Anna Oliverio Ferraris

Adescatori online

Spesso gli adulti che attirano a sé adolescenti via internet, recitano la parte di mentori in grado di capirli e apprezzarli come nessun altro.

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Non era mai capitato al papà di Cristina di sentirsi così colpevole, confuso e depresso. Era stato proprio lui a insistere perché il giorno della prima comunione lui e sua moglie regalassero lo smartphone alla “bambina”. «Lo chiede da tempo e con insistenza. Ce l’hanno tutte le sue amiche. Questo è il mondo in cui si cresce oggi. Non possiamo farne una “diversa”: si sentirebbe emarginata e maltrattata», aveva spiegato alla moglie, perplessa e poco favorevole a quel regalo, per convincerla all’acquisto.

Cristina era stata felice. Aveva abbracciato e baciato papà e mamma con entusiasmo. «Saprò usarlo bene, non ti preoccupare», aveva promesso alla mamma che le raccomandava di non eccedere e di spegnerlo nel pomeriggio quando doveva fare i compiti. E infatti Cristina lo aveva sempre tenuto spento di pomeriggio. Lo riaccendeva soltanto quando andava a letto e, sola nella sua stanza, si metteva in contatto con le amiche.

Per un po’ prima di addormentarsi navigava in Internet. E fu lì, su Facebook, che all’età di 13 anni incontrò Alex, un ragazzo di 18 anni con cui iniziò uno scambio di messaggi su com’erano le rispettive giornate, dove andavano in vacanza, che musiche ascoltavano, quali erano i cantanti preferiti, che luoghi frequentavano quando uscivano con gli amici. Alex le aveva poi inviato una propria foto in palestra mentre si esercitava alle macchine. Sebbene il viso fosse seminascosto, si vedeva un corpo atletico, ben palestrato. Cristina di rimando gli aveva inviato una foto di lei al parco sui pattini a rotelle. Erano poi passati alle foto sulla spiaggia in costume da bagno. Le sue in primo piano, quelle di Alex in campo lungo.

Ogni volta che Cristina inviava una foto, Alex le faceva complimenti sul suo fisico che la lusingavano: quanto erano affascinanti i suoi occhi verdi, quanto erano luminosi i capelli, come erano slanciate e ben fatte le gambe, e così via in un crescendo che man mano portò Cristina a esibirsi davanti alla fotocamera del cellulare in biancheria intima e poi a spogliarsi, fino a praticare giochi erotici su richiesta di lui. Il tutto ovviamente all’insaputa dei genitori, che riponevano la massima fiducia nella loro unica figlia.

Il passaggio dal mondo virtuale al mondo reale si verificò quando Cristina si accordò con Alex, sempre via Internet, per un incontro al parco dove era solita andare a pattinare con due sue amiche. Nel vederlo in carne ed ossa per la prima volta, Cristina rimase un po’ sorpresa perché Alex appariva più grande e non del tutto somigliante alle foto che le aveva inviato; ma lui, pieno di entusiasmo, l’aveva abbracciata e baciata sulle labbra facendola arrossire.

Conquistata da tanto calore, Cristina aveva accettato di seguirlo in una zona poco frequentata del parco, dove la vegetazione era più fitta. Le amiche, che avevano visto Alex abbracciare Cristina e poi proporle «una breve passeggiata», avevano cercato di dissuaderla dal seguire «quell’uomo», ma senza successo. E quando, trascorsa una buona mezz’ora, lei era tornata da sola al pattinatoio, avevano notato che i suoi capelli, pantaloni e maglietta erano sporchi di fango e di foglie. Cristina però, rossa in viso e trasognata, aveva confidato alle amiche che Alex era pazzamente innamorato di lei e che di lì a due giorni si sarebbero rivisti.

Tornate a casa, le amiche avevano riferito quell’episodio ai loro genitori, i quali avevano ritenuto di dover allertare i genitori di Cristina.

Quando papà e mamma le chiesero spiegazioni, Cristina dapprima negò tutto affermando che le amiche avevano inventato quella storia per gelosia; poi, messa alle strette, spiegò tra le lacrime che Alex era un bravo giovane, che erano innamorati l’uno dell’altra. Quando il padre, dopo aver fatto alcune ricerche sul computer, scoprì le immagini sexy che la figlia aveva inviato ad Alex segnalò il caso alla Polizia Postale. Emerse così che non si trattava affatto di un diciottenne, ma di un trentenne che aveva una raccolta di immagini hard di minorenni ottenute sempre mediante l’utilizzo di falsi nick­name con i quali egli aveva avuto accesso ai social network.

Dalla Polizia Postale i genitori vennero a sapere che gli adescatori utilizzano essenzialmente due strategie: nel primo caso cercano di fingersi coetanei delle ragazze (o ragazzi) da adescare e di stringere un rapporto di amicizia virtuale. Nel secondo caso dichiarano la loro età reale e cercano di diventare un appoggio morale ed economico agli occhi dei ragazzi, fingendosi degli ottimi ascoltatori o rendendosi attenti alle esigenze delle loro vittime. Frasi del tipo «Sei in gamba», «Sei bellissima», «Loro non ti capiscono», «Ho già vissuto la tua stessa esperienza e potrei aiutarti» sono modalità con cui cercano di ottenere la fiducia del/della giovane.

Ma che cosa si agita nella mente di una ragazzina che accetta di spogliarsi e di esibirsi di fronte alla fotocamera? Esibizionismo, trasgressione, erotismo, probabilmente. Ma anche la ricerca di qualcuno con cui confidarsi e il bisogno di un riscontro sul proprio fisico. A 13 anni il corpo non ha più le fattezze infantili. Sta assumendo, mese dopo mese, forme sempre più femminili e tondeggianti. Questa trasformazione viene seguita con grande coinvolgimento dalla proprietaria del corpo. A volte con soddisfazione, altre volte con apprensione. La giovane si guarda allo specchio, si ispeziona, confronta il proprio look con quello delle amiche e delle star degli schermi. È alla ricerca di rassicurazioni. In particolare ha bisogno che un occhio esterno la guardi e risponda a quesiti per lei cruciali, quali: «Sono bella?», «Piaccio?», «Sono attraente?». Il nuovo amico conosciuto in Rete sembra la persona ideale per rispondere a quel tipo di interrogativi. L’adescatore lo sa, oppure lo intuisce, e sfrutta questa condizione psicologica tipica di quell’età.

Inutile aggiungere altro. Quando si mette nelle mani dei ragazzini uno strumento così potente, così poliedrico, così seduttivo e avvolgente, come uno smartphone, bisogna poi seguirli e metterli in guardia dalle trappole in cui possono incappare. Serve anche controllare i siti che frequentano. E naturalmente serve spiegare che, se dovessero trovarsi nei pasticci o in situazioni poco chiare, i genitori sono sempre disponibili per aiutarli a uscirne.

Anna Oliverio Ferraris, docente universitaria, scrittrice, psicoterapeuta. Collabora con questa rivista dal 1975. Scrive sulle riviste Mind, UPPA, Conflitti e tiene la rubrica «Gli anni della crescita» sulle sue pagine Facebook. Pubblicazioni recenti: Chi manipola la tua mente? (Giunti); Più forti delle avversità (B&B); Sopravvivere con un adolescente in casa (BUR); Tutti per uno (Salani), un romanzo che descrive la formazione di un gruppo di adolescenti costruttivo e resiliente.

Questo articolo è di ed è presente nel numero 278 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui