Fabio Giovannelli, Massimo Cincotta

Funzioni linguistiche e gestualità

Il rapporto tra gestualità e funzioni linguistiche è noto fin dall’antichità. Più recente è lo studio di queste connessioni funzionali mediante tecniche neurofisiologiche in condizioni normali e patologiche.

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Parole e gesti sono profondamente interconnessi tra loro. La gestualità accompagna il linguaggio parlato, gli dà enfasi, scandisce il ritmo di una conversazione e a volte può tradire intenzioni diverse da quelle espresse con le parole. La tendenza a muovere le mani mentre si parla è osservabile in tutte le culture, le lingue e le età (per esempio, i bambini iniziano a gesticolare prima di pronunciare le prime parole). Il gesto accompagna le parole anche quando chi ascolta non può vederci, come quando, per esempio, parliamo al telefono. Finanche le persone cieche dalla nascita gesticolano spontaneamente, anche quando si rivolgono ad altri individui ciechi. I movimenti delle mani che accompagnano il linguaggio parlato non solo rendono più efficace la comunicazione con l’interlocutore, ma sembrano anche favorire un eloquio più fluido in chi parla.

Vista da una prospettiva evolutiva la relazione tra gesti e parole potrebbe contribuire a spiegare l’origine stessa del linguaggio nell’Homo sapiens. L’idea che il linguaggio si sia evoluto a partire dalla comunicazione gestuale è presente nel pensiero di diversi filosofi del passato. Tale idea è stata riproposta in chiave moderna dall’antropologo Gordon W. Hewes negli anni Settanta del secolo scorso, come alternativa all’ipotesi che l’origine del linguaggio sia da ricercare nei richiami emessi dai primati e dai primi ominidi. Un’ulteriore e più recente formulazione della teoria gestuale del linguaggio è stata fornita da Michael C. Corballis. Secondo questi autori, le prime evidenze indirette a sostegno dell’ipotesi dell’origine del linguaggio a partire dai gesti provengono dall’osservazione delle scimmie antropomorfe. Queste, infatti, mostrano una gestualità degli arti superiori molto flessibile e variegata; al contrario il repertorio di richiami e vocalizzazioni risulta piuttosto limitato e poco articolato. Inoltre, sono noti e ampiamente descritti in letteratura i casi di grandi scimmie in cattività che si sono dimostrate in grado di apprendere sistemi di comunicazione simbolica basati sulla lingua dei segni. Il fatto stesso che le lingue dei segni utilizzate dai sordi siano pienamente funzionali e in grado di sostituire la comunicazione verbale dimostra che gesti e mimica possono essere sufficienti a sostenere un linguaggio articolato. Diversi studi nell’ambito dell’età evolutiva sottolineano poi che nei bambini il pointing, ossia il gesto di indicare con un dito, seguito da gesti simbolici (per esempio indicare un cibo e poi compiere il gesto del “mangiare”) precede la comparsa della parola.

Secondo Corballis, un’evidenza decisiva a favore del ruolo dei gesti nell’origine del linguaggio deriva dalla scoperta dei “neuroni specchio” nella corteccia premotoria della scimmia. I neuroni specchio sono una classe di neuroni che si attivano sia quando la scimmia afferra oggetti o cibo con uno scopo, sia quando osserva un altro individuo compiere azioni simili. È stato ipotizzato che un “sistema mirror” esista anche nell’uomo e coinvolga l’area di Broca, ossia la regione cerebrale deputata al controllo del linguaggio espressivo. Tale sistema, consentendo la comprensione reciproca del significato delle azioni, potrebbe aver rappresentato un substrato neurale precursore nell’evoluzione del linguaggio e della comunicazione interindividuale.

In ambito neurofisiologico, tracce di questa relazione ancestrale tra gesti e linguaggio potrebbero riflettersi in una connessione funzionale tra le aree motorie, in particolare le regioni della corteccia cerebrale nelle quali sono rappresentate le mani, e la rete neuronale dalla quale dipende l’elaborazione del linguaggio. Uno strumento a disposizione delle neuroscienze che si è rivelato estremamente utile per caratterizzare questa connessione funzionale è la stimolazione magnetica transcranica o TMS (vedi Box per un approfondimento). Numerosi studi che hanno utilizzato la TMS applicata in corrispondenza della corteccia motoria primaria hanno dimostrato come l’eccitabilità del sistema motorio sia selettivamente modulata da diversi processi mentali. Ciò può essere documentato verificando se l’ampiezza dei potenziali evocati motori (PEM) registrati durante l’esecuzione di uno specifico compito è diversa rispetto a quella dei PEM registrati in condizioni basali, cioè quando la persona non esegue alcuna attività oppure è impegnata in compiti di controllo. È stato per esempio dimostrato che se una persona osserva un altro individuo eseguire un’azione specifica (osservazione dell’azione) oppure immagina di eseguire un movimento senza compierlo effettivamente (immaginazione motoria o motor imagery) l’ampiezza dei PEM indotti dalla TMS è aumentata, sebbene nessuna di queste attività implichi movimenti palesi.

