Giuseppe Riva

Come dare il cellulare ai figli

Negare ai figli lo smartphone o lasciarglielo senza controllo? C’è una terza via: distribuire nel tempo l’accesso alle funzioni telefono, internet e social

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La scelta di dare un cellulare al proprio figlio è spesso la risposta a bisogni pratici. Quando i genitori lavorano e non sono in grado di prendere personalmente i figli all’uscita da scuola, il cellulare è uno strumento fondamentale per riuscire a contattarli in caso di necessità o problemi. Tuttavia, dare un cellulare ai propri figli è un evento che cambia significativamente le opportunità, l’esperienza e le relazioni del giovane. Ciò è particolarmente vero quando, come succede nella maggior parte dei casi, il cellulare è anche uno smartphone. Grazie ad esso non solo si chiamano genitori e parenti, ma il giovane ha sempre a disposizione anche una fotocamera digitale, centinaia di app, il mondo di YouTube e le relazioni dei social network.

A molti di noi, però, questa dimensione sfugge completamente. Il rischio è quello di non renderci conto che attraverso lo smartphone nostro figlio accede a un mondo completamente nuovo e molto stimolante, senza però essere fornito di un manuale con le istruzioni per l’uso. Infatti, nella quasi totalità dei casi, lo smartphone viene dato al figlio senza indicazioni né spiegazioni su cosa sia possibile fare con questo nuovo strumento e quali siano i rischi ai quali si può andare incontro.

Da un punto di vista pratico, dare uno smartphone a un preadolescente è come abbandonarlo da solo in un punto della città che non conosce e chiedergli di ritornare a casa. Nella maggior parte dei casi, dopo qualche emozione e molta fatica, riuscirà a tornare sano e salvo. Tuttavia, in qualche caso, potrebbe fare delle esperienze non gradite che possono segnarlo per sempre.

Per questo, la scelta di dare uno smartphone al proprio figlio deve essere accompagnata il più possibile da una serie di indicazioni per evitare che si trasformi in una trappola pericolosa. Ma chi ha la responsabilità di questa attività di formazione? Le famiglie? La scuola? Il singolo utente? 

Un altro dei riti di passaggio che caratterizzano l’esperienza delle famiglie degli adolescenti è la richiesta da parte del figlio di uno scooter. A seconda delle esperienze precedenti dei genitori, il risultato può portare o meno all’acquisto del tanto desiderato motorino. Tuttavia, sia i figli che i genitori sono sempre consapevoli che una moto è una tecnologia complessa che richiede un periodo di apprendimento. Per questo non mettono in discussione il fatto che il suo uso richieda necessariamente l’ottenimento di una patente che verifichi l’acquisizione delle regole di base del codice della strada. E la patente non viene data dalla scuola o dalla famiglia, ma da un ente dedicato – la Motorizzazione – che delega alle scuole guide il compito di formazione e verifica del livello di competenza appresa.

Se per lo scooter ci vuole il patentino, perché non dovrebbe valere lo stesso per lo smartphone? Le statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (ci dicono infatti che il livello di pericolosità non è poi così diverso: se gli incidenti stradali sono la principale causa di morte degli adolescenti, la seconda causa di morte è il suicidio, spesso legato a eventi che proprio nello smartphone e nei social media trovano l’elemento scatenante. E se prendiamo i dati relativi ai soli motorini, la situazione si ribalta: in Italia nel 2015 sono morti per incidenti su scooter poco più di 100 persone, mentre i giovani o giovanissimi morti per suicidio sono quasi 500, di cui almeno un quarto per motivi in qualche modo connessi all’esperienza dei media digitali: dal cyberbullismo al sexting. A questo punto, il motorino è davvero più pericoloso dello smartphone?

Probabilmente quello che serve ai nostri figli è una patente digitale: se un quattordicenne non ha problemi a studiare le regole stradali per prendere il patentino necessario per guidare un ciclomotore, lo stesso dovrebbe valere per il tredicenne (l’età minima per entrare sui social è 13 anni, e 16 per Whats­App) che vuole usare il proprio cellulare per entrare in un social network. L’ideale sarebbe che il patentino digitale, come quello per lo scooter, fosse obbligatorio per tutti. Ma ovviamente questo richiederebbe una legge dello Stato. 

Un’alternativa più semplice è la creazione di una serie di materiali formativi rilasciati da istituzioni certificate – eventualmente anche dalle stesse grandi aziende digitali, da Facebook a Google –, che i genitori possono chiedere ai propri figli di studiare prima di ottenere l’agognato smartphone.

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Comunque, in attesa che arrivi una vera e propria patente a certificare una conoscenza minima del mondo digitale, i genitori possono cercare di limitare i danni in due modi. La prima strategia consiste nell’avvicinare gradualmente il proprio figlio all’uso dello smart­phone. Come l’adolescente a 14 anni può guidare solo un motorino, per passare a 16 anni a moto di cilindrata bassa e arrivare a moto di cilindrata più elevata solo con la maggiore età, così possiamo usare lo stesso approccio con il cellulare. Per esempio, possiamo dargli inizialmente un telefono in grado solo di telefonare, per poi passare qualche anno più tardi a uno smart­phone che però sia privo della connessione a Internet. Il passaggio successivo sarà quello di avere un telefono connesso a Internet ma senza account social, per poi arrivare ai social media solo quando il figlio ha l’età e le competenze richieste.

La seconda strategia, che può essere complementare alla prima, è quella di dare lo smartphone ai propri figli solo dopo la loro firma su un contratto che indichi chiaramente i doveri legati all’uso della tecnologia. Gli obiettivi del contratto sono tre. Il primo è responsabilizzare il bambino/ragazzo rendendolo consapevole che usare lo smartphone richiede le stesse competenze e cautele necessarie a utilizzare un motorino. Il secondo è informare il bambino/ragazzo dei principali rischi legati a un uso non corretto dello smartphone e segnalargli una serie di condotte improprie. Il terzo è definire regole chiare e condivise relative all’impiego dello smartphone e all’accesso ai dati in esso contenuti, in modo da evitare discussioni future.

Sul sito http://www.natividigitali.com sono disponibili tre esempi di contratto – per uno smartphone senza Internet, per uno smartphone con Internet ma senza social e per uno smartphone con Internet e social – che i genitori possono scaricare liberamente e utilizzare per sensibilizzare i propri figli alle problematiche del mondo online.

Giuseppe Riva è ordinario di Psicologia della comunicazione all’Università Cattolica di Milano. Tra i suoi ultimi libri, Selfie. Narcisismo e identità (Il Mulino, 2016).

http://www.natividigitali.com

Questo articolo è di ed è presente nel numero 274 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui