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Ansia ad alto funzionamento: come riconoscerla e gestirla

L’ansia ad alto funzionamento è una condizione di disagio psichico non ufficialmente codificata. L’uso di questo termine si è diffuso negli ultimi anni per qualificare quelle persone che vivono con una forma segreta di ansia, mantenendo tuttavia un buon (spesso ottimo) funzionamento in molti ambiti della vita. Tale situazione discorda in modo importante con la visione comune del disagio psichico, dove generalmente la vita della persona, a causa della sintomatologia esperita, è compromessa nelle sue aree fondamentali.

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Ad un primo sguardo, questi soggetti mostrano al contrario un ottimo adattamento. Sul lavoro si mostrano solitamente molto produttivi, organizzati, pianificatori, orientati al risultato e difficilmente mancano una scadenza. Socialmente, possono avere agende fitte di impegni. Emotivamente appaiono calmi, imperturbabili e in pieno controllo di se stessi. Spesso sono il ritratto del successo. 

Questo è quello che mostrano alle persone che li circondano… ma all’interno? Beh, all’interno la situazione è molto diversa... 

Innanzitutto i soggetti che soffrono di ansia ad alto funzionamento sono solitamente personalità perfezioniste: cercano cioè la perfezione in tutto quello che fanno. Tali aspettative irrealistiche portano con sé una paura, talvolta catastrofica, di non raggiungere gli standard prefissati, cosa che contribuisce a creare un senso di costante e segreta apprensione e un dialogo interno caratterizzato da severa autocritica. Tendono inoltre a preoccuparsi in maniera forte del giudizio altrui e ad avere un certo timore di deludere gli altri, motivo per cui si sovraccaricano di compiti a causa della loro difficoltà a dire no.

La loro attitudine alla pianificazione e al controllo li porta a sperimentare forte disagio interno nel caso di imprevisti, cambi di piani o attività che non rientrano nella loro zona di comfort. Tutto ciò li porta a essere cronicamente e segretamente in lotta con preoccupazioni, a rimuginare su pensieri negativi, e ad affrontare anche semplici compiti (lavorativi, sociali e concreti) con una certa dose di sofferenza ansiosa. Possono anche avere problemi nel sonno e sintomatologie fisiche di varia natura. Insomma, ciò che appare all’esterno, l’aurea di imperturbabilità ed efficienza che veicolano agli altri, discorsa prepotentemente con il modo in cui si sentono dentro. 

Se vi siete riconosciuti in questa condizione, tenete a mente che, se è vero che uno dei criteri fondamentali per riconoscere una problematica d’ansia (e in generale una forma di disagio psichico) è che la sintomatologia impatti negativamente sul funzionamento della persona, è anche vero che un vissuto personale di disagio è un segnale altrettanto importante, che dovrebbe essere ascoltato.

Esistono numerosi interventi psicologici che, anche in poco tempo, possono migliorare in modo importante la vostra condizione: molti consistono dell’apprendimento di semplici ma preziose strategie per la gestione delle preoccupazioni e la rivalutazione di alcune modalità di pensiero poco efficaci. 

Se invece credete di avere un caro o un partner che soffre di ansia ad alto funzionamento, ecco alcuni spunti utili (tenendo presente che, a causa della tendenza di questi soggetti a mostrarsi sempre adeguati, potreste essere gli unici a essere a conoscenza della realtà delle cose):

  • Non invalidate il disagio: non minimizzate, non esortate il vostro caro a “uscirne fuori”, “scacciare le preoccupazioni”, “pensare positivo” e non pronunciate frasi come “hai una vita meravigliosa, di cosa ti preoccupi?”. 
  • Sostenetelo: ad esempio chiedendogli se, nei momenti più difficili, c’è qualcosa che potete fare di concreto per lui. Se la risposta è negativa, limitatevi a stargli accanto, mostrando comprensione e paziente supporto.
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