Un approccio sperimentale analogo ha consentito di dimostrare che l’esecuzione di semplici compiti linguistici può influenzare il sistema motorio indipendentemente dall’impegno dei muscoli testati nell’esecuzione del compito stesso. Per esempio, è stato osservato che la lettura ad alta voce di parole o frasi facilita l’eccitabilità motoria come dimostrato dall’aumento dell’ampiezza dei PEM registrati dai muscoli della mano. Movimenti della bocca non finalizzati alla produzione di linguaggio non producono invece la stessa modulazione dei PEM dai muscoli della mano. Questo effetto è selettivo e specifico per l’emisfero dominante (il sinistro in gran parte dei destrimani) che controlla il linguaggio, mentre non si riscontra quando si valuta la corteccia motoria dell’emisfero non dominante. Inoltre emerge solamente per i PEM registrati dai muscoli della mano mentre non si osservano variazioni quando la registrazione è effettuata dai muscoli delle gambe. Questo insieme di prove è dunque a supporto dell’ipotesi di un collegamento funzionale tra le aree cerebrali che mediano i processi linguistici e il sistema motorio che controlla la gestualità degli arti superiori.

Partendo da questi dati di letteratura relativi a individui sani, in uno studio di alcuni anni fa ci siamo chiesti se questa connessione funzionale possa essere alterata in particolari condizioni patologiche. Ci siamo concentrati su pazienti con deficit cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment, MCI). Il termine MCI si riferisce a una condizione caratterizzata dalla lieve alterazione di una funzione cognitiva in assenza di una rilevante compromissione del quadro cognitivo generale o delle attività della vita quotidiana. L’interesse per questa patologia deriva dal fatto che individui con MCI sono a maggior rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer. In ambito clinico esistono dei sottogruppi di MCI, classificati in base al dominio cognitivo colpito. Per esempio nel MCI amnesico è presente esclusivamente un deficit di memoria. Nel gruppo di pazienti con MCI amnesico che abbiamo studiato, le funzioni linguistiche erano dunque preservate, come confermato dalla valutazione neuropsicologica. Questo prerequisito era fondamentale per escludere che i risultati dello studio potessero essere attribuiti a deficit linguistici. Si ritiene che nella malattia di Alzheimer vi siano alterazioni delle connessioni fra aree cerebrali. Studi elettrofisiologici e di neuroimmagine suggeriscono che un’alterazione della connettività cerebrale potrebbe già essere presente nei pazienti con MCI. Per verificare questo, abbiamo utilizzato un protocollo analogo a quelli descritti in precedenza per studiare la connettività funzionale fra aree del linguaggio e aree motorie, confrontando un gruppo di pazienti con MCI e un gruppo di persone sane di pari età. La registrazione dei PEM è stata condotta in condizioni basali, durante la lettura ad alta voce di singole parole oppure in condizioni di controllo che prevedevano movimenti non linguistici della bocca o l’osservazione passiva di figure senza significato della stessa dimensione delle parole. Nel gruppo di controllo è stato confermato quanto già rilevato nei giovani sani, ossia un aumento dell’eccitabilità della corteccia motoria (quindi PEM di ampiezza maggiore) durante la lettura di parole in confronto a quanto registrato nelle altre condizioni. Al contrario, nel gruppo di pazienti con MCI non è stata riscontrata alcuna modulazione dell’eccitabilità motoria in funzione dei compiti linguistici. Questo risultato suggerisce un’alterazione funzionale della rete neuronale associata al linguaggio, non attribuibile, come sottolineato in precedenza, a deficit linguistici. Studi prospettici potranno chiarire se questa alterazione della connettività abbia un valore predittivo sulla probabilità di sviluppare demenza.

