Paola A. Sacchetti

Dislessia: cosa fare se vostro figlio è dislessico

Che cosa fare se vostro figlio ha difficoltà nel leggere? Ogni giorno è una tortura riuscire a leggere poche righe, il tempo che impiega a decifrare le singole parole sembra infinito… E se fosse dislessico?

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 Che cosa è la dislessia 

La dislessia è il disturbo specifico di lettura, ossia nell’abilità di decifrare correttamente e fluidamente le parole scritte. Insieme a Disortografia (disturbo di scrittura), Disgrafia (disturbo della componente esecutiva e motoria della scrittura) e Discalculia (disturbo del calcolo), è uno dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, noti con l’acronimo DSA. I bambini con questo disturbo leggono lentamente, a volte sillabando, faticano a decifrare i singoli grafemi (i segni grafici che corrispondono alle lettere), tendono a confondere le lettere graficamente simili, come b e d, p e q, n e m, o che hanno suoni simili, come t e f, v e f, a invertire lettere e sillabe, a commettere errori di anticipazione, pronunciando una parola che non corrisponde a quanto scritto ma che inizia nello stesso modo. Spesso hanno anche difficoltà nella scrittura e nel calcolo, oltre che nella comprensione del testo, è raro infatti che il disturbo si manifesti “puro”, con la compromissione della sola lettura. Inoltre, possono confondere destra e sinistra, avere difficoltà nel memorizzare e recuperare procedure e sequenze, come i giorni della settimana o i mesi dell’anno, fanno fatica a leggere l’orologio analogico o a orientarsi, possono essere impacciati a livello motorio, per esempio nell’allacciarsi le stringhe delle scarpe. L’impatto delle difficoltà di lettura è notevole su tutti gli apprendimenti scolastici, determinando, a cascata, ulteriori problemi nella comprensione del testo e nello studio delle discipline, oltre a portare a demotivazione, scarsa autostima, ansia, difficoltà relazionali.

 Cosa fare se si sospetta un DSA? 

Innanzitutto, è essenziale osservare il bambino per capire quali difficoltà manifesta, ascoltarlo se esprime malessere e rifiuta tutto ciò che ha a che fare con il leggere e il fare i compiti. È utile parlare con gli insegnanti per capire se anche loro hanno rilevato delle difficoltà, come lettura stentata o frequenti errori. Ogni bambino apprende in modi e tempi diversi, e non tutte le difficoltà sono segnale di un disturbo. Potrebbe trattarsi di un ritardo nell’apprendimento, che, superate le prime difficoltà, procede secondo la norma. La differenza tra difficoltà e disturbo dell’apprendimento sta proprio nella possibilità di colmare tale ritardo; quando, al netto di altre problematiche cognitive o emotive, le difficoltà permangono nel tempo nonostante l’allenamento e le attività di potenziamento delle abilità, allora è probabile siano la manifestazione di un DSA.

Se le difficoltà persistono, è utile chiedere una valutazione specialistica, in modo da accertare se sia un DSA. Ogni Regione ha una sua legislazione in merito, quindi è opportuno chiedere informazioni su come procedere, al referente per i DSA della scuola, al proprio pediatra o alla ASL di riferimento.

 Cosa fare se vostro figlio è dislessico 

Dopo la valutazione è possibile che si scopra, o che si abbia la conferma se già lo si sospettava, che vostro figlio sia dislessico. Che fare ora?

Dal punto di vista burocratico, la diagnosi di DSA andrà consegnata alla scuola, così che predisponga un Piano Didattico Individualizzato (PDP) e attivi tutti i percorsi, gli strumenti compensativi e le misure dispensative necessarie. Questo è il primo passo per aiutare il bambino/ragazzo ad affrontare in modo meno problematico gli apprendimenti scolastici.

Sarà poi necessario creare un’alleanza con gli insegnanti, coltivando dei rapporti positivi e costruttivi, per aiutarli a comprendere le difficoltà che incontra e le esigenze emotive che ha, monitorando che siano utilizzati tutti gli strumenti necessari, presenziando agli incontri per il PDP o richiedendone la predisposizione se non fatto autonomamente dalla scuola.

E a casa? Come aiutare un figlio con dislessia? Non esiste una “ricetta” universale, né consigli utili per tutti, proprio come non esiste un unico tipo di dislessia e perché ogni bambino/ragazzo ha peculiarità sue, qui indichiamo alcuni suggerimenti da cui prendere spunto.

Parlate della dislessia. Parlate con vostro figlio della sua diagnosi, spiegandogli di cosa si tratta, senza evitare i termini tecnici e utilizzando un linguaggio che riesca a capire. Spesso i bambini sono sollevati dal poter dare finalmente un nome alle loro difficoltà e hanno bisogno di sapere che cosa sono. Parlatene ogni volta lo richiede e non stupitevi se chiederà più volte di spiegargli cosa sia: riparlarne lo aiuta a comprendere le difficoltà che vive, a elaborarle e imparare ad affrontarle. Guardate, ascoltate e commentate film, documentari o articoli che parlano di dislessia: è utile che impari a conoscersi per superare le difficoltà con le strategie più funzionali e adatte per lui.

