Roberta Milanese

La (difficile) arte dell'ascolto

Spesso si dimentica che il miglior presupposto per una comunicazione funzionale è che gli interlocutori sappiano ascoltarsi l’un l’altro.

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«Se abbiamo due orecchie e una bocca, è per ascoltare il doppio di quanto parliamo», sosteneva Epitteto quasi duemila anni fa. In realtà, quando vogliamo convincere qualcuno, si tratti di una negoziazione lavorativa, di una conversazione tra amici o di una discussione di coppia, ci concentriamo prevalentemente sui contenuti della nostra argomentazione (il che cosa dire), senza interrogarci molto sul come dirlo e tantomeno sull’importanza di ascoltare prima di parlare. E così ci ritroviamo a discutere, tentando invano di convincere l’altro della giustezza delle nostre argomentazioni, il più delle volte rimanendo frustrati e con la sensazione che costui sia irragionevole.

Anche quando ascoltiamo, spesso lo facciamo più con l’obiettivo di rispondere che con quello di comprendere. Il sublime autoinganno per cui esiste un unico punto di vista corretto (il nostro) ci impedisce di ricordare che non esiste un’unica realtà “vera”, ma tante che variano a seconda del punto di vista adottato. Ognuno di noi percepisce la realtà in modo differente, cui concorrono molteplici fattori: la lingua che parliamo, la cultura in cui siamo cresciuti, l’educazione che abbiamo ricevuto e, in generale, tutte le nostre esperienze di vita.

Questo fa sì che la nostra percezione di quella che comunemente chiamiamo “realtà” sia unica e individuale, sebbene spesso tendiamo a considerarla universalmente condivisa. Ecco perché l’uso del convincimento, in cui si utilizzano spiegazioni logiche e razionali per portare l’altro a riconoscere le nostre argomentazioni come corrette, è spesso fallimentare.

Nella maggior parte dei casi, se vogliamo comunicare efficacemente, dobbiamo sostituire al processo di convincimento quello di persuasione. Persuadere, ossia “condurre soavemente a sé”, è un processo comunicativo che guida l’interlocutore in maniera dolce e senza forzatura ad accettare le nostre tesi partendo proprio dal suo punto di vista. Il percorso di persuasione non si oppone mai alle convinzioni o credenze dell’altro, ma le rispetta e le utilizza, permettendo così di aggirare le sue naturali resistenze al cambiamento. 

Il presupposto di una comunicazione efficace diventa quindi un ascolto efficace: parafrasando Socrate, l’arte della persuasione inizia con l’aprire la mente e le orecchie, non la bocca. 

 DOMANDARE, INVECE DI AFFERMARE.  Se vogliamo comprendere il punto di vista dell’altro, il primo passo è lasciarlo esporre per primo. Possiamo quindi iniziare la conversazione facendo una domanda aperta («Mi vuole spiegare qual è la situazione?»; «Vorrei capire meglio cosa pensi/provi…») che ci permetta di comprendere da quale prospettiva l’altro veda quella realtà. Possiamo poi proseguire con quelle che sono state definite “domande strategiche”, le quali, prevedendo solo due alternative di risposta, ci aiuteranno a esplorare la percezione dell’altro in maniera rapida ed estremamente puntuale. Potremmo per esempio chiedere: «Questa cosa le capita sempre o solo ogni tanto?»; «Quando si comporta in questa maniera, si sente peggio o meglio?». Si tratta di domande molto potenti, poiché permettono di far sentire all’altro certi aspetti della sua situazione che magari non aveva contemplato prima, innescando già così un sottile processo persuasivo. Mentre domandiamo, è importante che anche il nostro non-verbale comunichi ascolto e attenzione: la postura dev’essere rilassata, lo sguardo fluttuante sul viso e sul corpo dell’altro, il tutto accompagnato da auto-toccamenti del volto e da ammiccamenti, cenni mimici di accordo che comunicano che stiamo ascoltando e capendo. Gli ammiccamenti, inoltre, innescano nell’altro risposte non-verbali analoghe, in una reciprocità che contribuisce notevolmente alla creazione di una buona relazione e alla possibilità di un accordo finale. 

 CHIEDERE VERIFICA, INVECE DI SENTENZIARE Ogni due o tre domande, è importante riassumere quanto detto dall’altro, chiedendogli conferma di aver compreso bene. Questa parafrasi dev’essere fatta sempre in una modalità “one-down”, che comunichi all’altro che siamo davvero desiderosi di comprendere il suo punto di vista, senza alcun tipo di valutazione o giudizio. Per esempio, potremmo chiedere: «Se ho compreso bene, ma mi corregga se sbaglio, lei pensa/sente che…». Chiedere verifica piuttosto che sentenziare persegue un duplice obiettivo: da un lato, verificare di aver realmente capito il punto di vista dell’interlocutore; dall’altro, farlo sentire ascoltato, rispettato e compreso, elementi imprescindibili per predisporre il processo persuasivo successivo. Tramite la parafrasi, inoltre, possiamo spostare leggermente l’accento sugli aspetti della situazione che riteniamo più importanti. Di fronte a un paziente fobico, per esempio, il semplice parafrasare «Se ho compreso meglio, quando lei evita le situazioni che teme la sua paura peggiora», ci permette di enfatizzare un aspetto importante, che guida l’altro a sentire, e non solo capire, quanto il meccanismo dell’evitamento sia disfunzionale.

Ovviamente, il domandare e il pa­rafrasare rappresentano solo i primi elementi del processo di persuasione, cui seguiranno altre modalità di intervento “più attive”, ma ne costituiscono elementi imprescindibili e fondanti. Ascoltando in maniera efficace possiamo “partire dopo per arrivare prima”, dal momento che esporremo le nostre argomentazioni solo una volta conosciute quelle dell’altro. Come ricordato in un evocativo proverbio cherokee: «Ascolta o la tua lingua ti renderà sordo».

Roberta Milanese, autrice di numerose pubblicazioni, è docente nella Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica di Arezzo e Firenze e in master di specializzazione in Italia e all’estero.


Riferimenti bibliografici

Nardone G. (2005), Correggimi se sbaglio, Ponte alle Grazie, Milano.

Nardone G., Salvini A. (2004), Il dialogo strategico, Ponte alle Grazie, Milano.

 

Questo articolo è di ed è presente nel numero 278 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui