Cesare Cornoldi

Covid-19 e scuole chiuse. Un’occasione per ripensare l’apprendimento e riscoprire la lettura

Quali sono le conseguenze principali del non andare a scuola? Cosa possono fare i genitori per tener vive l’attenzione e la voglia d’imparare dei figli? Ce ne parla Cesare Cornoldi, professore ordinario di Psicologia generale presso Università di Padova.

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1.       In questa fase di “segregazione” a casa per prevenire la diffusione del Covid-19, per i bambini quali sono le conseguenze principali del non andare a scuola? La scuola italiana, secondo lei, è preparata ad affrontare questa emergenza?

 Ci sono evidentemente conseguenze pesanti sugli apprendimenti, perché gli studenti italiani sono privati di mesi d’insegnamento e possono sviluppare solo alcune parti del programma. Vorrei però ricordare che non tutte le conseguenze sono negative, giacché i forti cambiamenti costringono i cervelli a diventare flessibili e a mettere in campo tante e innovative risorse mentali. Inoltre, se è vero che la mancata esposizione all’insegnamento diretto indubbiamente riduce la padronanza di alcune nozioni, è anche vero che la mente evolve per effetto della maturazione e, qualche volta, evolve meglio se non ingabbiata in strutture rigide e programmi vincolanti. 

2.       In questi giorni molti stanno cercando di trasmettere il valore positivo della lettura, che, sappiamo bene, in Italia è un’attività poco amata. Crede che sia possibile educare o incentivare i più giovani a un avvicinamento al mondo del libro?

Lo credo assolutamente ed è per questo che, pur comprendendo utilità e innovatività dell’uso delle nuove tecnologie, sono rimasto un po’ perplesso che il richiamo sia stato soprattutto rivolto alla teledidattica e all’uso dei media, senza fare riferimento al tradizionale libro. Perché preparare tante slide o videolezioni e non invitare a leggere il libro di testo con una guida che porti a soffermarsi su certe parti e capire i passaggi importanti ma difficili? Da cosa nasce cosa e forse in questo modo si aumenta anche, più in generale, la familiarità del ragazzo con il libro.

3.       Al di là degli eventuali servizi a distanza offerti dagli insegnanti, cosa possono fare i genitori per tener vive l’attenzione e la voglia d’imparare dei figli?

Come dicevo sopra, questa è l’occasione per tornare a provare interesse per il libro e a sviluppare abitudini di lettura. Valorizzare il libro non costituisce un'operazione di retroguardia che rinneghi il valore delle tecnologie, ma è la premessa per sviluppare capacità di concentrazione, di comprensione e di approfondimento che difficilmente possono essere raggiunte con i nuovi mezzi. Un'analisi sulle ricerche nel campo condotta dalla nostra équipe ha, per esempio, messo in luce che il testo scritto favorisce una migliore comprensione rispetto allo stesso testo esposto sullo schermo di un computer. Quindi la prima raccomandazione che do ai genitori è quella di aiutare i figli ad affrontare i libri scolastici, ma anche di creare le premesse per un interesse per la lettura. Chissà quanti libri sono nascosti in qualche parte della casa e potrebbero essere tirati fuori e messi in bella evidenza!

4.       Ha consigli specifici da dare per studenti con difficoltà di apprendimento?

Se agli studenti senza particolari difficoltà (e alle loro famiglie e ai loro insegnanti) non raccomando di stare pedissequamente a curare i dettagli della preparazione seguendo in maniera pignola il programma, ma di favorire apertura mentale e sviluppo di interessi autonomi, un messaggio un po’ diverso vorrei che arrivasse agli studenti in difficoltà. Io sono della scuola di pensiero che anche chi ha difficoltà d’apprendimento gravi, se opportunamente esercitato in maniera sistematica e ben calibrata, può migliorare. Quindi approfitterei di questo momento per individuare degli obiettivi precisi e puntare su di essi con attività ad hoc:  per esempio, se il bambino ha difficoltà di lettura strumentale, si può ricorrere a un software o a una serie di attività mirate che sviluppino la capacità di riconoscere velocemente le parole; se il bambino ha difficoltà di calcolo, un bell’impegno per imparare una volta per tutte le tabelline, magari con quegli esercizi che sono stati suggeriti dagli specialisti. Il bambino, forse annoiato, sicuramente meno abbacchiato dal confronto continuo con i compagni, potrebbe addirittura gradire. Raccomando però di scegliere obiettivi e materiali giusti: non accanitevi nel cercare di insegnare la logica a un bambino con disabilità intellettiva, o geometria avanzata a un ragazzo con disturbo non-verbale. Per questo è utile che vi consultiate con un esperto, preferibilmente con quello che ha visto in passato o sta tuttora seguendo il bambino. Faccio presente che gran parte degli esperti di questo settore si è attrezzata per fare consulenza o anche monitorare il lavoro degli studenti in difficoltà.

5.       In questo momento, oltre che su bambini e famiglie, ci sono ricadute, psicologiche e non, anche sugli insegnanti. A loro che consigli dà?

Credo, con le risposte precedenti, di avere in qualche modo fornito delle riflessioni e delle indicazioni che riguardano anche gli insegnanti. Vorrei però concludere questa breve chiacchierata condividendo quella riflessione che già è stata avanzata da più parti. Quando questo momento difficile sarà passato e gli insegnanti faranno un bilancio di quello che è successo e di quello che hanno imparato in questo periodo, probabilmente si accorgeranno con stupore che esso li ha arricchiti non solo umanamente, ma anche professionalmente, più di un normale periodo della stessa durata. Gli insegnanti hanno dovuto mettere in gioco la loro flessibilità senza potersi adagiare sulle consuete routine, hanno accresciuto la loro familiarità con le nuove modalità di comunicazione, soprattutto – se sono saggi – hanno svolto una riflessione su quali davvero sono i saperi essenziali della loro disciplina e qual è il senso profondo della loro professione.

Cesare Cornoldi si occupa di apprendimento e di memoria, temi su cui ha pubblicato numerosi volumi e articoli scientifici. Dirige lo spin-off dell’Università di Padova sui disturbi dell’apprendimento.

Photo credit: Dids from Pexels