Raccontate loro di personaggi famosi con dislessia, Einstein, Steve Jobs, Orlando Blum o Mika, che sono riusciti a ottenere grandi successi trovando strategie per affrontare le difficoltà. È probabile che conosciate amici, parenti o compagni con questo DSA, raccontare delle loro esperienze aiuterà il bambino a non sentirsi un alieno in un mondo di “non-dislessici”.

Spiegate che non si tratta di una malattia. La dislessia è una neurodiversità, come avere gli occhi verdi, i capelli rossi o essere mancini. È un modo specifico di funzionare del cervello: i bambini e i ragazzi con dislessia imparano in modo diverso dai loro coetanei, significa che fanno più fatica con alcune strategie didattiche, come leggere e ripetere, e meno con altre, come ascoltare e schematizzare o fare mappe. Chiarite che le difficoltà che sperimenta riguardano solo alcuni specifici ambiti legati alla scuola, che non si tratta di un problema di intelligenza e che lo aiuterete a trovare un modo di apprendere che sia adatto per lui.

Parlate di quello che succederà a scuola. Condividete con vostro figlio ciò che direte agli insegnanti, spiegategli che la certificazione di DSA consegnata a scuola gli permetterà di usare degli strumenti per fare i compiti e studiare, come il computer, la sintesi vocale o la calcolatrice. Chiarite bene che questo non significa barare, né partire avvantaggiato rispetto ai suoi compagni. Un miope che usa gli occhiali non è avvantaggiato rispetto agli altri: gli occhiali gli servono per essere nelle stesse condizioni di partenza. Per un bambino/ragazzo con dislessia gli strumenti compensativi hanno la stessa funzione.

Scoprite i punti di forza e sviluppate i talenti. Come ogni altro bambino, ha punti di forza e punti di debolezza. Se la lettura è il suo tallone d’Achille, aiutatelo a scoprire i suoi punti di forza e a sviluppare i suoi talenti, non solo in relazione alla scuola, ma soprattutto al di fuori: nello sport, nei rapporti amicali, nelle attività artistiche. I bambini e i ragazzi con DSA hanno grande creatività e pensiero divergente, sono spesso dotati a livello artistico o musicale.

Sostenete la motivazione alla lettura. Il bambino/ragazzo con dislessia non odia la lettura di per sé, almeno all’inizio: odia la fatica che compie e la frustrazione che prova nel leggere. Se le difficoltà non vengono individuate tempestivamente, può sviluppare un rifiuto per tutto ciò che è “parola scritta” e determinare poi una povertà di vocabolario che si ripercuote sugli apprendimenti e nella vita di tutti i giorni. Diventa quindi necessario guidarlo nella scoperta del libro come fonte di piacere e non solo di fatica e stress, aiutandolo così, allo stesso tempo, ad arricchire il proprio vocabolario e ad avere argomenti e interessi in comune con i coetanei. Leggete spesso con vostro figlio, per esempio con il paired reading (leggere insieme), alternandovi nella lettura di brevi frasi e brani; leggetegli libri di narrativa per ragazzi, proponetegli albi illustrati e fumetti, avviatelo all’ascolto di audiolibri o di libri digitali.

Sostenetelo emotivamente e siate empatici. È essenziale incoraggiare il bambino, gratificare i successi, accogliere le sue difficoltà, spiegategli che la scuola è importante ma non è tutto e che l’affetto che provate per lui non dipende da come va a scuola. I bambini/ragazzi con DSA spesso si sentono “stupidi”, incapaci, inferiori ai compagni e hanno bisogno di sapere che, prima di tutto in famiglia, sono accolti, accettati, compresi e sostenuti nei loro bisogni.

Sostenetelo nell’organizzazione del tempo e nei compiti. I bambini con DSA hanno difficoltà nell’organizzarsi, strutturate delle routine che lo aiutino a organizzare il proprio tempo a casa per studiare e fare i compiti. Evitate di tenerlo sui libri troppe ore, o di studiare ogni giorno insieme, con il rischio di innervosirvi o farvi prendere dalla frustrazione, trasmettendo feedback inevitabilmente poco positivi a vostro figlio. Valutate se non sia preferibile farvi aiutare da un tutor o da un educatore che conosca le strategie adatte ai DSA, coordinandovi con gli specialisti che seguono vostro figlio.

Evitate di ridurre il tempo dedicato alle attività extrascolastiche. L’impegno richiesto ai bambini/ragazzi con dislessia è molto elevato, fate in modo che i compiti e lo studio non limitino il tempo per attività gratificanti e piacevoli, come fare sport, ascoltare musica, vedere gli amici o andare a una festa. In questo modo eviteremo di demotivarlo ulteriormente e sosterremo l’autostima e lo sviluppo di competenze trasversali.

Imparate a usare gli strumenti che useranno. Computer, sintesi vocale, mappe per studiare… per sostenerli nell’apprendimento dovrete conoscere come funzionano, per spiegare loro, quando è necessario, come fare a usarli e, eventualmente, correggerne l’uso, per seguirne i progressi e intervenire in caso di difficoltà.

Evitate di parlare solo di “cose di scuola”. Interessatelo ad altri argomenti, visitate mostre o città, guardate film, andate a concerti, al parco o in piscina, giocate insieme, insomma, proponetegli molte cose diverse da fare insieme, per far emergere i suoi interessi e per svilupparne le competenze.

 

Articolo di Paola A. Sacchetti
Immagine: Victoria Borodinova from Pexels