Ilaria Consolo

La dipendenza affettiva

L’amore rappresenta una ragione di vita, un naturale bisogno di ogni essere umano. Nella dipendenza affettiva questo naturale bisogno diventa un’ossessione ed il rapporto con il partner è vissuto come una necessità.

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L’amore rappresenta una ragione di vita, un naturale bisogno di ogni essere umano. Nella dipendenza affettiva questo naturale bisogno diventa un’ossessione ed il rapporto con il partner è vissuto come una necessità, come condizione stessa della propria esistenza tanto che, così come accede per le altre tipologie di dipendenza, la vita di coloro che soffrono di tale dipendenza ruota attorno alla droga-partner, al bisogno di averne sempre di più e al malessere derivato dalla sua assenza. Tutto è orientato ai bisogni del partner, ai suoi malumori, alla necessità di accontentarlo pur di farsi accettare e di rendersi insostituibili.
L’esigenza di controllo e il bisogno di sentirsi necessari, che possono sfociare nel tentativo di diventare il “partner ideale”, in realtà altro non sono che strategie atte a negare e ad ignorare il vuoto che si ha dentro di sé. Per questa ragione si diventa eccessivamente disponibili, si tollerano svalutazioni e spesso anche maltrattamenti, si giustifica qualunque atteggiamento negativo provenga dal partner, illudendosi che lui/lei cambierà e facendo dipendere la propria autostima e il proprio valore dalla presenza stessa del proprio compagno, delle sue opinioni e dai suoi comportamenti.

Nei rapporti caratterizzati da dinamiche di dipendenza affettiva ovviamente si hanno ripercussioni anche sulla sessualità della coppia, poiché vi è l’illusione che essa vada a rafforzare il legame d’amore. Il sesso deve essere buono, vissuto intensamente, perché coloro che sono “dipendenti affettivi” hanno un vero e proprio bisogno che lo sia, anche perché spesso il contatto sessuale diventa l’unico modo di sentirsi vicini al partner. Chi soffre di dipendenza affettiva usa il proprio corpo e la propria sensualità come strumenti di controllo e di mantenimento di una relazione che risulta essere sbilanciata sia sul piano emotivo che su quello affettivo.

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Negli ultimi anni, nella mia pratica clinica, sempre più spesso incontro uomini affetti da dipendenza affettiva: si tratta di uomini in contatto con la propria sensibilità, che si concedono di vivere a pieno le emozioni, ma che tendono a mascherarle più delle donne, probabilmente aderendo a stereotipi culturali secondo cui “il sentire” appartiene solo all’universo femminile.

Tuttavia, la dipendenza affettiva è certamente una dipendenza a larga prevalenza femminile, probabilmente perché le donne per secoli sono state meno incoraggiate all’autonomia e all’espressione dei propri bisogni, relegate a funzioni di accudimento familiare e cresciute nella convinzione che la loro felicità dipendesse dalla relazione con un uomo.

Le “donne che amano troppo”, come le definisce Robin Norwood, elemosinano attenzioni e conferme, si cibano di briciole che non riescono però a riempire il profondo vuoto di angoscia, solitudine ed inadeguatezza. Hanno bisogno di essere costantemente rassicurate, hanno un atteggiamento di sottomissione e cercano di evitare in tutti i modi possibili la separazione, che viene vissuta come un terribile abbandono da cui fanno dipendere la propria esistenza.

Si tratta principalmente di donne con una scarsa autostima, che hanno la convinzione di non poter essere amate, di non averne diritto. In genere provengono da famiglie disfunzionali, in cui i bisogni emotivi non sono stati riconosciuti in modo adeguato.  Così, come in una coazione a ripetere, da adulte scelgono inconsciamente partner sulla base del modello di attaccamento sperimentato durante l’infanzia, e visto che in genere si tratta di un modello di attaccamento ambivalente, continuano a riproporre relazioni in cui non si sentono amate abbastanza, a rivivere situazioni in cui percezioni e sentimenti vengono ignorati piuttosto che accettati, convalidati e ricambiati. Inoltre queste donne hanno la tendenza a rivivere ciò che hanno subito, nell’illusione di poter esercitare una qualche forma di controllo e di potersi riscattare. Spesso scelgono un partner bisognoso di sostegno in modo che, amandolo con una modalità così fusionale ed esclusiva, possano sostenerlo soddisfacendo il loro bisogno di sentirsi utili ed importanti. Di contro il partner ha modalità ambivalenti e rifiutanti che vanno a confermare alla compagna di non valere e di non essere meritevole di amore. Generalmente nonostante la consapevolezza che certe dinamiche relazionali abbiano creato sofferenza si sceglie di intraprendere nuovamente relazioni simili a ciò che si conosce, a ciò a cui si è abituate, nella speranza magari che stavolta il mostro diventi principe…

Ilaria Consolo, psicologa e psicoterapeuta psicodinamica, svolge attività clinica e supervisione clinica a Roma e Potenza. È vicepresidente dell’Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica (IISS) di Roma.

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