Oltre agli effetti prodotti da una condizione patologica, quali quelli appena descritti, la connettività fra aree del linguaggio e sistema motorio potrebbe essere soggetta a un rimodellamento anche in funzione di apprendimenti che si verificano nel corso della vita. Ciò è possibile grazie a meccanismi di neuroplasticità che consentono al sistema nervoso di andare incontro a modificazioni strutturali o funzionali in risposta all’esperienza. In tal senso, studiare gli individui che utilizzano la lingua dei segni potrebbe contribuire ad ampliare le conoscenze sulla rete neuronale alla base della relazione tra gesti e parole. Infatti nella lingua dei segni i messaggi sono veicolati principalmente da un sistema codificato di segni eseguiti con le mani, oltre che da espressioni del viso e da movimenti del corpo. Dunque è verosimile che la connessione tra le aree motorie che controllano le mani e le aree del linguaggio sia più “forte”. Per verificare questa ipotesi stiamo conducendo uno studio nel quale gli individui coinvolti sono un gruppo di interpreti della lingua dei segni. In queste persone i PEM sono stati registrati durante l’esecuzione di compiti linguistici simili a quelli già descritti. I risultati preliminari mostrano due aspetti interessanti. In primo luogo, la modulazione delle risposte motorie durante la lettura è più marcata rispetto a quanto osservato nel gruppo di controllo formato da individui che non conoscono la lingua dei segni. Secondo aspetto, nel gruppo di interpreti l’effetto è osservabile anche per l’emisfero non dominante, seppur di minor entità. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che i segnanti utilizzano entrambe le mani per comunicare. Questo risultato, per quanto preliminare, conferma che la connettività funzionale tra la rete cerebrale che media i processi linguistici e il sistema motorio si modifica in modo plastico in funzione dell’esperienza.

LA STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA

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La Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) è una metodica neurofisiologica, introdotta in ambito clinico nel 1985, che consente di stimolare la corteccia cerebrale dell’essere umano cosciente, in modo non invasivo e indolore utilizzando la corrente indotta da un campo magnetico. Un singolo impulso applicato per mezzo di una bobina isolata (coil) in corrispondenza dell’area motoria primaria è in grado di evocare una risposta (definita Potenziale Evocato Motorio o PEM) in un distretto muscolare specifico, registrabile mediante un elettromiografo.
Misurando la latenza e l’ampiezza del PEM è possibile avere informazioni sulla conduzione nervosa lungo le vie che collegano la corteccia cerebrale con il midollo spinale e poi con i muscoli e, in generale, sull’eccitabilità delle aree motorie (il termine “eccitabilità” indica la proprietà delle cellule del sistema nervoso di attivarsi in risposta a un segnale). La diffusione della TMS nell’ambito delle neuroscienze è legata anche alla possibilità di utilizzarla come metodica di interferenza con le funzioni di aree corticali motorie e non-motorie, per stabilire relazioni causali fra l’attivazione di una certa area e uno specifico compito cognitivo. Un’ulteriore applicazione della TMS riguarda la possibilità di indagare gli effetti di diversi compiti cognitivi sull’eccitabilità della corteccia motoria. In tal senso, costituisce una metodica per l’indagine della connettività tra diverse aree cerebrali.a Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) è una metodica neurofisiologica, introdotta in ambito clinico nel 1985, che consente di stimolare la corteccia cerebrale dell’essere umano cosciente, in modo non invasivo e indolore utilizzando la corrente indotta da un campo magnetico. Un singolo impulso applicato per mezzo di una bobina isolata (coil) in corrispondenza dell’area motoria primaria è in grado di evocare una risposta (definita Potenziale Evocato Motorio o PEM) in un distretto muscolare specifico, registrabile mediante un elettromiografo.

 

Fabio Giovannelli è ricercatore presso l’Università degli Studi di Firenze, dove insegna Psicologia generale, Psicologia cognitiva e della percezione e Fondamenti della neuropsicologia. Si occupa di processi cognitivi e controllo motorio.

Massimo Cincotta, neurologo, è direttore della SOC Neurologia Firenze dell’Azienda USL Toscana Centro. In ambito assistenziale, si occupa particolarmente di malattia di Parkinson e di neurofisiologia clinica. È autore di studi sul controllo motorio pubblicati su riviste internazionali indicizzate.


Bibliografia
Bracco L., Giovannelli F., Bessi V., Borgheresi A., Di Tullio A., Sorbi S., Zaccara G., Cincotta M. (2009), «Mild cognitive impairment: Loss of linguistic task-induced changes in motor cortex excitability», Neurology, 72, 928-934.
Corballis M. C. (2008), Dalla mano alla bocca. Le origini del linguaggio, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Meister I. G., Boroojerdi B., Foltys H., Sparing R., Huber W., Topper R. (2003), «Motor cortex hand area and speech: Implications for the development of language», Neuropsychologia, 41, 401e6.
Rizzolatti G., Arbib M. A. (1998), «Language within our grasp», Trends in Neuroscience, 21, 188-194.
Tokimura H., Asakura T., Tokimura Y., Oliviero A., Rothwell J. C. (1996), «Speech-induced changes in corticospinal excitability», Annals of Neurology, 40, 628e34.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 286 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui