di fare didattica, soprattutto nella modalità della didattica a distanza, e il mondo della ricerca si sta interrogando sull’efficacia di tali pratiche. Gli studi condotti in questo ambito sottolineano come l’intreccio tra l’utilizzo delle nuove tecnologie, già da tempo impiegate nei contesti educativi e formativi al di là dell’emergenza pandemica, e i buoni risultati formativi dipenda da quanto viene fatto per incentivarne un uso critico, attivo e consapevole (McKnigh et al., 2016). Quando ciò si realizza, l’apprendimento ne trae giovamento, in quanto le attività possono essere adattate alle esigenze di chi apprende, e riescono a promuovere partecipazione attiva, automonitoraggio, nonché fungere da attivatori di motivazione e socializzazione.

Gli insegnanti devono però essere formati nell’utilizzare le potenzialità delle tecnologie applicate agli obiettivi didattici e ai processi creativi per realizzare nuove forme di didattica (Frossard et al., 2015). La tecnologia assistita si pone inoltre come strumento ad alto potenziale nel lavoro educativo in condizioni di sviluppo atipico o con disturbi quali, per esempio, i disturbi specifici dell’apprendimento e i disturbi del neurosviluppo (Pontikas et al., 2020). Essa risponderebbe infatti bene alle sfide educative nel lavoro quotidiano con persone affette da Deficit di Attenzione e Iperattività o da Disturbo dello Spettro dell’Autismo, perché permetterebbe l’utilizzo di stimoli adeguati per supportare i processi attentivi e motivazionali specifici di queste popolazioni atipiche.

 

Federica Bianco ha conseguito il Dottorato di Ricerca nel 2015 presso l’Università di Pavia; dal 2019 è ricercatrice di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso l’Università di Bergamo. Collabora in percorsi di formazione sui processi d’apprendimento rivolti a docenti delle scuole del territorio e a studenti di corsi di perfezionamento; è inoltre membro del Direttivo dell’Associazione Italiana di Psicologia.

Ilaria Castelli è professoressa ordinaria di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo. I suoi interessi di ricerca riguardano principalmente lo sviluppo della capacità di mentalizzazione nel ciclo di vita, l’intervento psicoeducativo a supporto della competenza emotiva e mentalistica e la relazione educativa quale fattore di supporto dello sviluppo.

 

Bibliografia

Ansari A., Hofkens T. L., Pianta R. C. (2020), «Teacher-student relationships across the first seven years of education and adolescent outcomes», Journal of Applied Developmental Psychology, 71 (4), 101200.
Herbers J. E., Hayes K. R., Cutuli J. J. (2021), «Adaptive systems for student resilience in the context of Covid-19», School Psychology, 36, 422-426.
Immordino-Yang, M. H., Darling-Hammond L., Krone C. R. (2019), «Nurturing nature: How brain development is inherently social and emotional, and what this means for education», Educational Psychologist, 54, 185-204.
Lövdén M., Fratiglioni L., Glymour M. M., Lindenberger U., Tucker-Drob E. M. (2020), «Education and cognitive functioning across the life span», Psychological Science in the Public Interest, 21, 6-41.
Owens R. L., Waters, L. (2020) «What does positive psychology tell us about early intervention and prevention with children and adolescents? A review of positive psychological interventions with young people», The Journal of Positive Psychology, 15, 588-597.

 

 

Questo articolo è di ed è presente nel numero 287 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui